Salario minimo in Italia: le novità sulla proposta di legge per la soglia a 9 euro lordi

Francesco Rodorigo - Leggi e prassi

Dopo la presentazione della proposta di legge che introdurrebbe una soglia minima di 9 euro lordi l'ora, il Governo ha affidato al CNEL la stesura di una nuova proposta più ampia contro il lavoro povero. Dopo la sospensiva la discussione riprenderà a fine settembre. Secondo uno studio degli economisti dell’OCSE aumentare i salari minimi non alimenterà l'inflazione

Salario minimo in Italia: le novità sulla proposta di legge per la soglia a 9 euro lordi

La discussione su una possibile introduzione del salario minimo in Italia è rimandata a settembre, ma il Governo ha affidato al Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) il compito di lavorare ad una nuova proposta per contrastare il lavoro povero da presentare in vista della prossima Legge di Bilancio.

Questo il risultato del vertice convocato dal Governo per fare il punto della situazione dopo il rinvio della discussione sulla proposta di legge che garantirebbe a tutti i lavoratori e le lavoratrici una retribuzione minima oraria di 9 euro lordi, sottoscritta da quasi tutti i partiti di opposizione e depositata alla Camera

Il Consiglio Europeo, lo scorso ottobre, ha dato il via libera definitivo alla nuova direttiva sul salario minimo che però Paesi come l’Italia, dove c’è un alto tasso di copertura della contrattazione collettiva, non sono obbligati a recepire.

La posizione ribadita più volte dall’Esecutivo, infatti, è proprio questa. L’obiettivo è quello di rafforzare i CCNL e colmare eventuali lacune di tutela.

Uno studio di alcuni economisti dell’OCSE evidenzia che i salari minimi non portano alla spirale inflazionistica dei prezzi.

Salario minimo in Italia: depositata la proposta di legge per la soglia a 9 euro lordi

Quello del salario minimo è da tempo uno dei temi più dibattuti sulla scena politica italiana. L’Italia, infatti, è uno dei pochi Paesi a non avere una disciplina specifica in materia e la novità degli ultimi giorni torna a far discutere politici, datori di lavoro e lavoratori.

Lo scorso 4 luglio 2023, è stata depositata alla Camera la nuova proposta di legge unitaria avanzata dai partiti di opposizione al Governo (PD, M5S, Alleanza Verdi e Sinistra, Azione, Europa Verde e +Europa) che introdurrebbe una soglia salariale minima fissata a 9 euro lordi orari.

L’obiettivo è tutelare i settori più fragili e meno retribuiti del mondo del lavoro, che non sono sufficientemente coperti dalla contrattazione collettiva.

Facciamo un passo indietro, fornendo innanzitutto una definizione di salario minimo. Si tratta della retribuzione oraria minima che viene corrisposta per legge ai lavoratori e sotto la quale non è possibile scendere.

La tutela della retribuzione minima è un diritto riconosciuto in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea che la raggiungono tramite l’introduzione di un salario minimo ma anche attraverso la contrattazione collettiva.

Quest’ultimo è il caso dell’Italia. I CCNL, infatti, sono frutto del processo di negoziazione tra i lavoratori e i loro rappresentanti e i datori di lavoro e le loro organizzazioni nel quale si determinano le condizioni di lavoro, tra cui le retribuzioni, gli orari e le ferie e le politiche in tema di salute e sicurezza.

Salario minimo in Italia: la direttiva dell’UE

Lo scorso ottobre il Consiglio dell’Unione Europea ha dato il via libera definitivo alla direttiva che introduce un minimo salariale adeguato nei Paesi UE per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori e rafforzare i CCNL.

I Paesi hanno due anni di tempo per recepirla ma la nuova disciplina non prevede un sistema un sistema uniforme per tutti né impone l’introduzione di un salario minimo.

Gli Stati che, come l’Italia, registrano un tasso di copertura della contrattazione collettiva maggiore dell’80 per cento, infatti, non sono obbligati ad intraprendere alcun intervento.

La possibilità di introdurre un minimo salariale resta di competenza dei singoli Stati membri che però devono ad ogni modo garantire ai lavoratori degli stipendi dignitosi che tengano conto del costo della vita e dei più ampi livelli di retribuzione.

L’altro punto cardine della direttiva UE è, infatti, la promozione della contrattazione collettiva per favorire il rafforzamento e l’ampliamento della copertura, così da colmare eventuali lacune di tutela.

Salario minimo: cosa cambierebbe con l’introduzione in Italia

La linea attuale del nostro Paese, come ribadito più volte dagli esponenti di Governo e dallo stesso Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, non è quella di introdurre un salario minimo per legge.

Il problema dei salari bassi e del lavoro povero esiste, ma la soluzione giusta sarebbe quella di rafforzare la contrattazione collettiva, soprattutto nei settori più deboli o del tutto scoperti.

Il tutto accompagnato da altri interventi specifici come ad esempio il taglio del cuneo fiscale, che garantisce degli aumenti nelle buste paga dei lavoratori e delle lavoratrici.

