Dopo il secco “no” al salario minimo, la linea di intervento è quella di potenziare la contrattazione collettiva. Cosa prevede la nuova proposta di legge delega in via di approvazione al Senato?

Per assicurare ai lavoratori stipendi più giusti ed equi e per contrastare i cosiddetti “contratti pirata”, si punta tutto sulla contrattazione collettiva.
La linea del Governo è chiara ed è stata ribadita in più occasioni negli ultimi anni: no all’introduzione del salario minimo, sì al rinnovo dei CCNL e al rafforzamento della contrattazione.
La proposta di legge delega che incarna tutti questi obiettivi si trova al momento all’esame del Senato, dove ha ricevuto l’approvazione da parte della Commissione lavoro.
La PdL è la stessa presentata dalle opposizioni nel 2023 ma ormai svuotata di tutti i contenuti originali, nello specifico l’introduzione di una salario minimo di 9 euro lordi l’ora.
Dal salario minimo al rinnovo dei CCNL: cosa prevede il nuovo DdL delega sulle retribuzioni
La proposta di legge che prevedeva l’introduzione di un salario minimo in Italia ha cambiato completamente forma e contenuti. Della proposta originale, una retribuzione minima obbligatoria di 9 euro lordi l’ora, non è rimasto nulla, tanto che tutti i firmatari originari hanno ritirato la firma a dicembre 2023.
La posizione del Governo sulla questione è stata ribadita in diverse occasioni, con la chiusura alla possibilità di introdurre un salario minimo legale per insistere, invece, sulla necessità di rafforzare la contrattazione collettiva.
La nuova proposta di legge delega, che oggi dopo aver ricevuto il via libera dalla Camera e dalla Commissione Lavoro del Senato si trova all’esame dell’Aula di Palazzo Madama, si fonda proprio su questo aspetto.
Con l’obiettivo di garantire l’attuazione del diritto dei lavoratori ad una retribuzione proporzionata e sufficiente, rafforzando la contrattazione collettiva e stabilendo criteri che riconoscano l’applicazione dei trattamenti economici complessivi minimi previsti dai CCNL maggiormente applicati, si legge nella bozza del testo, il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti attuativi per conseguire i seguenti obiettivi:
- assicurare stipendi giusti ed equi;
- contrastare il lavoro sottopagato;
- stimolare il rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro;
- contrastare i fenomeni di concorrenza sleale attuati tramite sistemi contrattuali finalizzati alla riduzione del costo del lavoro e delle tutele dei lavoratori (cosiddetto “dumping contrattuale”).
Il primo passo è quindi quello di riformare il sistema della contrattazione, così da favorire i rinnovi nei tempi previsti e adeguare gli stipendi.
Cosa prevede la nuova proposta di legge sulla contrattazione collettiva
Il salario minimo di riferimento, dunque, non sarà una cifra fissata per legge ma dovrà essere riferito al CCNL maggiormente applicato nei diversi settori.
Il trattamento economico complessivo minimo dei contratti collettivi nazionali di lavoro più applicati andrà a costituire il trattamento minimo da riconoscere ai dipendenti della stessa categoria. A differenza di una soglia unica di 9 euro per tutti, come nella proposta originale, ci potrebbero quindi essere delle differenze di minimale da una categoria all’altra (che potrebbe essere maggiore come inferiore alla soglia inizialmente proposta).
Questi CCNL faranno da punto di riferimento anche per tutti gli altri. Lavoratori e lavoratrici non coperti da contrattazione collettiva, ad esempio, si vedranno estendere i trattamenti economici complessivi minimi del CCNL applicato alla categoria più affine.
Le società appaltatrici e subappaltatrici, inoltre, negli appalti di servizi di qualunque tipo e settore, avranno l’obbligo di riconoscere ai dipendenti coinvolti trattamenti minimi non inferiori a quelli previsti dai CCNL più applicati nel settore al quale si riferisce l’appalto.
I decreti attuativi da adottare dovranno prevedere anche strumenti per favorire il progressivo sviluppo della contrattazione di secondo livello per fare fronte alle esigenze che derivano dall’incremento del costo della vita.
In ottica di misurazione e monitoraggio, nelle comunicazioni all’INPS del flusso Uniemens (così come nelle comunicazioni obbligatorie e nelle buste paga), per ogni singolo rapporto di lavoro, dovrà essere indicato anche il codice del contratto collettivo nazionale di lavoro applicato.
Ma non solo. La proposta di legge delega prevede anche l’introduzione di strumenti a sostegno del rinnovo dei contratti collettivi. Tra questi anche l’eventuale riconoscimento di incentivi ai dipendenti, con l’obiettivo di bilanciare e, dove possibile, compensare la riduzione del potere di acquisto degli stipendi.
Il Ministero del Lavoro, inoltre, sarà chiamato ad intervenire direttamente nelle situazioni dove un contratto è scaduto e non è stato rinnovato entro i termini previsti. Dovrà adottare le misure necessarie, ma solo per quel che riguarda i trattamenti economici minimi complessivi.
Infine la proposta di legge delega dispone la disciplina di modelli di partecipazione dei dipendenti alla gestione e agli utili dell’impresa, una novità introdotta recentemente con la legge n. 76/2025.
I decreti attuativi dovranno essere emanati entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Dal salario minimo al rinnovo dei CCNL: cosa prevede il nuovo DdL delega sulle retribuzioni