Da giugno 2026 le buste paga di uomini e donne di tutta Europa saranno più trasparenti: le novità arrivano per combattere il divario retributivo di genere. Cos'è e perché in Italia è apparentemente basso

In tutta Europa, o quasi, le donne guadagnano meno degli uomini. Ma le buste paga dal prossimo giugno non avranno più segreti.
Entro la metà del prossimo anno, infatti, tutti gli Stati europei dovranno recepire la direttiva UE n. 2023/970 adottata per contrastare il divario retributivo di genere.
Nonostante la parità retributiva sia uno dei primi principi riconosciuti in sede comunitaria già dalla fine degli anni ’50, tempo e lavoro non hanno ancora lo stesso valore economico per gli uomini e per le donne.
Verso la direttiva UE n. 970/2023: che cos’è il divario retributivo di genere
Il divario retributivo di genere si calcola confrontando la media delle retribuzioni orarie lorde. “È calcolato sulle retribuzioni pagate direttamente agli impiegati prima della deduzione delle tasse sul reddito e dei contributi previdenziali”, si legge sul portale del Parlamento Europeo. Ma fotografare le differenze effettive tra le buste paga è ben più complesso, come dimostra il contesto italiano.

Nell’ultima rilevazione Eurostat disponibile relativa al 2023, le donne guadagnano in media il 12 per cento in meno degli uomini. Semplificando, quando la busta paga maschile è di 1.000 euro quella femminile è di 880 euro.
Guardando ai singoli territori, le differenze tra la media delle retribuzioni orarie lorde nei diversi paesi è ampia: si va dal 19 per cento della Lettonia fino all’eccezione del Lussemburgo (con una differenza di -0,9 per cento).
E l’Italia registra un dato sorprendente: se si considera una singola ora, c’è una differenza del 2,2 per cento, tra le più basse in tutta Europa.
Ma la distanza tra le cifre che guadagnano gli uomini e le donne in Italia è solo apparentemente così lieve.

Anche l’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) evidenzia la difficoltà di misurare il gender pay gap effettivo e nel report sui salari 2024-2025 indica per l’Italia una distanza sulla singola ora pari al 9,3 per cento, pur confermando che il dato è tra i migliori dell’UE.
Divario retributivo di genere in Italia: solo apparentemente tra i più bassi d’Europa
Il quadro si complica ulteriormente quando la visione si fa più ampia. Guardando alle analisi condotte internamente, e in particolare dall’INPS per il Rendiconto di genere diffuso a inizio 2025, la differenza tra gli stipendi supera in media i 20 punti percentuali, con alcuni settori più colpiti: in quello immobiliare, ad esempio, arriva al 66,5 per cento.
Ma com’è possibile? Le ragioni sono semplici quanto complesso è il tema: le donne in Italia partecipano meno al mercato del lavoro. E la differenza lieve sulla singola ora diventa un abisso nel lungo periodo e in alcuni settori, traducendosi in un divario pensionistico che supera il 44 per cento.
Le donne firmano contratti meno stabili, hanno carriere fatte di battute d’arresto più che di progressioni, dovute anche e soprattutto alla maternità, sono impegnate in lavori part time per garantire quel lavoro di cura che è ancora e solo una questione quasi esclusivamente femminile.
Anche in Italia, quindi, il divario retributivo di genere è tutt’altro che appianato. E sebbene la direttiva UE non tocchi i punti più critici per il contesto italiano, uno su tutti l’occupazione stessa delle donne, ancora una volta dall’Europa arriva una spinta verso la parità.
Dalla trasparenza nella determinazione delle retribuzioni e dei criteri per la progressione economica alle sanzioni in caso di discriminazione retributiva diretta o indiretta, anche dal punto di vista normativo sarà necessario costruire un nuovo pezzo di strada per accorciare le distanze.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Divario retributivo di genere: cos’è e perché in Italia è basso solo in apparenza