Come funziona il drenaggio fiscale e perché mette a rischio i bonus in busta paga?

Rosy D’Elia - Imposte

Neanche i bonus in busta paga mettono al riparo gli stipendi dalla perdita del potere d'acquisto: è l'effetto del drenaggio fiscale

Come funziona il drenaggio fiscale e perché mette a rischio i bonus in busta paga?

Secondo l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, con il nuovo assetto dell’IRPEF e del taglio del cuneo fiscale e contributivo aumenta l’esposizione al drenaggio fiscale, un meccanismo che rischia di mangiare i bonus riconosciuti in busta paga a lavoratori e lavoratrici dipendenti.

In prospettiva i benefici che derivano dagli interventi sugli stipendi rischiano di appiattiarsi per effetto dell’inflazione e del sistema attuale di tassazione.

Il tema è tecnico, ma la sostanza è semplice: non solo le retribuzioni non tengono il passo con i tempi ma il nuovo meccanismo che deriva dalle ultime novità della Manovra rischia di neutralizzare i benefici che ne derivano.

Come funziona il drenaggio fiscale e perché mette a rischio i bonus in busta paga?

Per comprendere l’analisi dell’UPB contenuta nel Rapporto sulla politica di Bilancio, presentata oggi 10 giugno, è necessario, prima di tutto, analizzare come funziona il cosiddetto fiscal drag, drenaggio fiscale.

Una definizione sintetica arriva dal dizionario di Economia e Finanze dell’Enciclopedia Treccani:

“Aumento della pressione tributaria per effetto dell’inflazione, in presenza di progressività dell’imposta.”

Mentre, in termini più tecnici, il Rapporto sulla politica di Bilancio 2025 spiega:

“Il drenaggio fiscale si manifesta quando un’imposta progressiva, i cui parametri non sono indicizzati all’inflazione, comporta una modifica del prelievo fiscale non coerente con la variazione della capacità contributiva del contribuente. (...) In particolare, se il sistema fiscale non è indicizzato, quando il reddito aumenta in linea con l’inflazione – mantenendo invariato il potere d’acquisto – il contribuente viene spinto verso scaglioni di tassazione più elevati, subendo un incremento dell’aliquota media senza aver beneficiato di alcun miglioramento economico reale”.

In altre parole, l’inflazione fa aumentare i redditi ma non il potere d’acquisto, vale a dire il valore effettivo degli stipendi.

Allo stesso tempo, vista la progressività del sistema fiscale, aumentano anche le imposte da versare e, di fatto, aumenta sempre di più la tassazione, ma non la disponibilità economica di lavoratori e lavoratrici.

Bonus in busta paga: benefici a rischio con una maggiore esposizione al drenaggio fiscale

Secondo l’analisi, sono due gli aspetti che in prospettiva mettono a rischio i bonus in busta paga:

  • la nuova IRPEF e il nuovo taglio del cuneo fiscale hanno reso il sistema più progressivo (più alti sono i redditi, più alte sono le imposte) e, di conseguenza, il calcolo delle imposte dovute risulta più esposto al rischio del drenaggio fiscale appena descritto;
  • gli effetti dell’inflazione sugli stipendi, con un prelievo fiscale progressivo che non tiene conto delle oscillazioni economiche, tendono ad accumularsi nel tempo e anche quando l’inflazione comincia a calare, non diminuisce il suo impatto sulle retribuzioni.

Queste dinamiche, secondo l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, diventano ancora più rilevanti se si considera che in Italia il costo della vita cresce a un ritmo più veloce di quello degli stipendi.

Secondo il Rapporto mondiale sui salari 2024-2025 diffuso dall’Organizzazione Internazionale sul Lavoro, negli ultimi 17 anni tra i paesi a economia avanzata del G20 l’Italia ha subito le perdite maggiori in termini assoluti di potere d’acquisto dei salari a partire dal 2008.

E, con un effetto a cascata, tutti gli sforzi di aumentare il netto in busta paga di lavoratrici e lavoratori sul lungo periodo diventano vani:

“Interventi come quelli introdotti con la legge di bilancio per il 2025 aumentano la progressività dell’IRPEF e accrescono la sua sensibilità al drenaggio fiscale. A lungo andare, quindi, in assenza di un’indicizzazione dei parametri, l’effetto combinato dell’inflazione e della maggiore progressività dell’imposta tende a erodere i benefici che si intendevano apportare con le misure di sostegno al reddito, rendendole progressivamente meno efficaci”.

In altre parole, difronte a una necessità forte la risposta diventa sempre più debole: sugli stipendi c’è il rischio che si verifichi il proverbiale caso della montagna che partorì il topolino.

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