Parità salariale di genere nella Legge di Bilancio 2021

Eleonora Capizzi - Leggi e prassi

Per il sostegno della parità salariale di genere la Legge di Bilancio 2021 istituisce un fondo nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con una dotazione di 2 milioni di euro annui da spendere dal 2022.

Parità salariale di genere nella Legge di Bilancio 2021

Parità salariale di genere nella Legge di Bilancio 2021: la Manovra prevede la costituzione nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di un fondo per finanziare misure a favore della parità salariale tra uomo e donna.

La dotazione prevista ammonterà a 2 milioni di euro all’anno da spendere dal 2022 in poi.

L’art. 1 al comma 276 della nuova Legge di Bilancio statuisce:

Nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito il Fondo per il sostegno della parità salariale di genere, con una dotazione di 2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022, destinato alla copertura finanziaria, nei limiti della predetta dotazione, di interventi finalizzati al sostegno e al del valore sociale ed economico della parità salariale di genere e delle pari opportunità sui luoghi di lavoro”.

La norma risponde ad un’esigenza indifferibile, quella di attuare un principio fondamentale.

La parità salariale di genere, infatti, costituisce un principio, corollario del principio fondamentale di uguaglianza, contenuto nell’articolo 37 della Costituzione della Repubblica italiana :la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.

Per quanto riguarda le modalità di attuazione il comma 267 dell’art. 1 della Legge demanda l’individuazione della disciplina a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Parità salariale di genere nella legge di Bilancio 2021. Riepilogo delle misure per l’occupazione femminile

Questa misura si inserisce nel quadro di iniziative previste dalla Legge di Bilancio 2021 che sono volte a migliorare la condizione della donna in Italia, sia per quanto riguarda la sua partecipazione al mercato del lavoro sia, più in generale, per abbattere le disuguaglianze di genere che ad oggi si rinvengono in ambito socio-economico.

Sul punto si ricorda che, tra le novità, la Legge di Bilancio 2021 annovera:

  • l’esonero contributivo in caso di assunzioni di donne lavoratrici effettuate nel biennio 2021-2022, riconosciuto nella misura del 100 % nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui;
  • l’implementazione del Fondo per le politiche della famiglia di 50 milioni di euro da spendere nel 2021 per attuare misure organizzative che favoriscano le madri che rientrano a lavoro dopo il parto;
  • l’assegnazione di risorse aggiuntive al Fondo di sostegno al venture capital, pari a 3 milioni di euro per l’anno 2021 per sostenere investimenti nel capitale per progetti di imprenditoria femminile a elevata innovazione;
  • l’incremento di 1 milione di euro per il 2021 e il 2022 del Fondo pari opportunità della Presidenza del Consiglio volto a favorire percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà;
  • l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, del Fondo a sostegno dell’impresa femminilecon una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 destinato a promuovere e sostenere l’imprenditoria femminile.

Parità salariale di genere nella legge di Bilancio 2021. La battaglia al “gender gap”

Il divario salariale uomo-donna, il cosiddetto “gender gap”, è una ferita ancora aperta in Italia.

L’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) a marzo del 2019 pubblicava un report sul punto dove il nostro Paese si collocava in una posizione apparentemente buona, con un gap nella retribuzione oraria tra uomini e donne del 5,6%.

La risultanza necessita, però, di tre importanti precisazioni.

Innanzitutto, il dato OCSE riguardava solamente i lavoratori full time, mentre in Italia quattro donne su dieci secondo l’Istat lavorano part-time.

In secondo luogo, si ricorda che esiste un enorme divario fra il gap salariale di genere fra pubblico e privato: i dati Eurostat (l’ufficio statistico dell’Unione europea) riferiti al 2019 vedono il gender gap nel settore pubblico in Italia ammontare al 4,1%, mentre nel privato si supererebbe il 20%.

Tra l’altro, sempre dall’’OCSE, emerge un indice allarmante che riguarda la disoccupazione femminile: in Italia una donna su due in età lavorativa è occupata o in cerca di occupazione, mentre l’altra non fa parte del mercato del lavoro e non rientra nemmeno nella quota dei soggetti che cercano lavoro.

Eurostat stesso ha chiarito che misurare il divario salariale unicamente sulla retribuzione oraria è una visione parziale del problema, che non considera, appunto, il part-time incluso e le differenze fra settore pubblico e privato oltre alla disoccupazione che affligge le donne italiane.

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