ISEE 2026, una riforma che rischia di creare discriminazioni. All'aumento delle soglie per l'esclusione dal calcolo della prima casa non corrispondono ritocchi per chi vive in affitto. Una penalizzazione posta in evidenza nelle audizioni sulla Manovra del 6 novembre
ISEE 2026, peso della casa nel calcolo con differenze per gli immobili di proprietà o in affitto.
Le novità inserite nel DdL di Bilancio relative all’aumento della soglia di esenzione della prima casa appaiono discriminatorie per i nuclei che vivono in immobili in locazione. Manca infatti un aumento parallelo della soglia di deduzione del canone di affitto.
L’aspetto è stato posto all’attenzione dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio, così come dalla Corte dei Conti e dalla Banca d’Italia, nel corso delle audizioni sulla Manovra 2026 tenutesi il 6 novembre.
ISEE 2026: sale la franchigia della prima casa, non cambia il calcolo per chi vive in affitto
Dal 1° gennaio 2026 la soglia di esenzione della prima casa dal calcolo ISEE salirà da 52.500 a 91.500 euro, valore che aumenta di 2.500 euro per ogni figlio convivente successivo al primo. Cambierà inoltre la scala di equivalenza, con maggiorazioni previste già in presenza di due figli.
Le novità sono contenute nell’articolo 47 del DdL di Bilancio 2026 e si applicheranno ai fini dell’accesso e del calcolo di cinque agevolazioni: assegno di inclusione, supporto formazione lavoro, assegno unico, bonus asilo nido e bonus nuovi nati.
Novità dall’impatto ridotto sui singoli nuclei ma che creano una disparità di trattamento, in particolare per quel che riguarda la valorizzazione della casa nel calcolo dell’ISEE 2026.
A evidenziarlo è la relazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio presentata nel corso dell’audizione del 6 novembre presso le Commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato.
Le modifiche al trattamento della casa di abitazione di proprietà altererebbero uno degli elementi cardine delll’ISEE, cioè la valorizzazione equivalente prevista per il costo dell’abitare per chi vive in un immobile di proprietà e per chi vive in affitto.
Vale infatti la pena ricordare che, nel calcolo dell’Indicatore, per chi vive in affitto è riconosciuta una deduzione dal reddito fino a un massimo di 7000 euro, aumentata di 500 euro per ogni figlio convivente successivo al secondo.
La struttura prevista attualmente equipara quindi il trattamento della prima casa di abitazione di proprietà e della casa in affitto. La modifica prevista dal DdL di Bilancio andrebbe ad alterare l’equilibrio disegnato con la riforma ISEE 2013, creando “un trattamento di favore di una categoria di beneficiari rispetto all’altra”.
Una considerazione analoga è arrivata anche dalla Banca d’Italia, nella cui relazione si legge che aumentando la franchigia per la prima casa si dà meno peso al vantaggio che ha, a parità di reddito, chi possiede l’abitazione di residenza rispetto a chi è in affitto. Le modifiche all’ISEE andrebbero inoltre “effettuate con parsimonia, per non snaturare la funzione di misurazione”.
Perplessità anche da parte della Corte dei Conti, critica sulla scelta di ritoccare i parametri di calcolo modificando la logica interna di calcolo dell’Indicatore, in particolare sul tema della casa.
In affitto il 18 per cento delle famiglie italiane, 22,1 per cento in povertà assoluta
L’occhio più critico resta in ogni caso quello dell’UPB, nella cui relazione è riportato come, secondo i dati Istat, nel 2024 risultavano residenti in abitazioni con contratti di locazione il 18 per cento delle famiglie italiane, a fronte del 73,5 per cento in casa di proprietà (il rimanente 8,5 risiedeva in case di cui ha l’usufrutto o l’uso gratuito).
L’incidenza della povertà assoluta risulta poi maggiore tra le famiglie che vivono in affitto: 22,1 per cento, contro il 4,7 di quelle che vivono in abitazioni di proprietà.
L’affitto medio per le famiglie in condizione di povertà assoluta è pari a circa 373,18 euro mensili, contro i circa 437 pagati dalle altre famiglie.
Questi dati evidenziano in misura ancor più rilevante l’effetto del disallineamento delle regole di calcolo e valorizzazione della casa nell’ISEE.
Casa di proprietà o in affitto, il peso nel calcolo ISEE risente dell’aumento dei prezzi
Secondo l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, scegliere di modificare solo il parametro per le case di proprietà è una “scelta di policy ben definita in favore di specifici nuclei familiari”.
L’analisi pubblicata il 6 novembre sottolinea inoltre la differenza di variazione negli anni della componente casa nel calcolo dell’ISEE, prendendo come riferimento i valori catastali - che incidono sulle case di proprietà - e il prezzo degli affitti.
I primi “tendono a rimanere più stabili nel tempo rispetto agli affitti, che risentono dell’andamento del mercato e dei prezzi.”
Le rendite, evidenzia l’UPB, sono aumentate mediamente del 3,8 per cento tra il 2014 e il 2020. Al contrario, la voce affitti effettiva è cresciuta del 9 per cento tra il 2015 e il 2020, e si arriva fino al 24,2 per cento andando in avanti, fino al 2024. Dati che ovviamente vanno poi calibrati sulla base delle differenze geografiche, ma che in ogni caso confermano come il peso della casa in affitto nell’ISEE sia di base più cospicuo rispetto agli immobili di proprietà.
Eppure, nel DdL di Bilancio il tema non trova spazio. Una scelta dettata, probabilmente, anche da esigenze di contenimento della spesa: la revisione alle regole di calcolo dell’ISEE costerà in tutto circa 500 milioni all’anno, portando a benefici contenuti sul fronte delle prestazioni interessate.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: ISEE 2026, le novità sul calcolo penalizzano chi vive in affitto