Accertamento su società e socio accomandatario

Giovambattista Palumbo - Società di persone

I chiarimenti della Corte di Cassazione in tema di accertamento a carico della società e del socio accomandatario: si parte dall'analisi di un caso pratico per ribadire alcuni principi rilevanti

Accertamento su società e socio accomandatario

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 35881 del 2022, ha chiarito un rilevante aspetto in tema di accertamento a carico della società e del socio accomandatario.

Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale aveva respinto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado, la quale aveva accolto il ricorso del contribuente avverso una cartella di pagamento IRAP e IVA, per anni d’imposta 2000 e 2001.

La cartella di pagamento impugnata era stata emessa nei confronti del socio accomandatario a seguito della declaratoria di inammissibilità dei ricorsi riuniti proposti dalla società estinta (una s.a.s.) avverso gli avvisi di accertamento alla stessa notificati dall’Agenzia delle Entrate.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 35881 del 6 dicembre 2022
Il testo dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 35881 del 6 dicembre 2022

Accertamento su società e socio accomandatario: i fatti dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 35881 del 2022

Il giudizio si era svolto anche nei confronti dei soci, litisconsorti necessari, che però non si erano costituiti.

La Commissione Tributaria Regionale aveva respinto l’appello, evidenziando che:

  • a) non sussisteva una successione diretta del socio accomandatario con riferimento ai debiti della società, peraltro accertati con avviso di accertamento inesistente in quanto notificato a società estinta;
  • b) l’Ufficio avrebbe dovuto notificare al socio accomandatario un autonomo avviso di accertamento, notificazione che non vi era stata;
  • c) in assenza di tale notificazione si erano prescritti i termini per procedere alla riscossione ex art. 25, lett. c), del Dpr. 29 settembre 1973, n. 602;
  • d) la sentenza della CTP in base alla quale era stata emessa la cartella di pagamento si riferiva ad altro soggetto ed era estranea al contribuente.

Avverso tale sentenza l’Amministrazione finanziaria proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2313, 2324, 2740, 2943 e 2945 cod. civ., per avere ritenuto la Commissione Tributaria Regionale, a suo avviso erroneamente, la nullità dell’avviso di accertamento notificato alla società, essendovi una sentenza che, invece, dichiarava inammissibile il ricorso proposto dalla stessa (con conseguente preclusione di ogni questione concernente la valida notifica dell’avviso di accertamento) ed essendo comunque il socio accomandatario responsabile per i debiti sociali, indipendentemente dalla notifica nei suoi confronti di un avviso di accertamento.

Con un secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate contestava poi la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 14 del Dlgs. 31 dicembre 1992, n. 546, degli artt.2313, 2324 e 2909 cod. civ., nonché dell’art. 25 del Dpr. n. 602 del 1973, per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto che il socio accomandatario non fosse parte del giudizio concernente l’avviso di accertamento, laddove, invece, il contraddittorio era stato a lui regolarmente esteso.

Con un terzo motivo di ricorso si contestava infine la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2313, 2324 e 2909 cod. civ., per non essere decorso il termine prescrizionale nei confronti del socio accomandatario.

Secondo la Suprema Corte, i motivi, che potevano essere unitariamente esaminati, erano complessivamente fondati.

Evidenziano i giudici di legittimità che la cartella di pagamento era stata emessa ai sensi dell’art. 68, comma 1, lett. a), del Dlgs. n. 546 del 1992 a seguito della sentenza che aveva dichiarato inammissibile, anche nei confronti dei soci convenuti quali litisconsorti necessari, l’impugnazione della società nei confronti di due avvisi di accertamento alla stessa notificati.

Era pacifico peraltro che tale sentenza fosse passata in giudicato.

La definitiva declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione avverso gli avvisi di accertamento implicava che non poteva più discutersi della eventuale nullità della notifica degli stessi in ragione dell’estinzione della società; e tale statuizione era valida anche nei confronti dei soci che erano stati convenuti in giudizio, sebbene non formalmente costituiti.

La posizione della Corte di Cassazione su accertamento su società e socio accomandatario

Del resto, rileva la Corte, secondo la giurisprudenza della Cassazione, è legittima la notifica ai soci della cartella di pagamento, anche in difetto di previa notifica agli stessi dell’avviso di accertamento, potendo i soci, se del caso, fare valere le loro doglianze in sede di impugnazione della cartella (cfr., Cass. n. 13113 del 25/05/2018; Cass. n. 1281 del 22/01/2020 e Cass. n. 31904 del 05/11/2021), ove, diversamente da quanto era avvenuto nella specie, non abbiano potuto farle valere avverso l’avviso di accertamento.

La sentenza impugnata non si era quindi uniformata a tali principi, ritenendo, erroneamente, da un lato, la nullità della cartella di pagamento notificata al socio in difetto di un previo avviso di accertamento, e, dall’altro, l’inopponibilità della sentenza al socio litisconsorte necessario.

Quanto alla prescrizione (rectius decadenza) prevista dall’art. 25, primo comma, lett. c), del Dlgs. n. 602 del 1973, la Cassazione evidenzia che la disposizione era stata erroneamente richiamata dalla Commissione Tributaria Regionale, atteso che la notifica della cartella era stata (tempestivamente) effettuata ai sensi dell’art. 68, comma 1, del Dlgs. n. 546 del 1992, a seguito della sentenza di primo grado.

A prescindere dallo specifico caso processuale, in termini generali, giova anche evidenziare quanto segue.

La cartella in casi come quello in esame viene notificata al socio accomandatario della società in quanto solidalmente ed illimitatamente responsabile ex art.2313 cod civ per le obbligazioni sociali e dunque anche per le obbligazioni tributarie.

Le obbligazioni della sas (cancellata) si trasferiscono infatti automaticamente al socio, che (appunto perché accomandatario) risponde personalmente ed illimitatamente dei debiti sociali (diversamente da quanto avviene per i soci accomandanti, per i quali la medesima norma prevede il limite massimo della quota conferita).

Infine, quanto alla eventuale estinzione della società, va ricordato il principio di diritto, già enunciato da Cass. Sez. Unite, Sentenza n. 6070 del 12/03/2013, secondo il quale:

“qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale:

  • a) l’obbligazione della società non si estingue, ciò che sacrificherebbe ingiustamente il diritto del creditore sociale, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, «pendente societate», fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali;
  • b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo”.

Da un punto di vista processuale, poi, si ricorda che, pur essendo vero che il ricorso proposto da uno dei soci, o dalla società, avverso un avviso di rettifica riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci, ricorrendo in tali casi un’ipotesi di litisconsorzio necessario originario, tuttavia, la partecipazione di tutti i soci al giudizio relativo al reddito societario, fa comunque sì che la sentenza resa sia ad essi opponibile e che non sia violato il disposto dell’art. 14 del Dlgs n. 546 del 1992, secondo cui, se l’oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, questi devono essere tutti parte nello stesso processo (cfr., Cass. n. 16204 del 20/06/2018).

Poiché il giudizio sul reddito societario è logicamente pregiudiziale rispetto a quello sul reddito dei singoli soci, perché unica è la materia imponibile, sebbene soggetta a diversa disciplina impositoria, nel momento in cui questi ultimi partecipano al primo, sono comunque pienamente contraddittori, di fatto, anche per quanto riguarda i propri redditi imputati, per trasparenza, in dipendenza del reddito societario.

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