La proposta di legge per l’introduzione del salario minimo in Italia è stata depositata alla Camera dopo l’annuncio dei giorni precedenti. L’accordo è stato raggiunto da tutti i partiti di opposizione al Governo, ad esclusione di Italia Viva, i quali hanno sottoscritto il progetto in attesa dell’avvio dell’iter parlamentare.

Il testo prevede tra le altre cose anche l’introduzione di una soglia salariale minima di 9 euro da applicare a tutte le tipologie di lavoro, anche in collaborazione, e rafforza anche la contrattazione.

Come riportato da ANSA, la proposta di legge delle opposizioni si articola in 7 punti:

  • Al lavoratore di ogni settore economico sia riconosciuto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative, salvo restando i trattamenti di miglior favore;
  • A ulteriore garanzia del riconoscimento di una giusta retribuzione, venga comunque introdotta una soglia minima inderogabile di 9 euro all’ora, per tutelare in modo particolare i settori più fragili e poveri del mondo del lavoro, nei quali è più debole il potere contrattuale delle organizzazioni sindacali;
  • La giusta retribuzione così definita non riguardi solo i lavoratori subordinati, ma anche i rapporti di lavoro che presentino analoghe necessità di tutela nell’ambito della parasubordinazione e del lavoro autonomo;
  • Conformemente anche a quanto previsto nella direttiva sul salario minimo, sia istituita una Commissione composta da rappresentanti istituzionali e delle parti sociali comparativamente più rappresentative che avrà come compito principale quello di aggiornare periodicamente il trattamento economico minimo orario;
  • Sia disciplinata e quindi garantita l’effettività del diritto dei lavoratori a percepire un trattamento economico dignitoso;
  • Sia riconosciuta per legge l’ultrattività dei contratti di lavoro scaduti o disdettati;
  • Sia riconosciuto un periodo di tempo per adeguare i contratti alla nuova disciplina, e un beneficio economico a sostegno dei datori di lavoro per i quali questo adeguamento risulti più oneroso.

Se questa proposta dovesse essere approvata i CCNL continuerebbero a definire gli importi dei trattamenti minimi ma la retribuzione minima non potrebbe in alcun caso essere inferiore a 9 euro l’ora. Il che se da una lato comporta effetti marginali per alcuni settori, come ad esempio nei contratti firmati da Confindustria, dall’altro la retribuzione salirebbe in molti altri settori meno tutelati.

Inoltre, secondo uno studio degli economisti dell’OCSE Sandrine Cazes e Andrea Garnero, pubblicato l’8 agosto dal Centro per la ricerca sulla politica economica (CEPR), il rischio che aumentare i salari minimi possa alimentare ulteriormente l’inflazione è limitato.

“I salari minimi si sono rivelati in media nei paesi OCSE uno strumento politico utile per proteggere i lavoratori più vulnerabili dall’aumento dei prezzi.

Gli aggiustamenti dei salari minimi nominali hanno contribuito a contenere l’impatto dell’inflazione sul potere d’acquisto dei lavoratori a bassa retribuzione.”

Salario minimo in Italia: le ultime novità

In linea con quanto espresso in più occasioni, durante i primi esami alla Camera la maggioranza ha inserito un emendamento soppressivo della proposta, scatenando le reazioni delle opposizioni che hanno portato a una revisione del testo.

Nonostante un’apertura al confronto da parte del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, la quale ha comunque ribadito la necessità di rafforzare la contrattazione collettiva secondo la linea ormai nota, la proposta, però, è stata portata direttamente al voto della Camera, senza prima votare gli emendamenti.

L’obiettivo è stato quello di arrivare direttamente in aula per proporre una sospensiva e rimandare il tutto a dopo l’estate.

E così è stato. Lo scorso 2 agosto la votazione alla Camera ha approvato la questione sospensiva della maggioranza sospendendo la discussione della proposta di legge per 60 giorni e infiammando ancora di più gli animi lato opposizioni.

Un po’ a sorpresa, venerdì scorso, la Premier Meloni ha invitato a palazzo Chigi i leader delle opposizioni ad un confronto per dialogare sulla tema. Secondo il Governo quella del lavoro povero è una delle questioni prioritarie da affrontare, ma il salario minimo non sarebbe la soluzione ideale.

“Su questo abbiamo proposto un lavoro da fare insieme, da completare nei prossimi 60 giorni, sul quale io ho già la disponibilità del CNEL e del suo Presidente, per capire se c’è un margine per condividere tra le forze politiche e con le parti sociali, soluzioni che possano essere efficaci.”

Questa una delle dichiarazioni della Presidente del Consiglio, come si legge nel comunicato sul sito del Governo.

Al CNEL, dunque, il compito di proporre una proposta ad ampio raggio in materia di lavoro povero, che possa eventualmente includere anche l’introduzione di un salario minimo per alcune categorie di lavoratori.

Intanto, le opposizioni hanno lanciato una raccolta firme online per raccogliere i consensi di cittadini e cittadine sulla proposta di legge per i 9 euro orari.

Non resta che attendere, dunque, per vedere quali saranno gli sviluppi e conoscere il futuro di tanti lavoratori e lavoratrici italiani.

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