Stipendi più trasparenti per ridurre il divario di genere: le regole in arrivo e la sfida culturale

Rosy D’Elia - Leggi e prassi

Le differenze sugli stipendi? La punta di un iceberg. Le novità che arrivano dall'UE per ridurre il divario retributivo di genere e la necessità di un ecosistema della parità al centro dell'intervista a S. Testori (Winning Women Institute)

Stipendi più trasparenti per ridurre il divario di genere: le regole in arrivo e la sfida culturale

Con le novità che arrivano dall’UE, nelle aziende è necessario creare una “cultura della trasparenza” che non deve riguardare solo le retribuzioni degli uomini e donne, ma tutto il ciclo di vita del dipendente. È questo l’obiettivo da raggiungere, o meglio l’opportunità da cogliere, nel recepimento della direttiva 2023/970 sul divario retributivo di genere europeo per Sabrina Testori, Pay Equity and Transparency Advisor del Winning Women Institute che opera a stretto contatto con le imprese.

D’altronde “l’iniquità salariale è solo la punta dell’iceberg” e “serve costruire un ecosistema che coinvolga imprese, istituzioni, parti sociali e sistema educativo” per un cambiamento culturale che possa garantire dei passi in avanti nel percorso verso la parità di genere.

Guarda l’intervista integrale sul canale YouTube di Informazione Fiscale


Iscriviti al nostro canale

Buste paga più trasparenti, novità in arrivo per le aziende: la parola a Sabrina Testori

Nel frattempo, come accaduto su diversi fronti negli ultimi anni, la spinta a raggiungere nuove tappe arriva dall’Europa. Nonostante l’Italia abbia dei primati negativi, come quello del maggior divario occupazionale tra gli Stati membri, le questioni di genere vanno ben oltre i confini nazionali. E il gender pay gap europeo sulla singola ora è pari al 12 per cento.

Negli ultimi dati INPS sul lavoro dipendente privato in un anno tra le buste paga di uomini e donne c’è uno scarto di oltre 8.000 euro, nonostante il divario sulla singola ora sia tra i più bassi in UE.

Far emergere le differenze per accorciare le distanze è la ricetta che i diversi paesi si apprestano ad adottare.

“Ridurre le asimmetrie informative che ci sono in tema di retribuzioni tra le imprese e i lavoratori”, così Sabrina Testori riassume l’obiettivo delle nuove regole sulle buste paga, ma non solo, che anche l’Italia dovrà recepire entro giugno 2026.

In primo luogo la trasparenza salariale diventa protagonista durante tutto il periodo del rapporto di lavoro, anzi ancora prima dell’assunzione.

“Voglio sfatare un mito: non verranno comunque inficiati i principi stabiliti dalla legge sulla privacy, quindi ogni lavoratore non potrà conoscere la retribuzione del collega, ma verranno forniti solamente dati aggregati e suddivisi per genere”.

Centrali, poi, sono anche i nuovi obblighi di reportistica: le aziende sono chiamate a produrre periodicamente report sul divario di genere e mettere in campo azioni per correggerlo, se supera il 5 per cento.

Un aspetto fondamentale, infine, è la concretezza delle novità in arrivo nel panorama normativo.

“Rafforza gli strumenti per l’effettività, introducendo un sistema di monitoraggio con le parti sociali, le azioni correttive, e prevedendo anche delle sanzioni e degli obblighi in caso questi divari siano persistenti nel tempo e non corretti”, spiega Testori sottolineando che l’intento è anche quello di superare “alcuni aspetti specifici per cui le normative precedenti rendevano poco effettiva la parità retributiva. Quindi la novità non è nel principio, ma nel modo di renderlo efficace.

Dalle buste paga trasparenti all’ecosistema sulla parità di genere: un passaggio necessario

In effetti il principio della parità retributiva è vecchio quanto l’Europa: nonostante sia stato messo nero su bianco nel 1957, non è ancora pienamente garantito. E le ragioni sono tutte culturali, immerse in una concatenazione di cause e conseguenze che si alimentano reciprocamente.

Un labirinto da cui, secondo Testori, si esce con un percorso che passa prima di tutto dall’eliminazione degli stereotipi e dalla costruzione di un ecosistema generale sulla parità di genere coinvolgendo gli attori e le persone in campo, a prescindere dal genere.

“Questo come si può tradurre? In una serie di incentivi concreti che vanno a supportare le aziende e le donne nell’inserimento del mondo del lavoro e anche nella crescita di carriera. Queste possono essere tutta quella serie di infrastrutture sociali che vanno dai servizi per l’infanzia, i congedi parentali, gli orari flessibili, lo smart working, l’agevolazione per le assunzioni e quindi sgravi contributivi che vanno a ridurre il cuneo fiscale, il supporto all’imprenditoria femminile (ricordiamoci che le aziende dove ci sono a capo delle donne o comunque fondate dalle donne sono una percentuale molto bassa rispetto a quelle degli uomini), e poi c’è tutto il tema del reskilling proprio per valorizzare il talento femminile”.

La nuova direttiva UE chiama in causa i datori di lavoro del settore pubblico e privato, i lavoratori e le lavoratrici, a prescindere dalla forma contrattuale. Ma, conclude Testori, sebbene sia centrale, “l’impegno delle aziende non è sufficiente”: per raggiungere la parità serve il coinvolgimento di tutti e tutte, in ogni ambito della vita.

Questo sito contribuisce all'audience di Logo Evolution adv Network