Superbonus: i commercialisti scrivono al MEF sulle criticità del nuovo decreto

Tommaso Gavi - Commercialisti ed esperti contabili

I commercialisti presentano alcune osservazioni sul nuovo decreto relativo al superbonus e ai bonus edilizi. Il presidente de Nuccio ha scritto al ministro Giancarlo Giorgetti e al viceministro Maurizio Leo

Superbonus: i commercialisti scrivono al MEF sulle criticità del nuovo decreto

Il presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, Elbano de Nuccio, ha scritto al ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, e al viceministro, Maurizio Leo.

La categoria rileva alcune criticità in relazione al nuovo decreto legge n. 39 del 29 marzo 2024, da superare nel corso dell’iter parlamentare della legge di conversione.

Tra i nodi da sciogliere: la possibilità di prevedere nuovamente la remissione in bonis e alcune modifiche da apportare ai nuovi divieti di cessione del credito e di sconto in fattura.

Superbonus: tra le criticità il blocco alla remissione in bonis

Ieri, 2 aprile, il presidente del CNDCEC Elbano de Nuccio ha reso noto di aver presentato alcune osservazioni in merito al nuovo decreto approvato dal Consiglio dei ministri, che interviene sul superbonus e sui bonus edilizi.

L’obiettivo della lettera inviata al ministro Giorgetti e al viceministro Leo è quello di superare “alcune rilevanti criticità” del decreto legge n. 39 del 29 marzo 2024, come chiarito nel comunicato stampa di ieri.

Il decreto, infatti, ha apportato ulteriori e rilevanti modifiche in materia di bonus edilizi, in particolare sulle opzioni per la cessione del credito e lo sconto in fattura che, salvo casi residuali rivolti a soggetti colpiti da eventi sismici, sono state definitivamente abrogate.

I punti sui quali si chiede di intervenire nel corso dell’iter parlamentare di conversione sono diversi:

  • la remissione in bonis;
  • le regole relative al divieto di cessione del credito e di sconto in fattura.

In merito alla prima questione il presidente del CNDCEC scrive quanto di seguito riportato:

“Pur prendendo atto delle ragioni che hanno portato all’adozione del provvedimento normativo, evidentemente legate ad esigenze di salvaguardia dei conti pubblici non posso esimermi dal segnalare alcune rilevanti criticità contenute nel citato Decreto. In particolare, l’articolo 2 inibisce l’applicazione della remissione in bonis relativamente alle comunicazioni da trasmettere all’Agenzia delle Entrate entro il prossimo 4 aprile per l’esercizio delle opzioni per la cessione del credito e lo sconto in fattura. Il medesimo articolo impedisce, inoltre, la mera sostituzione delle comunicazioni inviate dal 1° al 4 aprile 2024.”

Pur condividendo la necessità di ottenere i dati relativi all’impatto economico del superbonus, de Nuccio sottolinea quanto segue:

“Le ragioni di tali previsioni sono, evidentemente, legate all’esigenza di conoscere in modo puntuale il dato aggregato dell’ammontare dei crediti ceduti e scontati. Ciò non di meno, appare di immediata evidenza che la disposizione è eccessivamente penalizzante in quanto crea le condizioni per cui molti contribuenti perdano le agevolazioni, a cui hanno pieno diritto, per errori commessi in buona fede (si pensi a un errore di un solo codice fiscale in un condominio di centinaia di persone).”

L’istituto della remissione in bonis ha, tra gli obiettivi, quello di tutelare i comportamenti adottati in buona fede e “impedirne l’uso solo alla casistica in oggetto non appare sacrificabile a esigenze informative di contabilità pubblica.”

La riflessione è riferita soprattutto alle comunicazioni all’Agenzia delle Entrate inviate tra il 1° e il 4 aprile 2024, data di scadenza per l’adempimento.

Tali comunicazioni, infatti, non potranno essere sostituite utilizzando le procedure ordinariamente previste in caso di errori o di scarti in fase di trasmissione e ciò rappresenta:

“una falcidia pericolosissima considerate le condizioni incerte e frenetiche in cui ci si trova ad operare.”

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Superbonus: la richiesta di modifiche al divieto di cessione del credito

Un secondo punto su cui intervenire è il divieto all’utilizzo della cessione del credito e dello sconto in fattura, ampliato dal nuovo decreto rispetto a quanto previsto dal decreto Blocca Cessioni.

Rispetto al requisito della presentazione del titolo edilizio prima del 17 febbraio 2023, viene inserito l’ulteriore requisito del sostenimento delle spese per lavori già effettuati, documentate da fatture.

La nuova disposizione, sottolinea de Nuccio:

“Porta al paradosso che cittadini e imprese, anche per interventi già avviati, magari già ultimati, per i quali hanno fatto legittimo affidamento sulla possibilità di optare per la cessione del credito o lo sconto in fattura, non potranno accedere a tali opzioni in assenza di spese sostenute (cioè, pagate) e documentate da fattura alla data del 29 marzo 2024.”

Questa è la prima “criticità” che l’associazione di categoria chiede di superare con delle modifiche da adottare nel corso dell’iter parlamentare della legge di conversione del decreto.

In merito ai nuovi requisiti legati alla cessione del credito sarà necessario introdurre modifiche anche per evitare l’aumento dei contenziosi futuri. A riguardo de Nuccio sottolinea quanto di seguito riportato:

“E ulteriormente paradossale appare la situazione nella quale le fatture siano già state emesse a quest’ultima data, ma non siano state ancora pagate dai beneficiari delle detrazioni. Anche in tale caso, pur comprendendo le ragioni sottostanti al provvedimento, tese a “bloccare” le operazioni per le quali altro non è stato posto in essere che la presentazione del titolo edilizio, appare necessario salvaguardare coloro che gli interventi li hanno effettivamente iniziati o, addirittura, ultimati, e che, per effetto delle novità introdotte dal Decreto, in assenza di pagamenti effettuati per fatture emesse, si vedrebbero esclusi dalla possibilità di accedere alla cessione del credito o allo sconto in fattura con conseguenze pesantissime, anche in termini di contenziosi che potrebbero sorgere con le imprese che hanno eseguito le opere.”

Si dovrà quindi attendere i prossimi 60 giorni entro i quali dovrà essere approvata dal Parlamento la legge di conversione del nuovo decreto approvato.

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