Concordato e avviso bonario: pagamento in unica soluzione o decadenza

Sandra Pennacini - Dichiarazione dei redditi

Una scadenza mancata, avviso bonario e 60 giorni per pagare tutto, senza dilazioni: questa è la situazione di chi ha aderito al CPB e inciampa sui versamenti. La recente circolare dell'Agenzia delle Entrate ha spento ogni speranza di flessibilità, tracciando una linea invalicabile tra il saldo integrale e la decadenza dall'accordo

Concordato e avviso bonario: pagamento in unica soluzione o decadenza

Il Concordato Preventivo Biennale (CPB) è stato introdotto nel nostro ordinamento con l’intento di trasformare il rapporto tra Fisco e contribuente da un piano di potenziale conflittualità a uno di dialogo e certezza preventiva.

Soprassedendo, in questa sede, sulla fattibilità e sulla ragionevolezza di tale obiettivo, è un fatto che l’amministrazione finanziaria vede nel CPB una sorta di “premio” per il contribuente aderente (non a caso viene concesso il regime premiale ISA); a controbilanciare tale premio, tuttavia, vengono imposti tutta una serie di obblighi.

Il contribuente che vuole avvalersi del concordato, in estrema sintesi, deve essere un contribuente degno di fiducia (che presenta regolarmente le dichiarazioni, che non ha debiti oltre una certa soglia, che non ha commesso reati tributari, ecc.).

Non solo, le somme dovute a titolo di imposte e contributi per il biennio concordatario devono essere versate, pena decadenza, con alcune “sfumature” che si sono arricchite a seguito del decreto correttivo e dei recenti chiarimenti forniti con la Circolare n. 9/E del 24 giugno 2025, che ha infranto le speranze di chi confidava nella possibilità di rateizzare un eventuale avviso bonario per salvare l’accordo, stabilendo un principio ferreo: o si paga tutto e subito, o si decade dal concordato.

Mancati versamenti e decadenza

Secondo l’originaria formulazione del decreto CPB (articolo 22 del Dlgs n. 13/2024) era causa di decadenza – comma 1 lettera e) – l’omesso versamento delle somme dovute a seguito delle attività di cui all’articolo 12, comma 2.

Tale articolo 12, comma 2, prevede che l’Agenzia delle Entrate provvede al controllo automatizzato ai sensi dell’articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, delle somme non versate, ferma restando l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 13 del decreto legislativo n. 472/1997.

Traducendo dal “fiscalese”:

le somme a debito che emergono dalle dichiarazioni nelle quali è stato applicato il concordato preventivo devono essere versate

Eventualmente (come ricordato anche dalla Circolare 18/E/2024), se il pagamento non interviene tempestivamente, è possibile ricorrere al ravvedimento operoso, sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza.

In sintesi, prima del decreto correttivo, era possibile rimediare agli omessi versamenti ravvedendo, prima della ricezione dell’avviso bonario.

Il cd. decreto correttivo (Dlgs n. 81/2025, articolo 15, ha integrato la disciplina delle cause di decadenza dal CPB, modificando il già citato articolo 22 del Dlgs n. 13/2024, concedendo più tempo ai contribuenti: la decadenza per l’omissione dei versamenti scatta se il contribuente non salda il dovuto

entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dall’articolo 36-bis, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”, ovvero entro 60 giorni dalla ricezione dell’avviso bonario

Nonostante la norma (il decreto Correttivo) fosse, a parere di chi scrive, molto chiaro sul punto, l’assenza di un esplicito divieto di rateazione aveva lasciato un sottile spiraglio all’interpretazione. Spiraglio che la Circolare n. 9/E ha sigillato ermeticamente.

Nel paragrafo 1.11, dedicato alle “Cause di decadenza”, infatti, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che, per evitare la decadenza, il contribuente deve provvedere al “pagamento integrale delle somme dovute entro sessanta giorni” dalla ricezione della comunicazione (avviso bonario).

E, se ancora non bastasse, l’Agenzia ha concluso con un lapidario:

“Al riguardo, tenuto conto del dato letterale della disposizione, non può trovare applicazione il beneficio della rateazione di cui all’articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462.”

Il chiarimento, che a parere di chi scrive era anche superfluo perché la norma, per una volta, era chiara, mette un punto fermo alla questione: non è possibile ricorrere alla dilazione dell’avviso bonario al fine di “salvare” il concordato.

Versamenti e decadenza

Vediamo quindi qual è il perimetro d’azione a disposizione, per quanto riguarda i versamenti dovuti, per un contribuente che ha sottoscritto il concordato preventivo biennale:

  • Il versamento nei termini: è la via maestra. Versare correttamente le imposte e i contributi, calcolati sul reddito e sul valore della produzione concordati, alle scadenze regolari è chiaramente il comportamento più regolare e che consente di non subire sanzioni.
  • Il ravvedimento operoso: se per qualsiasi ragione una scadenza (o più scadenze) di pagamento non vengono onorate, il contribuente ha la possibilità di agire al fine di sanare la propria posizione, ricorrendo al ravvedimento operoso - ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 472/1997 - per versare le somme omesse, comprensive di sanzioni ridotte e interessi. Questo strumento, tuttavia, è utilizzabile solo a una condizione cruciale: la regolarizzazione deve avvenire prima del ricevimento della comunicazione di irregolarità e, più in generale, prima che il contribuente abbia avuto “formale conoscenza” dell’avvio di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di accertamento. Occorre quindi agire prima che l’amministrazione finanziaria contesti formalmente la violazione.
  • L’ultima spiaggia: il pagamento unico entro 60 giorni. Se anche la finestra del ravvedimento si chiude, l’ultima e definitiva opportunità per salvare il concordato si presenta con la notifica dell’avviso bonario. Da quel momento scatta un perentorio conto alla rovescia di 60 giorni. Entro questo termine, il contribuente deve versare l’intero importo richiesto nella comunicazione, senza alcuna possibilità di ulteriore dilazione. Si tratta di una soluzione “tutto o niente” che richiede un’immediata disponibilità di cassa per far fronte all’obbligazione. Il mancato rispetto di questo termine comporta la decadenza automatica dall’accordo, con tutte le conseguenze del caso, inclusa l’intensificazione dell’attività di controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza e, soprattutto, scatta l’obbligo di assoggettare a tassazione, per entrambi gli anni, il valore più alto tra il reddito effettivo e quello concordato. Le medesime considerazioni valgono per il valore della produzione netta ai fini IRAP.

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