Salario minimo: cos’è e come funziona, le novità

Francesco Rodorigo - Leggi e prassi

Il salario minimo è la retribuzione minima garantita per legge a tutti i lavoratori e le lavoratrici. Dopo la bocciatura della proposta di legge che ne proponeva l'introduzione il tema torna a far discutere

Salario minimo: cos'è e come funziona, le novità

Quello del salario minimo legale è uno dei temi al centro del dibattito politico degli ultimi anni.

Come funziona il salario minimo e quali sono le ultime novità sulla sua introduzione in Italia?

Il tema era tornato alla ribalta già dal 2022 quando, con l’emanazione della direttiva europea in materia, le opposizioni presentarono una proposta di legge per l’introduzione di una soglia minima oraria di 9 euro lordi per tutti i lavoratori e le lavoratrici anche in Italia ma senza successo.

Il Governo però, come più volte ribadito negli ultimi anni, resta fermo sulla linea indicata, cioè il rafforzamento della contrattazione collettiva, e per ora quindi non sembra ci sia margine di trattativa.

Salario minimo: cos’è e come funziona, le novità

Ciclicamente in Italia si discute sulla possibile introduzione di un salario minimo garantito a tutti i lavoratori e le lavoratrici.

Anche oggi, in vista della prossima manovra di bilancio sono i movimenti di opposizione (in primis PD e M5S) a spingere con forza sul tema del salario minimo, sulla scia di quanto accaduto negli ultimi anni.

Ma che cos’è il salario minimo?

In sintesi, si tratta di una retribuzione minima oraria che viene corrisposta per legge ai lavoratori e sotto la quale non è possibile scendere.

La retribuzione minima per i lavoratori può essere stabilita per legge (appunto il salario minimo legale), come nella maggior parte dei Paesi UE, ma può anche essere determinata dalla contrattazione collettiva nazionale.

Quest’ultimo è proprio il caso dell’Italia che insieme all’Austria, alla Danimarca, alla Svezia, alla Finlandia e a Cipro fa riferimento esclusivamente alla contrattazione collettiva.

I CCNL, infatti, sono il frutto del processo di negoziazione tra i lavoratori e i loro rappresentanti e i datori di lavoro e le loro organizzazioni nel quale si determinano le condizioni di lavoro, tra cui le retribuzioni, gli orari e le ferie e le politiche in tema di salute e sicurezza.

A riaccendere il dibattito nell’ormai lontano 2022 era stata l’approvazione della nuova direttiva europea, che doveva essere recepita dagli Stati membri entro due anni dalla sua entrata in vigore e che aveva spinto le opposizioni a presentare una proposta di legge per l’introduzione di una soglia salariale di 9 euro lordi orari.

Con questo provvedimento il Consiglio dell’Unione Europea ha dato il via libera definitivo all’introduzione di un minimo salariale adeguato nei Paesi UE con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita dei lavoratori e rafforzare i CCNL.

Secondo quanto previso dalla direttiva UE 2022/2041 , però, gli Stati che, come l’Italia, registrano un tasso di copertura della contrattazione collettiva maggiore dell’80 per cento non sono obbligati ad intraprendere alcun intervento.

La possibilità di introdurre un minimo salariale legale resta quindi di competenza dei singoli Stati membri, i quali però devono comunque garantire degli stipendi dignitosi ai lavoratori, promuovendo e rafforzando la contrattazione collettiva e ampliandone il più possibile la copertura.

Una condizione che ha permesso al Governo di respingere la proposta avanzata e di puntare invece sul rafforzamento della contrattazione.

Salario minimo in Italia: le ultime novità

Se i limiti di retribuzione sotto i quali non è possibile scendere sono definiti dai CCNL come funzionerebbe una eventuale introduzione in Italia del salario minimo legale?

Nel caso in cui il minimo salariale dovesse essere introdotto per legge, la contrattazione collettiva continuerebbe a definire gli importi dei trattamenti minimi, ma la retribuzione minore non potrebbe in alcun caso essere inferiore alla soglia stabilita.

Qual è, quindi, la situazione in Italia?

Come anticipato, il Governo ha più volte ribadito la propria posizione a riguardo, chiudendo alla possibilità di introdurre un minimo legale e insistendo sulla necessità di rafforzare la contrattazione collettiva e di puntare su altri strumenti come il taglio del cuneo fiscale.

A fine 2023 il Governo diede mandato al CNEL di elaborare un documento con le osservazioni conclusive e le proposte in materia, da cui analisi emerse come i contratti collettivi coprano il 95 per cento dei lavoratori, portando alla conclusione che l’urgenza non fosse quella di introdurre il minimo salariale ma di individuare un piano di azione nazionale per lo sviluppo e l’adeguamento della contrattazione collettiva.

Un salario minimo orario stabilito per legge non è lo strumento adatto a contrastare il lavoro povero e le basse retribuzioni. Come sottolineato dal CNEL, occorre piuttosto programmare e realizzare, nell’ambito di un piano di azione pluriennale, una serie di misure e interventi organici. È la strada che il Governo intende intraprendere nel minor tempo possibile.” Si leggeva in una nota di palazzo Chigi dell’ottobre 2023.

Una posizione che di fatto ha chiuso fino ad oggi le porte ad una possibile introduzione del salario minimo nonostante siano state presentate anche altre proposte.

Le opposizioni da parte loro non hanno smesso di battere sull’argomento, con la discussione che negli ultimi giorni è stata nuovamente sollevata in vista delle elezioni regionali e dei lavori preparativi per la stesura della nuova Legge di Bilancio.

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