Partite IVA, un tetto - mobile - all'aumento del reddito. Nel decreto correttivo sul concordato preventivo biennale 2025-2026 potrebbe approdare una novità per rendere più vantaggioso il patto con il Fisco

Partite IVA, concordato preventivo con “limature in corso” per il biennio 2025-2026.
È atteso nelle prossime settimane il via libera definitivo al decreto correttivo, approvato in esame preliminare il 13 marzo scorso in Consiglio dei Ministri e sul quale i lavori del Parlamento si sono conclusi nei primi giorni di maggio.
Si cercano strategie per rendere più vantaggioso il patto con il Fisco per il prossimo biennio e, tra le novità allo studio, vi sarebbe anche un limite all’aumento del reddito, dal 10 al 30 per cento e calibrato in base al voto ISA del contribuente.
Partite IVA, per il concordato 2025-2026 spunta un limite all’aumento del reddito
È il quotidiano Italia Oggi ad anticipare una delle novità, proposte dalla Commissione Finanze del Senato, che potrebbe rendere più appetibile il concordato preventivo biennale per il periodo 2025-2026.
Nel parere datato 7 maggio è tornata in campo la proposta di limitare i poteri di “rideterminazione” del reddito del contribuente, già avanzata lo scorso anno senza successo.
Con il fine di dare uno sprint allo strumento ed eliminare fattori di incertezza, il Senato ha chiesto quindi al Governo di prevedere un limite del 10 per cento di incremento del reddito concordato rispetto a quello dell’annualità precedente.
Una proposta che, stando alle anticipazioni, potrebbe essere accolta seppur con un tetto mobile, calibrato in base al punteggio ISA.
Tre le percentuali massime di aumento, del 10, 20 e 30 per cento, applicabili in maniera crescente in base al punteggio di affidabilità fiscale. Una novità sulla quale però si resta in attesa di conferme, così come sul fronte degli ulteriori correttivi proposti per rendere più appetibile il patto con il Fisco.
La sfida del concordato preventivo per il biennio 2025-2026: un patto poco vantaggioso
Il decreto correttivo, sul quale si attende l’approvazione definitiva, avrà l’arduo compito di risollevare le sorti del concordato preventivo per il prossimo biennio.
Una serie di elementi fanno pensare che quest’anno le adesioni potrebbero essere ancora più basse, considerando che per il biennio 2025-2026 sono rimasti esclusi i forfettari, che non è più presente il vantaggio del ravvedimento speciale e che tra le modifiche all’esame vi è anche un rialzo dell’imposta sostitutiva (43 per cento per l’IRPEF e 24 per cento per l’IRES) in caso di incrementi reddituali sopra gli 85.000 euro.
Su queste questioni il MEF sarà chiamato a sciogliere i nodi. Oltre all’ipotesi di limitare gli incrementi di reddito (e quindi l’impatto del concordato sul fronte delle imposte dovute), è in ballo anche la possibilità di richiamare in campo la sanatoria per le annualità dal 2018 al 2022, con estensione del ravvedimento ultra-agevolato anche al 2023.
L’ennesimo tentativo di dare uno slancio in più allo strumento pensato, nell’ambito della riforma fiscale, per reperire risorse utili da impiegare per le future mosse sul fronte del taglio dell’IRPEF e non solo. Si resta pertanto in attesa di sviluppi, con la consapevolezza che le regole ad oggi sul piatto potrebbero cambiare (ancora) notevolmente.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Concordato preventivo 2025-2026, spunta un limite all’aumento del reddito