Aderire al concordato preventivo biennale conviene? Analisi di pro e contro del patto con il Fisco per il biennio 2025-2026

Aderire al concordato preventivo biennale conviene? Quali sono pro e contro da considerare?
Nella fase di valutazione di aspetti positivi e negativi del patto con il Fisco, per il biennio 2025-2026 bisogna considerare alcune importanti novità previste dal decreto correttivo approvato dal Governo.
Nella versione che ha ottenuto il via libera nel mese di marzo cambiano le regole per la flat tax sui redditi incrementali: sopra la soglia di 85.000 euro viene meno il beneficio della tassazione ridotta e si applicherà l’aliquota IRPEF più elevata.
Confermati i benefici premiali ISA, viene meno (salvo novità) la possibilità di accedere al ravvedimento speciale.
Soffermiamoci quindi di seguito su regole, benefici e criticità.
Concordato preventivo biennale, conviene? Pro e contro del patto con il Fisco
Si gioca tutto sul contrappeso tra pro e contro il successo o meno del concordato preventivo biennale, il patto tra Fisco e partite IVA partito lo scorso anno con risultati scarsi e che continua il suo ciclo per il biennio 2025-2026. C’è tempo fino al 30 settembre per l’adesione, ed è bene partire per tempo per analizzarne l’impatto.
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Partendo dalle regole alla base del nuovo strumento di compliance, il focus della proposta che verrà elaborata dal Fisco consisterà nella definizione in anticipo, e sulla base di una serie di dati incrociati, del reddito derivante dall’esercizio di impresa, arti e professioni e del valore della produzione netta rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP.
L’accettazione della proposta di concordato preventivo biennale vincolerà il contribuente a dichiarare gli importi nelle dichiarazioni dei redditi e IRAP dei periodi d’imposta di riferimento e, conseguentemente, a versare le imposte concordate in anticipo con il Fisco.
Non cambieranno invece gli adempimenti ordinari in materia contabile e dichiarativa, così come il concordato avrà impatto zero sul fronte degli adempimenti IVA.
Concordato preventivo biennale, i vantaggi in 4 punti
In sostanza, scegliere di aderire al concordato preventivo biennale conviene o meno?
Partiamo da un elenco in 4 punti dei vantaggi:
- in caso di reddito e valore della produzione ai fini IRAP superiori rispetto a quanto concordato, il valore in eccesso non sarà tassato;
- sul maggior reddito concordato rispetto al 2024 sarà possibile applicare una flat tax dal 10 al 15 per cento (sulla base del punteggio ISA). Il beneficio della tassazione ridotta viene però meno in caso di superamento della soglia di 85.000 euro di reddito incrementale e, in tal caso, si applicherà un’imposta sostitutiva IRPEF del 43 per cento, pari al 24 per cento per i soggetti IRES;
- chi accede al concordato preventivo biennale è escluso dagli accertamenti analitico induttivi, analitico e induttivi (salvo che in esito ad attività istruttoria dell’Agenzia delle Entrate non emergano ipotesi di decadenza);
- si applicano i benefici premiali ISA.
La “scommessa” del concordato preventivo biennale: pro e contro dell’accettazione anticipata di reddito e imposte
Fatta questo primo elenco dei benefici e delle regole dettate dal decreto legislativo n. 13/2024, è possibile tracciare un primo bilancio di pro e contro del concordato preventivo biennale.
L’accettazione in anticipo di un reddito determinato sulla base dei dati a disposizione del Fisco, di quelli ricavati dalle altre banche dati pubbliche unitamente alle informazioni aggiuntive comunicate dal titolare di partita IVA, vincolerà al rispetto del patto siglato con l’Erario.
Semplificando, il contribuente dovrà versare le imposte concordate per il biennio 2025-2026 a prescindere dall’effettivo andamento della propria attività. Si tratterà di somme al rialzo rispetto alle precedenti annualità: l’obiettivo dello strumento è il raggiungimento della piena affidabilità fiscale del contribuente, con un conseguente aumento fittizio del reddito nel corso dei due anni.
Il “conto” dovuto non cambierà in caso di redditi superiori, ma la stessa cosa succederà in caso di redditi effettivi inferiori, ad eccezione di specifiche casistiche individuate dal MEF.
Solo in presenza di circostanze eccezionali dalle quali deriveranno minori redditi effettivi o minori valori della produzione netta effettivi superiori al 30 per cento, il concordato cesserà i propri effetti nell’immediato.
E qui si gioca il binomio pro e contro, da valutare attentamente e singolarmente sulla base delle specifiche di ciascuna attività.
