Procedura concorsuale, la nota di variazione IVA va emessa dopo l’esito

Tommaso Gavi - IVA

Procedura concorsuale, con la risposta all'interpello numero 261 dell'11 agosto 2020 l'Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti sull'emissione della nota di variazione IVA: se il fallimento è dichiarato prima dell'esercizio della clausola risolutiva per inadempimento, il fornitore deve insinuarsi al passivo della procedura ed attenderne l'esito.

Procedura concorsuale, la nota di variazione IVA va emessa dopo l'esito

Procedura concorsuale, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti sulla nota di variazione IVA, emessa per effetto dell’esercizio della clausola risolutiva e relativa a fatture emesse sia prima che dopo la dichiarazione di fallimento per servizi resi prima di tale fallimento.

Nella risposta all’interpello numero 261 dell’11 agosto 2020 l’Amministrazione finanziaria chiarisce che, essendo stato comunque dichiarato il fallimento prima dell’esercizio della clausola risolutiva per inadempimento e dell’emissione delle note di variazione, il fornitore per recuperare l’IVA non riscossa deve necessariamente inserirsi al passivo della procedura concorsuale ed attenderne l’esito.

Lo prevede l’articolo 26, comma 2 del decreto IVA.

Il curatore dovrà invece provvedere all’annotazione delle note di accredito emesse, senza inclusione nel riparto finale e nella dichiarazione IVA finale della procedura.

Procedura concorsuale, la nota di variazione IVA va emessa dopo l’esito

L’esito della procedura concorsuale incide sull’emissione della nota di variazione IVA se il fallimento viene dichiarato prima dell’esercizio della clausola risolutiva per inadempimento.

Lo chiarisce la risposta all’interpello numero 261 dell’11 agosto 2020.

Risposta all’interpello numero 261 dell’11 agosto 2020
Interpello articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212 - articolo 26, commi 2 e 9 del dPR 26 ottobre 1972, n. 633 - note di variazione emesse dopo il fallimento.

Il documento di prassi risponde al quesito dell’istante che chiede delucidazioni su come registrare le note di accredito ricevute successivamente alla dichiarazione di fallimento.

Nello specifico l’Amministrazione finanziaria fa sapere che, per le prestazioni ad esecuzione continuata o periodica, si può recuperare l’IVA relativa a tutte le forniture regolarmente adempiute e per le quali non si è ricevuto alcun corrispettivo, nei casi in cui il mancato pagamento delle fatture è stabilito come causa di risoluzione del contratto il prestatore.

In tali casi non è necessaria alcuna procedura concorsuale esecutiva.

Nel caso in cui, invece, il fallimento viene dichiarato prima della risoluzione per inadempimento e dell’emissione delle note di variazione, per recuperare l’IVA non riscossa il fornitore deve partecipare al passivo della procedura concorsuale ed attenderne l’esito.

Lo prevede l’articolo 26 comma 2 del decreto IVA.

Il caso concreto riportato dall’istante ha ad oggetto note di accredito emesse da fornitori di servizi ad esecuzione continuata o periodica, relative a fatture rimaste insolute che sono state emesse sia nel periodo antecedente che in quello successivo al fallimento.

Il periodo relativo al servizio è, tuttavia, quello antecedente al fallimento.

Le note in questione sono state emesse nel presupposto di mancato pagamento del corrispettivo per la risoluzione del contratto per inadempimento.

I chiarimenti richiesti si concentrano sulla registrazione dal punto di vista contabile e fiscale delle note di accredito ricevute.

Procedura concorsuale, nota di variazione IVA: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

Nel documento di prassi l’Agenzia riepiloga la normativa di riferimento.

In base a quanto previsto dall’articolo 26, comma 2 del decreto IVA, la nota di variazione in diminuzione, diversamente dalle variazioni in aumento, è facoltativa ed è limitata ai casi previsti dalla legge.

Il comma 9 dell’articolo 26, introdotto dalla legge di Bilancio 2016, permette al cedente di recuperare l’IVA relativa ai corrispettivi non percepiti per forniture di beni e servizi relativi a contratti ad esecuzione continuata o periodica.

Deve tuttavia trattarsi di una risoluzione contrattuale per inadempimento e l’esercizio della clausola deve comportare l’interruzione della fornitura.

Qualora si verifichi un mancato pagamento, in questi casi è sufficiente per la risoluzione del contratto: il cedente può effettuare la variazione in diminuzione senza la necessità di una procedura esecutiva ed il relativo esito.

In tal modo, infatti, è già in grado di recuperare l’IVA per tutte le forniture a cui non ha corrisposto un pagamento.

Nel documento di prassi viene inoltre citata la pronuncia n. 12468/2019 della Corte di cassazione, che chiarisce quanto segue:

“a fronte della risoluzione per inadempimento da parte del consumatore finale di un contratto di abbonamento a servizi telefonici, il prestatore, in base alla norma sopravvenuta introdotta dal comma 126 dell’art. 1 della Legge n. 208/2015, ha la facoltà di variare in diminuzione la base imponibile dell’IVA in relazione alle prestazioni eseguite, e non remunerate antecedentemente alla risoluzione.”

Per le prestazioni ad esecuzione continuata o periodica, il mancato pagamento previsto da una causa risolutiva espressa del contratto, determina la risoluzione dello stesso.

Tale effetto viene prodotto a decorrere dalla prima fattura rimasta insoluta.

In conclusione l’Agenzia delle Entrate sottolinea quanto segue:

“si è dell’avviso che, essendo stato dichiarato il fallimento prima dell’esercizio della clausola risolutiva per inadempimento e dell’emissione delle note di variazione, il fornitore, al fine di recuperare l’IVA non riscossa, debba necessariamente procedere secondo quanto disposto dal comma 2 dell’articolo 26 del decreto IVA e, quindi, insinuarsi al passivo della procedura ed attendere l’esito della stessa (in caso di fallimento, la scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto finale o, in assenza di tale piano, alla scadenza del termine per opporre reclamo contro il decreto di fallimento - cfr. Circolare n. 77/E del 17 aprile 2000), non potendo beneficiare della disposizione di cui al successivo comma 12.”

Per parte sua, il curatore dovrà procedere alla sola annotazione delle note di accredito senza inclusione nel riparto finale e nella dichiarazione IVA finale della procedura.

L’annotazione ha soltanto lo scopo di evidenziare il credito da parte dell’erario eventualmente esigibile nei confronti del fallito tornato in bonis.

Non viene determinata l’inclusione del relativo credito IVA nel riparto finale, ormai definitivo.

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