Ipotesi evasione fiscale, sequestro di un conto corrente intestato a un soggetto diverso dall'evasore se titolare di una delega a operare. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza numero 10442 del 23 marzo 2020.

In ipotesi di evasione fiscale è legittimo il sequestro di un conto corrente intestato a un soggetto diverso dall’evasore, se questi è titolare di una delega a operare. La procura, infatti, configura l’ipotesi di “disponibilità” ai fini della ammissibilità del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente quando il delegato sia autorizzato ad operare incondizionatamente, con operazioni sia in entrata che in uscita. Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la Sentenza numero 10442 del 23 marzo 2020.
- Corte di Cassazione - Sentenza numero 10442 del 23 marzo 2020
- Legittimo il sequestro di un conto corrente su cui l’evasore ha solo la delega a operare.
I fatti - La vicenda processuale ha preso le mosse dal decreto di sequestro per equivalente sui beni nella disponibilità dell’indagato per il reato di dichiarazione infedele di cui all’art. 4 DLgs. 74/2000, consistenti in conti correnti bancari intestati alla società sui quali l’indagato era delegato a operare.
La controversia è giunta sin in Cassazione a seguito di impugnazione del rappresentante legale della società intestataria dei conti, il quale ha lamentato violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del D.Lgs. 74 del 2000, con riferimento alla rilevanza attribuita alla delega a operare sul conto corrente conferita all’indagato.
Da tale delega era stata desunta, a parere del ricorrente in modo arbitrario, la disponibilità da parte dell’indagato delle somme esistenti a credito sul conto in relazione al quale era stato delegato a operare, in mancanza di elementi concreti dimostrativi della possibilità per l’indagato di disporre delle somme esistenti a credito su tale conto per fini suoi propri, posto che egli estraneo alla compagine sociale della società intestataria.
Nella causa in esame la ricorrente ha lamentato le conclusioni del tribunale secondo cui la sola delega a operare dell’indagato, estraneo alla compagine sociale, consentono di affermare che questi avesse la disponibilità delle somme esistenti a credito sul conto corrente.
Il Tribunale invece ha ritenuto idoneo tale elemento per consentire di ritenere che dette somme fossero nella disponibilità dell’indagato e, quindi, legittimamente sequestrabili per equivalente. Dello stesso avviso i giudici di legittimità, secondo cui la delega ad operare sui due conti correnti bancari intestati alla società è sufficiente per consentire di ritenere che lo stesso abbia, in virtù di tale delega, la disponibilità delle somme esistenti a credito su tali conti.
Sul punto la Corte di cassazione ha già avuto modo di affermare che “la titolarità di una delega ad operare su di un conto corrente bancario intestato ad altri configura indubbiamente l’ipotesi di “disponibilità” richiesta dall’art. 322-ter c.p. (esteso ai reati tributari dalla L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143), ai fini della ammissibilità del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, laddove, in particolare, la delega non preveda limitazioni, nel senso che il delegato sia autorizzato ad operare incondizionatamente”.
Tale principio è stato ribadito nella decisione in commento, considerato che l’esistenza di una delega a operare su un conto corrente bancario intestato a un terzo, “di cui non sono stati indicati né i limiti, né lo scopo”, attribuisce senza dubbio al delegato la disponibilità delle somme giacenti su tale conto il quale ha la possibilità di acquisirle e disporne, “salvi gli obblighi dì restituzione e rendiconto nei confronti del titolare del conto”.Da qui il rigetto del ricorso e la conferma del sequestro dei conti della società.
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