In questo prezioso approfondimento dell'Avvocato Vito Tirrito viene spiegata con dovizia di particolari una situazione diffusa: lo squilibrio sistemico nel rapporto tra enti pubblici e imprenditori, con questi ultimi illegittimamente succubi di un sistema che non tiene conto dei diritti previsti dalla legge in caso di ispezioni e controlli da parte degli enti pubblici
Il testo della sentenza n. 39 della Sezione Lavoro della Corte d’Appello di Trento pubblicata il 24 ottobre 2025 è relativa a una controversia di lavoro tra la società appellante e l’ente appellato I.N.P.S. (sentenza consultabile in calce).
La disputa riguarda l’impugnazione di una precedente sentenza del Tribunale di Trento in merito a presunte pretese contributive e sanzioni, probabilmente legate a un’accusa di somministrazione illecita di manodopera costruita sulla base di qualche distratta dichiarazione dei dipendenti, neppure troppo specifica.
Il Tribunale del Lavoro di Trento aveva dato pieno valore giuridico a poche affermazioni di alcuni lavoratori trascurando alcune lamentele della società e quindi senza neppure dare sfogo, in sede di opposizione giudiziale, alle prove proposte dalla società ricorrente che quindi ha proposto appello e chiesto la discussione orale davanti alla Corte del secondo grado del giudizio.
La Corte d’Appello di Trento dopo avere ascoltato le parti ha accolto l’appello della società, concentrandosi sull’inutilizzabilità e insufficiente valenza probatoria degli elementi istruttori posti alla base della decisione di primo grado.
Il fattore più interessante è costituito dal fatto che la Corte prende in considerazione anche le lamentele della società che ha rappresentato come le garanzie procedurali previste dall’Articolo 12 dello Statuto dei diritti del Contribuente, estese agli accertamenti previdenziali, non sono state rispettate, rendendo le dichiarazioni raccolte insufficienti come prova piena.
Su queste basi e con motivazione concentrata su presupposti di fatto e di diritto la Corte riforma integralmente la sentenza impugnata e annulla i provvedimenti amministrativi dell’INPS.
Indice:
- Lezioni da una sentenza a sorpresa
- La svolta del 2011: i diritti del contribuente devono essere rispettati anche dagli ispettori dell’INPS
- Il verbale d’ispezione non è il Vangelo: quando le dichiarazioni perdono valore
- Il diritto di difesa inizia alla porta, non in tribunale
- Una lezione di diritto e di strategia per gli imprenditori e i professionisti
Lezioni da una sentenza a sorpresa
Arrivano gli ispettori del lavoro e degli istituti di previdenza, entrano, interrogano, chiedono di avvisare il titolare e poi...
È l’inizio di un percorso che si immagina complesso, costoso e dall’esito incerto.
Si pensa subito ai registri, ai contratti, alle buste paga, cercando di ricordare se ogni singolo dettaglio sia ineccepibile.
E se le regole del gioco avessero una svolta che in pochi conoscono?
Se la validità di un intero accertamento non dipendesse solo dal merito delle contestazioni, ma da un dettaglio procedurale fondamentale, spesso trascurato?
Una recente sentenza della Corte d’Appello di Trento ha fatto proprio questo: ha annullato una pretesa contributiva dell’INPS non perché l’azienda avesse ragione nel merito, ma soprattutto perché l’Istituto non ha rispettato un diritto fondamentale del contribuente, sancito da una legge del 2011.
Avevamo più volte trattato la questione del mancato rispetto dei diritti del contribuente e la circostanza che le varie sedi giudiziarie per anni hanno ignorato contesti in cui il mancato rispetto dei diritti del contribuente comportavano riflessi soprattutto nell’ambito di accertamenti che si erano basati su ricostruzioni poco chiare e superficiali sotto il profilo probatorio.
La svolta del 2011: i diritti del contribuente devono essere rispettati anche dagli ispettori dell’INPS
Il cuore della sentenza della Corte d’Appello di Trento risiede in una norma del 2011, il Decreto Legge numero 70/2011, che molti, evidentemente, hanno trascurato.
Questa legge ha stabilito un principio rivoluzionario: le garanzie previste dall’articolo 12 dello Statuto dei diritti del contribuente si applicano non solo agli accertamenti fiscali dell’Agenzia delle Entrate, ma anche alle ispezioni condotte dagli enti previdenziali, come l’INPS.
Questo cambia completamente le carte in tavola
Prima del 2011, le garanzie procedurali per un’ispezione fiscale e una previdenziale non erano allineate.
Pur non essendolo ancora completamente, dal 2011 ogni azienda sottoposta a un controllo INPS ha gli stessi diritti, anche se per il momento ancora un po’ più attenuati, di chi riceve una verifica fiscale.
Non occorre dimenticare che presto dovremo cominciare ad occuparci anche degli avvisi di accertamento già previsti a favore degli uffici amministrativi dell’INPS e di cui ancora nessuno parla, ad eccezione dell’Avvocato Tiritto, autore di questo articolo che pubblichiamo su cortese autorizzazione dell’Avvocato.
Tra questi, la sentenza ne sottolinea due di importanza capitale:
- il diritto di essere informato sulle ragioni dell’ispezione;
- e, soprattutto, la facoltà di farsi assistere da un professionista abilitato (come un avvocato, un commercialista o un consulente del lavoro) fin dal primo momento dell’accesso ispettivo.
