Entro giugno 2026, l'Italia così come tutti gli altri paesi UE dovrà adeguarsi alla direttiva n. 2023/970 sulla trasparenza retributiva: dagli annunci alle informazioni sugli stipendi, cosa cambia
Dagli annunci di lavoro alle progressioni di carriera, sono in arrivo nuove regole per garantire una maggiore trasparenza retributiva, puntando alla riduzione del gender pay gap.
Le donne nell’UE guadagnano in media il 12 per cento in meno dei colleghi uomini: da questo dato nasce la direttiva n. 2023/970, che è stata adottata dal Consiglio europeo ad aprile 2023 e che gli Stati membri dovranno recepire entro giugno 2026.
Per fare un passo avanti nel percorso della parità di genere sul fronte lavorativo, si mette in campo un pacchetto di novità per tutti i datori di lavoro, sia del settore privato che pubblico, e tutte le forme contrattuali, a partire da prima dell’assunzione. Ma gli obblighi saranno calibrati anche in base alla dimensione aziendale.
La strada da seguire passa per l’accessibilità delle informazioni su diversi aspetti del rapporto di lavoro:
- i criteri utilizzati per determinare la retribuzione, che devono essere “oggettivi e neutri sotto il profilo del genere”, impone la direttiva UE;
- i livelli retributivi;
- la progressione economica dei lavoratori.
Cosa prevede in sintesi la direttiva UE n. 2023/970 sulla trasparenza retributiva
Dalla teoria alla pratica, a tutti e a tutte dovranno essere garantiti prima, durante e dopo il rapporto di lavoro una trasparenza sulle somme riconosciute in busta paga e un pari trattamento dal punto di vista della retribuzione.
| Cosa si intende per retribuzione? | “Il salario o lo stipendio normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore (componenti complementari o variabili) a motivo dell’impiego di quest’ultimo”. Direttiva n. 2023/970 |
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Il testo che dovrà trovare spazio nella normativa italiana e in quella degli altri Stati membri regola, tra gli altri, i seguenti aspetti:
- trasparenza retributiva prima dell’assunzione;
- trasparenza della determinazione delle retribuzioni e dei criteri per la progressione economica;
- diritto di informazione e accessibilità dei dati sul livello retributivo individuale e sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore;
- comunicazioni periodiche, con cadenza variabile in base alla dimensione aziendale, di informazioni sul divario retributivo tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile;
- valutazione congiunta delle retribuzioni con il coinvolgimento dei rappresentanti di lavoratrici e lavoratori in caso di immotivata differenza degli stipendi riconosciuti in busta paga a uomini e donne superiore al 5 per cento;
- tutela dei diritti, anche quando il rapporto di lavoro è ormai terminato;
- diritto al risarcimento: “gli Stati membri provvedono affinché qualsiasi lavoratore che abbia subito un danno a seguito di una violazione di un diritto o di un obbligo connesso al principio della parità di retribuzione abbia il diritto di chiedere e ottenere il pieno risarcimento o la piena riparazione, come stabilito dallo Stato membro, per tale danno”;
- inversione dell’onere della prova: spetta al datore di lavoro provare l’insussistenza della discriminazione retributiva diretta o indiretta segnalata e documentata da lavoratrici e lavoratori;
- sanzioni che devono essere “efficaci, proporzionate e dissuasive”.
Direttiva UE n. 2023/970 sulla trasparenza retributiva: cosa prevede sugli annunci di lavoro?
Dalla teoria alla pratica, le novità riguarderanno anche gli annunci di lavoro. Le aziende non potranno chiedere informazioni sugli stipendi percepiti con altri datori di lavoro e, al contrario, dovranno dare una prospettiva economica chiara:
- con informazioni sulla retribuzione iniziale o sulla relativa fascia da attribuire alla posizione in questione, sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere;
- con dettagli sul contratto collettivo applicate dal datore di lavoro in relazione alla posizione da coprire.
Gli stessi annunci dovranno essere neutri dal punto di vista del genere, aspetto che in Italia non costituisce una novità: la normativa prevede già questa regola.
Direttiva UE n. 2023/970 sulla trasparenza retributiva: dati sugli stipendi più accessibili
Alle lavoratrici e ai lavoratori che fanno già parte della compagine dell’azienda deve, invece, essere garantito un quadro chiaro sui livelli retributivi degli altri colleghi e delle altre colleghe.
