Lo studio associato è sempre tenuto al pagamento dell’IRAP

L'esercizio della professione in forma associata costituisce presupposto per l'applicazione dell'IRAP: il professionista inserito in uno studio professionale è sempre tenuto a versarla. A ribadirlo è la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 24549/2019.

Lo studio associato è sempre tenuto al pagamento dell'IRAP

Il professionista inserito in uno studio professionale è sempre tenuto al versamento dell’IRAP, perché l’esercizio della professione in forma associata costituisce presupposto per l’applicazione dell’imposta, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza dell’autonoma organizzazione.

È onere dello stesso professionista, che chiede il rimborso di quanto versato a titolo di imposta, dimostrare che l’attività oggetto di contestazione non rientri tra quelle svolte in forma associata.

Sono queste le precisazioni fornite dalla Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 24549/2019.

Corte di Cassazione - Sentenza numero 24549 del 2 ottobre 2019
Lo studio associato è sempre tenuto al pagamento dell’IRAP. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza numero 24549 del 2 ottobre 2019.

La decisione – La controversia nasce a seguito dell’impugnazione del silenzio - rifiuto sull’istanza di rimborso IRAP presentata da uno studio associato relativamente ai compensi percepiti dal professionista-socio per l’attività svolta in proprio di amministratore delegato di una società.

Il ricorso della società è stato accolto dalla CTP, mentre la CTR ha ribaltato il giudizio.

I giudici d’appello, dopo aver considerato che le prestazioni del professionista erano state fatturate dallo Studio Associato, hanno ritenuto che il contribuente non avesse fornito idonea prova della sussistenza dei requisiti per l’esenzione dall’IRAP ossia la dimostrazione di non aver fruito dei benefici recati dalla sua adesione allo studio associato.

Avverso la decisione di secondo grado lo studio ha proposto ricorso in Cassazione denunciando violazione e falsa applicazione degli artt.2 e 3 del d.lgs. n.546/1997, nella parte in cui i giudici hanno violato il principio per cui il professionista non è soggetto ad Irap per la parte di ricavo netto derivante dall’attività professionale svolta senza avvalersi di un’autonoma organizzazione.

Il collegio di legittimità ha ritenuto infondato il motivo e ha rigettato il ricorso.

I giudici di Piazza Cavour hanno ribadito un principio di diritto oramai consolidato per cui “in tema d’IRAP, l’esercizio della professione in forma associata costituisce presupposto per l’applicazione dell’imposta, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza dell’autonoma organizzazione, da considerarsi implicita, salva la possibilità per il contribuente di fornire la prova contraria, avente ad oggetto non l’assenza dell’autonoma organizzazione nell’esercizio in forma associata, bensì l’insussistenza dell’esercizio in forma associata dell’attività stessa”.

Nel caso di specie il professionista era certamente inserito all’interno dell’associazione professionale, che oltretutto fatturava le sue prestazioni, e avrebbe potuto sottrarsi all’applicazione del tributo soltanto dimostrando di non fruire dei benefici organizzativi recati dall’adesione allo studio. È infatti onere del professionista che chiede il rimborso di quanto versato a titolo di IRAP, dimostrare che l’attività oggetto di contestazione non rientri tra quelle svolte in forma associata.

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