Sul tema un quadro chiaro dell’impatto del concordato preventivo biennale è fornito dal Dossier al decreto legislativo n. 13/2024 del Servizio Bilancio dello Stato della Camera il quale, ipotizzando che contribuente che decide di aderire abbia razionalmente effettuato tale scelta in esito ad un ragionamento di tipo utilitaristico, individua due casistiche per le quali l’adesione potrà concretizzarsi:
- nel caso in cui si ritenga che il CPB, considerati i possibili orizzonti di sviluppo della propria attività, possa garantire dei benefici economici;
- al fine di usufruire della premialità offerta dall’istituto, declinabile anche in termini di minori oneri connessi alla gestione, da parte del contribuente, delle attività di controllo dell’Amministrazione finanziaria e, quindi, alla riduzione delle occasioni di conflitto e dei conseguenti contenziosi.
Ed è sull’ultimo punto che è quindi necessario soffermarsi per capire quali sono i benefici previsti per chi aderisce al concordato preventivo biennale.
Concordato preventivo biennale, perché conviene: i benefici ISA previsti per le partite IVA
Non c’è solo l’irrilevanza ai fini fiscali e contributivi di eventuali maggiori redditi effettivi conseguiti nel periodo di riferimento: vi sono due ulteriori categorie di benefici collegati all’adesione al concordato preventivo biennale.
I titolari di partita IVA che accetteranno la proposta elaborata dall’Agenzia delle Entrate entreranno automaticamente tra i destinatari dei benefici premiali ISA, tra cui l’esonero dall’apposizione del visto di conformità per le compensazioni IVA fino a 70.000 euro e fino a 50.000 euro in relazione ai crediti IRPEF, IRAP e IRES. Stop inoltre agli accertamenti basati su presunzioni semplici e anticipo dei termini di decadenza per le attività di accertamento.
L’adesione al concordato preventivo biennale limiterà i poteri di controllo del Fisco, che per i periodi d’imposta accordati non potrà effettuare gli accertamenti previsti dall’articolo 39 del DPR n. 600/1973 in relazione al reddito di impresa, di lavoro autonomo e ai fini Irap.
Di contro, l’occhio del Fisco si concentrerà su chi non aderirà al concordato preventivo biennale, con la previsione di controlli specifici.
Concordato preventivo biennale, la flat tax punta ad aumentare i vantaggi dell’adesione
Le valutazioni circa benefici o meno del concordato non possono non considerare l’introduzione, ad opera del decreto legislativo n. 108/2024, della flat tax strutturata in tre aliquote, che punta a massimizzare le adesioni al patto con il Fisco.
I titolari di partita IVA potranno scegliere di tassare i redditi aggiuntivi con un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, secondo i seguenti valori:
Flat tax CPB - Aliquote | Tipologia di contribuente |
---|---|
10% | Contribuenti ISA con punteggio superiore a 8 |
12% | Contribuenti ISA con punteggio compreso tra 6 e 8 |
15% | Contribuenti ISA con punteggio inferiore a 6 |
Una novità introdotta proprio per rendere più vantaggioso per il contribuente aderire al concordato preventivo biennale. Come già evidenziato in precedenza, la tassazione prevista sarà più elevata per i contribuenti con reddito incrementale di molto superiore a quello effettivo.
Nello schema di decreto correttivo approvato dal Governo il 13 marzo 2025, è previsto che in caso di superamento della soglia di 85.000 euro di reddito incrementale, si applicherà un’imposta sostitutiva IRPEF del 43 per cento, pari al 24 per cento per i soggetti IRES.
Una novità che riduce i vantaggi del concordato preventivo biennale, come evidenziato dalle Commissioni Finanze di Camera e Senato.
Nel dettaglio, nel parere al Governo elaborato dalla Commissione Tesoro del Senato, si legge che l’esclusione dalla possibilità di tassare gli aumenti di reddito applicando la flat tax potrebbe portare a un calo delle adesioni per il prossimo biennio.
Questo perché, sostiene la Commissione, l’Agenzia proponendo uno scostamento superiore a 85 mila euro, potrà determinare autonomamente proprio le condizioni per applicare l’aliquota marginale massima.
La richiesta è quindi di eliminare il riferimento alla tassazione più gravosa o, in alternativa, di incrementare la soglia a 100.000 euro.
L’ultima parola spetta ora al MEF e ulteriori dettagli arriveranno dopo il varo al testo definitivo del decreto correttivo. In campo anche la possibilità di prevedere anche per la nuova tornata di adesioni al patto con il Fisco il ravvedimento speciale per le annualità dal 2018 al 2023.
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