La novità non si traduce nella possibilità di conoscere in dettaglio lo stipendio di un’altra persona, ma nell’opportunità di chiedere, anche tramite rappresentanti e organismi di parità, e di ricevere per iscritto informazioni sul loro livello retributivo individuale e su quelli medi, ripartiti per sesso, delle categorie che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore.
La risposta dell’azienda deve essere tempestiva e comunque deve arrivare entro due mesi.
Direttiva UE n. 2023/970 sulla trasparenza retributiva: i report aziendali sul gender pay gap
A prescindere dalle richieste di lavoratrici e lavoratori, i datori di lavoro saranno chiamati a scattare un quadro sulle retribuzioni per indagare e correggere eventuali divari.
La prima scadenza per la comunicazione dovrà essere fissata entro il 7 giugno 2027: la tabella di marcia da rispettare cambia in base alla dimensione dell’azienda e alle organizzazioni con meno di 250 dipendenti dovrà essere fornita assistenza tecnica e formazione.
| Dimensione dell’azienda | Prima scadenza | Periodicità |
|---|---|---|
| Meno 100 | Volontaria | Volontaria |
| Tra i 100 e i 149 dipendenti | 7 giugno 2031 | 3 anni |
| Tra i 150 e i 249 dipendenti | 7 giugno 2027 | 3 anni |
| Almeno 250 dipendenti | 7 giugno 2027 | 1 anno |
In particolare il rapporto sulla parità retributiva dovrà contenere i seguenti dati:
- il divario retributivo di genere;
- il divario retributivo di genere nelle componenti complementari o variabili;
- il divario retributivo mediano di genere;
- il divario retributivo mediano di genere nelle componenti complementari o variabili;
- la percentuale di lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile che ricevono componenti complementari o variabili;
- la percentuale di lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile in ogni quartile retributivo;
- il divario retributivo di genere tra lavoratori per categorie di lavoratori ripartito in base al salario o allo stipendio normale di base e alle componenti complementari o variabili.
Oltre a inviare il report all’organismo preposto, le aziende possono inoltre pubblicare i dati raccolti sul proprio sito web e su altri canali.
Tutte le informazioni serviranno a dare un panorama chiaro e approfondito. Il gender pay gap, infatti, non si misura solo sulla disparità di trattamento sulla singola ora ma anche e soprattutto sul lungo periodo, sia in termini di retribuzione annuale che di progressione di carriera.
E l’Italia ne è un esempio: a dispetto di un bassissimo divario sulla singola ora, c’è una enorme distanza sulle retribuzioni annuali, secondo i dati INPS le donne guadagnano in media oltre il 20 per cento meno degli uomini a causa di contratti instabili, carriere a singhiozzo, avanzamenti più lenti.
Dai confronti alle sanzioni: cosa prevede la Direttiva UE n. 2023/970 per chi non rispetta la parità retributiva?
E proprio per arrivare all’obiettivo di pareggiare i conti, non basta fotografare la situazione retributiva ma anche mettere in campo strumenti per intervenire.
In base a quanto previsto dalla Direttiva n. 2023/970, nel caso in cui dal report emerga un divario retributivo superiore al 5 per cento non giustificabile sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere e non corretto entro 6 mesi, le imprese dovranno effettuare una valutazione congiunta delle retribuzioni in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori e delle lavoratrici.
“Nell’attuare le misure derivanti dalla valutazione congiunta delle retribuzioni, il datore di lavoro corregge le differenze di retribuzione immotivate entro un periodo di tempo ragionevole, in stretta collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori, conformemente al diritto e/o alle prassi nazionali”, si legge nel testo.
| La valutazione deve essere condotta sugli elementi indicati nell’articolo 10 della direttiva |
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I punti della valutazione congiunta:
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Chi subirà un danno da una violazione di un diritto o di un obbligo connesso al principio della parità di retribuzione dovrà poter chiedere e ottenere il pieno risarcimento o la piena riparazione. Ogni Stato dovrà prevedere sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.
In questo senso la direttiva prevede anche una importante novità: l’inversione dell’onere della prova. Non dovrà essere la persone che ha subito il danno a dimostrarlo, spetterà al datore di lavoro provare di non aver violato le norme UE in materia di parità di retribuzione e trasparenza retributiva.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Cosa cambia con la direttiva UE sulla trasparenza retributiva: le principali novità