Omessa dichiarazione IVA: credito sempre spettante … anzi no!

In caso di omessa presentazione della dichiarazione IVA il credito d'imposta non può essere utilizzato anche se è certa la sua esistenza e il suo importo. La Sentenza n. 41299 della Cassazione ribalta i precedenti orientamenti.

Omessa dichiarazione IVA: credito sempre spettante … anzi no!

Nel caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale l’eventuale credito IVA non è utilizzabile, anche se è certo nella sua esistenza e nel suo ammontare, perché tale violazione impedisce il controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria della spettanza del credito.

L’utilizzo del credito derivante dalla dichiarazione omessa del precedente periodo di imposta integra, pertanto, il reato di indebita compensazione previsto dall’art. 10-quater del D.Lgs. 74/2000.

È questo il contenuto della Sent. n. 41299 della sezione Penale della Corte di Cassazione pubblicata il 25 settembre 2018.

Corte di Cassazione Sezione Penale - sentenza n. 41229 pubblicata il 25 settembre 2018
Omessa presentazione della dichiarazione IVA: credito spettante non è utilizzabile perché impedisce l’attività di controllo da parte dell’Amministrazione Finanziaria. Ecco la pronuncia della Sezione Penale della Cassazione

I fatti - La controversia nasce in ambito penale a seguito dell’imputazione a carico di un soggetto che, in qualità di legale rappresentante della società, era stato incriminato per violazione dell’art. 10-quater del D.Lgs. 74/2000, avendo la società omesso di versare le imposte dovute utilizzando in compensazione un credito IVA “inesistente” in quanto scaturente da una dichiarazione IVA, relativa all’anno precedente a quello in cui il credito era stato speso, non presentata.

L’imputato era stato condannato dal Tribunale di primo grado e la sentenza confermata anche in sede di appello.

Avverso quest’ultima decisione il rappresentante della società ha proposto ricorso per cassazione affermando l’insussistenza del reato. A parere del ricorrente, infatti, l’inesistenza del credito IVA, utilizzato in compensazione, era stata desunta dai giudici di merito “non a seguito di un giudizio in relazione alla sua ontologica esistenza o meno ma solamente in funzione del dato formale che lo stesso risulti o meno dalla presentazione della relativa dichiarazione.

La corte di cassazione ha dichiarato infondato il motivo e, per questo, rigettato il ricorso dell’imputato.

La decisione - Nella controversia in commento la società aveva utilizzato in compensazione nell’anno 2010 un credito IVA, scaturente dall’anno precedente pur in assenza di dichiarazione annuale, ravvisando il delitto di indebita compensazione previsto dall’articolo 10-quater del D.lgs. 74/2000.

Nella versione vigente ratione temporis il citato art. 10-quater prevedeva la reclusione da sei mesi a due anni a carico di chiunque non versava le somme dovute utilizzando in compensazione crediti non spettanti o inesistenti per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.

Pur se nell’ambito dell’integrazione del reato dell’indebita compensazione di cui all’art. 10-quater del D.lgs. 74/2000, la Sezione Penale della Suprema Corte si è pronunciata in termini sorprendenti rispetto alle recenti e numerose pronunce delle Sezioni Civili della medesima Corte sulla tematica della legittimità del credito Iva in assenza della relativa dichiarazione annuale.

Secondo i giudici di legittimità un credito IVA deve ritenersi non spettante quando, “pur eventualmente certo nella sua esistenza e nel suo esatto ammontare sia, per qualsiasi ragione normativa, ancora non utilizzabile o non più utilizzabile in operazioni finanziarie di compensazione nei rapporti fra il contribuente e l’Erario.

Oltretutto se, come nel caso di specie, è pacifica l’omessa presentazione della dichiarazione, allora il credito eventualmente scaturente non è legittimamente utilizzabile in quanto “la spettanza del credito presuppone che lo stesso sia stato indicato nella precedente dichiarazione fiscale, posto che solo in tal modo è consentito di verificarne la effettiva spettanza.

In quest’ottica l’adempimento della presentazione della dichiarazione annuale diventa requisito necessario ai fini della riconoscibilità fiscale dell’eventuale credito e, di conseguenza, la mancata presentazione all’Erario costituirebbe ex se una violazione sostanziale in quanto ostativa all’attività di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria sull’esistenza del credito e, quindi, sulla sua conseguente utilizzabilità in compensazione con altri debiti erariali.

Osservazioni - La decisione in commento è particolarmente interessante perché si pone in netto contrasto con le recenti pronunce delle sezioni tributarie della medesima Corte di Cassazione che, in ossequio ai principi della Corte di Giustizia Europea, hanno affermato in più occasioni che il credito IVA deve essere riconosciuto in sede giudiziale se il contribuente è in grado di dimostrare l’esistenza del credito e il suo utilizzo, anche in compensazione, entro il termine biennale dall’anno in cui lo stesso è sorto (cfr. Sent. n. 22331/2018 e 11621/2018).

Peraltro, le stesse Sezioni Unite Civili con la Sent. n. 17757 del 2016 avevano già tracciato un orientamento, nettamente contrario a quello affermato oggi dalla Sezione Penale, per cui “pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta - risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto - sia riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione.

Oggi tale orientamento viene ribaltato, seppur in ambito penale, sul presupposto che l’omessa presentazione della dichiarazione annuale, “impedendo la necessaria opera di verifica della spettanza del credito in questione e, pertanto, impedendo la qualificazione di esso come tale (cioè spettante), si pone come condizione ostativa alla sua successiva legittima utilizzazione in occasione della compensazione con altri debiti nei confronti dell’Erario.

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