Lo studio condiviso tra professionisti fa scattare l’IRAP

Quando ci si avvale della collaborazione di un altro professionista, pur senza formale rapporto associazione, ai fini IRAP si ravvisa una autonoma organizzazione. Spetta al giudice di merito accertare la sussistenza del presupposto impositivo. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l'ordinanza numero 28302 del 4 novembre 2019.

Lo studio condiviso tra professionisti fa scattare l'IRAP

Con l’ordinanza numero 28302/2019 la Corte di Cassazione ha stabilito che, ai fini IRAP, si ravvisa autonoma organizzazione quando il professionista si avvale, pur senza un formale rapporto di associazione, della collaborazione di un altro professionista, considerato il presumibile intento di giovarsi delle reciproche competenze o della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, tali da ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun professionista. Spetta al giudice di merito accertare la sussistenza del presupposto impositivo.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 28302 del 4 novembre 2019
Lo studio condiviso tra professionisti fa scattare l’IRAP. A stabilirlo è l’ordinanza numero 28302 del 4 novembre 2019.

L’ordinanza – La controversia trae origine dal ricorso proposto da un dottore commercialista avverso il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle entrate a fronte della richiesta di rimborso dell’IRAP versata dal professionista negli anni dal 2003 al 2008.

Avverso la pronuncia della CTR, il professionista ha presentato ricorso in cassazione, affidato a due motivi.

Con i motivi di ricorso il contribuente ha denunciato violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 446/1997 nella parte in cui la sentenza impugnata ha affermato la sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione riguardo all’attività svolta dal commercialista per il fatto che, nell’anno 2003, il contribuente aveva partecipato ad una associazione professionale e, negli anni dal 2004 al 2007, per aver esercitato l’attività in uno studio condiviso, percependo un reddito da partecipazione derivante da una distinta ed autonoma associazione professionale.

I giudici di legittimità, nel dichiarare infondati entrambi i motivi, hanno richiamato la sentenza a Sezioni Unite n. 9451 del 2016 in cui è stato affermato, in primo luogo, che l’accertamento del requisito dell’autonoma organizzazione è rimesso al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato. In secondo luogo resta fermo che il presupposto ricorre solo se il contribuente:

  • a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
  • b) impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.

I giudici di legittimità hanno sancito che l’autonoma organizzazione ricorre quando “il professionista responsabile dell’organizzazione si avvalga, pur senza un formale rapporto di associazione, della collaborazione di un altro professionista, stante il presumibile intento di giovarsi delle reciproche competenze, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun professionista”.

Nel caso di specie, con riferimento agli anni dal 2004 al 2007, periodo in cui il professionista ha svolto l’attività in uno studio condiviso, si deve ritenere integrato l’elemento dell’autonoma organizzazione in relazione alla stabile e rilevante collaborazione con altri professionisti, che evidentemente ha dato luogo ad una combinazione stabile di prestazioni di lavoro, tale da potenziare la produttività ed incrementare la redditività del contribuente.

Per quanto riguarda il 2013, invece, il contribuente aveva partecipato ad una associazione professionale. A tal riguardo l’IRAP è dovuta in base al consolidato orientamento per cui “l’esercizio della professione in forma associata costituisce presupposto per l’applicazione dell’imposta, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza dell’autonoma organizzazione da considerarsi implicita, salva la possibilità per il contribuente di fornire la prova contraria, avente ad oggetto non l’assenza dell’autonoma organizzazione nell’esercizio in forma associata, bensì l’insussistenza dell’esercizio in forma associata dell’attività stessa”.

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