Studi di settore: il solo “fattore età” non giustifica lo scostamento

Emiliano Marvulli - Studi di settore

Studi di settore: in caso di accertamento, l'età avanzata dell'imprenditore non è fattore che, da solo, può giustificare lo scostamento e le incongruenze del reddito dichiarato. A stabilirlo è l'Ordinanza della Corte di Cassazione n. 34726 del 30 dicembre 2019.

Studi di settore: il solo “fattore età” non giustifica lo scostamento

In caso di accertamento basato sugli studi di settore, l’età avanzata dell’imprenditore individuale non è una circostanza che, da sola, giustifica le eventuali incongruenze del reddito dichiarato rispetto alle risultanze degli studi di settore o dei parametri, perché il contribuente deve fornire degli elementi concreti che possano giustificare lo scostamento rilevato.

In caso di giustificazioni generiche e non documentate l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, senza necessità di elementi ulteriori.

Sono queste le precisazioni contenute nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 34726 del 30 dicembre 2019.

Corte di Cassazione - ordinanza n. 34726 del 30 dicembre 2019
Studi di settore: il solo “fattore età” non giustifica lo scostamento

La sentenza - La controversia trae origine dal contenzioso instaurato da un agente di commercio a seguito della notifica di un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate ha rettificato il reddito dichiarato, perché difforme rispetto a quello determinato sulla base degli studi di settore.

La CTR, in linea con la CTP, ha respinto l’appello del contribuente, che non era stato in grado di contrastare, in sede di contraddittorio, sia amministrativo che giurisdizionale, i risultati degli studi di settore.

Il contribuente, infatti, dopo aver sostenuto che lo scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli accertati era dovuto “a causa dell’avanzare dell’età”, aveva ammesso di aver sopperito con l’aiuto gratuito fornito dal proprio figlio.

L’imprenditore ha proposto ricorso per cassazione lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 39 comma 1 lettera d) del d.p.r. 600/1973 in relazione alla qualificazione dei giudici di merito sulle presunzioni poste a base dell’accertamento sintetico.

La Corte di Cassazione ha però ritenuto infondato i motivi e rigettato il ricorso del contribuente.

In materia di accertamento standardizzato mediante applicazione degli studi di settore, la Corte di cassazione è unanime nel ritenere che si tratti di strumento presuntivo la cui gravità, precisione e concordanza nasce in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente con il contribuente, pena la nullità dell’accertamento.

In questa sede, il contribuente ha l’onere di provare la sussistenza di condizioni che giustifichino “l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente.”

Nel caso in cui il contraddittorio, ritualmente proposto tramite invito, non si concretizzi per inerzia del contribuente, l’Ufficio può allora motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito.

Nel caso di specie l’Amministrazione ha motivato l’accertamento indicando che le motivazioni addotte dal contribuente accertato, ossia l’avanzata età e la dichiarazione di essere supportato dal lavoro parziale offerto dal figlio, apparissero generiche e non supportate da documentazione idonea a giustificare lo scostamento tra ricavi dichiarati e quelli risultanti dall’applicazione degli studi di settore.

A parere del giudice di merito, e dello stesso collegio di legittimità, le dichiarazioni di parte non fornivano alcuna specificità in grado di dimostrare la non corretta applicazione degli studi di settore all’attività controllata. Pertanto, non vi era l’obbligo per l’Agenzia delle entrate di un “supplemento” di motivazione sul punto, proprio per la estrema genericità ed astrattezza delle doglianze palesate in sede di contraddittorio endoprocedimentale.

Infatti, sebbene in linea di principio il fattore età del contribuente controllato potrebbe determinare una condizione di marginalità economica, tale circostanza appariva bilanciata perfettamente dall’ausilio parziale fornito dal figlio. Peraltro, per la Corte di cassazione, “sia in tema di studi di settore che di applicazione dei parametri, l’età avanzata non è da sola sufficiente a confutare i risultati emergenti dagli studi di settore o dai parametri.”

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