Il Governo studia il taglio delle aliquote IRPEF, l'opposizione propone l'adeguamento degli scaglioni all'inflazione contro il fiscal drag, guardando anche agli altri paesi europei

L’IRPEF è un cantiere aperto dal 2021. E neanche con la riforma fiscale, avviata ormai da due anni, si intravede una chiusura dei lavori. Protagonista assoluto della discussione sulla prossima Manovra è il taglio delle aliquote.
Si cerca ancora un punto di equilibrio sul peso dell’imposta: e mentre il Governo studia come mantenere le promesse fatte al ceto medio, l’opposizione mette in campo un adeguamento degli scaglioni all’andamento dell’inflazione.
Il vicepresidente del Movimento 5 stelle Mario Turco, tra i firmatari della proposta, nelle scorse settimane ha anticipato che la soluzione contro il cosiddetto fiscal drag, quel meccanismo di aumento automatico della pressione fiscale dato dall’inflazione, diventerà un emendamento alla Legge di Bilancio 2026.
IRPEF 2026: non si guarda solo al taglio delle aliquote, sotto osservazione anche gli scaglioni
Pagare le imposte è fondamentale per il buon funzionamento del paese, conservare il potere d’acquisto di cittadini e cittadine è necessario per assicurarsi il buon andamento dell’economia.
Ed è proprio nel bilanciamento di queste due necessità, semplici nella teoria quanto complesse nella pratica, che si cerca di trovare una stabilità nell’impostazione dell’IRPEF.
Il Governo in questi giorni dovrà dare una prima forma al taglio delle aliquote, promesso al ceto medio già lo scorso anno e accantonato a causa dell’insuccesso del concordato preventivo biennale, il patto Fisco-partite IVA che doveva fungere da bacino di risorse.
Toccare l’imposta sul reddito delle persone fisiche ha un caro prezzo: la Fondazione Nazionale Commercialisti lo scorso anno aveva stimato il costo di 2,5 miliardi di euro per un taglio alle aliquote di due punti.
Nelle scorse settimane è circolata l’ipotesi di una estensione del secondo scaglione a 60.000 euro con un intervento che coinvolgerebbe 13,6 milioni di cittadini e cittadine.
Ma sia Giancarlo Giorgetti che Maurizio Leo, Ministro e viceministro dell’Economia e delle Finanze, in queste ultime settimane hanno ribadito: tutto dipenderà dalle risorse a disposizione. E dalle prime indiscrezioni sembra complicarsi l’ipotesi di una estensione dello scaglione.
Sono giornate decisive per concludere le valutazioni e orientare le scelte. E mentre il Governo deve far quadrare i conti, gli ultimi dati ISTAT sulla pressione fiscale, in aumento fino al 42,5 per cento, accendono i riflettori sulla necessità di guardare anche oltre la revisione delle aliquote.
Pressione fiscale - Definizione |
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Il rapporto tra la somma di imposte dirette, imposte indirette, imposte in conto capitale, contributi sociali e prodotto interno lordo |
IRPEF in cerca di equilibrio tra taglio delle aliquote e proposte anti inflazione
Sull’IRPEF pesa l’effetto del cosiddetto fiscal drag, quella distorsione legata agli effetti prolungati dell’inflazione che genera un aumento automatico delle imposte da versare, anche quando non cambiano aliquote e scaglioni.
“Il drenaggio fiscale si manifesta quando un’imposta progressiva, i cui parametri non sono indicizzati all’inflazione, comporta una modifica del prelievo fiscale non coerente con la variazione della capacità contributiva del contribuente”, ha spiegato l’Ufficio Parlamentare di Bilancio lo scorso giugno analizzando il nuovo assetto dell’IRPEF.
Da un lato finisce per indebolire sempre di più il potere di acquisto di cittadini e cittadine, dall’altro genera nuove entrate per lo Stato che però sono illusorie perché non sono legate a una reale crescita economica.
Ed è questo l’aspetto da non sottovalutare nella costruzione del futuro dell’IRPEF per il Movimento 5 stelle, che ha presentato lo scorso luglio una proposta di legge per la revisione biennale delle soglie fiscali relative all’IRPEF e la tutela del potere d’acquisto dei contribuenti.
L’obiettivo è portare la novità nella discussione della Manovra 2026 sotto forma di emendamento.
Si punta a introdurre dal 2026, “con gradualità e compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, un meccanismo biennale di revisione delle soglie relative all’IRPEF, della cosiddetta no tax area e delle principali detrazioni IRPEF”. L’adeguamento dovrebbe essere obbligatorio in presenza di un’inflazione cumulata superiore al 5 per cento.
Volendo semplificare al massimo, l’IRPEF dovrebbe essere calibrata sull’andamento dell’inflazione e, quindi, sul costo della vita di cittadini e cittadine, un po’ come accade in maniera speculare per una serie di prestazioni. Dalla disoccupazione alle pensioni, gli importi crescono se l’inflazione sale.
Aumentare automaticamente gli scaglioni vuol dire mettere al riparo chi sta a ridosso della soglia da un incremento dell’IRPEF che non è legato a una reale maggiore ricchezza.
IRPEF 2026: la proposta di un adeguamento degli scaglioni all’inflazione, guardando all’estero
Pur non fornendo stime economiche, i firmatari della proposta sottolineano:
“Un meccanismo di indicizzazione automatico è tecnicamente possibile, giuridicamente legittimo, economicamente sostenibile ed è già applicato in molte democrazie avanzate”.
Si guarda a paesi come Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Australia che, in presenza di scostamenti di gettito causati dal fiscal drag, aggiornano automaticamente al tasso di inflazione sui prezzi al consumo gli scaglioni di reddito, le deduzioni e i crediti d’imposta.
Anche la Germania e la Francia con riforme periodiche tengono a bada gli effetti del drenaggio fiscale rivedendo le aliquote marginali, il taglio del cuneo fiscale e le detrazioni per lavoro e figli o figlie. Così come in Danimarca e nei Paesi Bassi si interviene, ad esempio, con rimborsi fiscali automatici, aumenti proporzionali delle detrazioni o rimodulazione delle imposte locali.
In altri casi ancora per preservare lavoratrici e lavoratori il carico fiscale si regola sul netto disponibile e non solo sul lordo.
Mentre ad oggi nella normativa italiana non esiste un meccanismo di adeguamento automatico del Fisco al costo della vita né una spinta a intervenire con riforme ad hoc.
“In assenza di meccanismi di indicizzazione dei parametri fiscali, gli effetti del drenaggio tendono ad accumularsi nel tempo. Anche in uno scenario di inflazione moderata ma persistente, la mancata compensazione tramite adeguamenti del sistema tributario può tradursi, nel medio periodo, in un significativo aumento del prelievo reale.”
Ha messo in guardia lo stesso Ufficio Parlamentare di Bilancio lo scorso giugno, una analisi che conferma l’esigenza evidenziata dalla proposta del Movimento 5 stelle.
Al momento, però, il cantiere dell’IRPEF ha una strada obbligata: il taglio per il ceto medio. E il primo, delicato, bilanciamento è quello tra conti pubblici e promesse fatte.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: IRPEF 2026, oltre il taglio delle aliquote: adeguare gli scaglioni all’inflazione