Il punto evidenziato dalla Corte di Trento è che questo cambiamento normativo
rende obsoleta gran parte della giurisprudenza precedente su cui l’INPS e persino i tribunali di primo grado spesso basano le loro decisioni
La Corte ha, infatti, smantellato la logica della sentenza di primo grado, dimostrando come tutte le sentenze di Cassazione citate a supporto si riferissero a ispezioni avvenute prima del 2011.
L’errore sistemico è stato quindi quello di applicare principi legali superati, ignorando una riforma che ha ridisegnato i diritti del contribuente.
Un verbale d’ispezione non è il Vangelo: quando le dichiarazioni perdono valore
Qual è l’impatto concreto della violazione di questi diritti?
La conseguenza, come chiarisce la Corte, è drastica e va a colpire il valore probatorio degli atti dell’ispettore.
Se l’azienda non viene formalmente informata del suo diritto a farsi assistere da un professionista durante l’ispezione, qualsiasi dichiarazione raccolta in quella sede da lavoratori o da terze persone non può essere utilizzata come prova piena in un successivo processo
Il loro valore legale viene declassato a meri indizi, semplici spunti che, per avere peso, devono essere confermati da altre prove, esterne e indipendenti, raccolte nel rispetto del contraddittorio.
Questa è una nozione contro-intuitiva ma fondamentale.
Sfatando il mito che il verbale di un pubblico ufficiale sia sempre e comunque una prova inattaccabile, la Corte afferma un principio di garanzia.
Le dichiarazioni raccolte senza che il contribuente sia stato messo nelle condizioni di difendersi non hanno valore autonomo.
Il principio affermato dalla Corte è che, alla luce della nuova normativa, le dichiarazioni raccolte dagli ispettori possono essere usate come prova in giudizio solo se è stato garantito il contraddittorio fin dall’inizio:
“in forza della nuova normativa e, quindi, dell’applicabilità dei principi stabiliti dall’articolo 12 dello statuto dei diritti del contribuente agli accertamenti previdenziali, deve ritenersi che per l’utilizzabilità in giudizio, quali fonti di prova, delle dichiarazioni rese dai lavoratori o da altri terzi agli organi ispettivi, debba essere previamente assicurato il contraddittorio”
Il diritto di difesa inizia alla porta, non in Tribunale
La sentenza spiega con grande lucidità perché queste garanzie siano così importanti.
La Corte non considera queste tutele mere formalità, ma le ancora direttamente a principi costituzionali fondamentali, come quelli del giusto processo e del principio del contraddittorio.
Il ragionamento della Corte è impeccabile:
“se la prova (come le dichiarazioni dei lavoratori) si forma in un momento che precede il processo vero e proprio – cioè durante l’ispezione – allora anche i diritti di difesa devono essere garantiti in quella fase iniziale.
Attendere di potersi difendere solo in tribunale sarebbe una violazione sostanziale dei diritti costituzionali, perché la prova si sarebbe già formata in modo unilaterale”
Questo principio sposta l’asse della strategia difensiva.
La difesa non è più una battaglia reattiva da combattere in un’aula di tribunale mesi o anni dopo, ma un’azione proattiva da intraprendere dal primo minuto in cui un ispettore si presenta in azienda.
Le parole della Corte meritano di essere lette attentamente:
“È ben vero che per processo si intende la fase che si svolge davanti agli organi giurisdizionali, ma è altrettanto indiscutibile che ove la prova si formi prima e al di fuori del processo, anche i diritti difensivi debbano essere anticipati, pena la sostanziale violazione del precetto costituzionale”
L’errore procedurale che costa caro
Nel caso specifico, la violazione delle garanzie procedurali durante l’ispezione è diventata fatale per l’INPS perché il suo “piano B” – dimostrare le proprie ragioni in tribunale – è fallito miseramente.
Le testimonianze raccolte durante il processo sono state giudicate del tutto irrilevanti.
La Corte sottolinea come le deposizioni si siano rivelate inutili: qualcuno si è limitato a dichiarare di aver riferito la verità agli ispettori (un’affermazione processualmente vuota e che non prova l’integrità di quanto dagli stessi trascritto nella c.d. dichiarazione/interrogatorio), mentre un altro ha negato di aver mai lavorato per il titolare, affermando di frequentare il bar solo come cliente.
A questa carenza di prove si è aggiunto un doppio errore strategico fatale da parte dell’INPS:
- il primo, quando il giudice di primo grado ha interrotto l’esame dei testimoni, l’INPS non ha insistito per completarlo;
- il secondo, e ancora più grave, non ha chiesto di riesaminare i testimoni in appello, precludendo così ogni possibilità di sanare la carenza di prove.
Questa omissione, sottolinea la Corte, ha chiuso definitivamente la porta a qualsiasi integrazione, precludendo un’integrazione dell’istruttoria in appello.
Senza le dichiarazioni degli ispettori (inutilizzabili come prova piena) e senza testimonianze valide raccolte in tribunale, l’intero castello accusatorio dell’INPS è crollato, portando all’annullamento completo della sua pretesa.
Una lezione di diritto e di strategia
Questa sentenza è un potente promemoria del fatto che le regole procedurali non sono semplici formalità, ma garanzie fondamentali a tutela del diritto di difesa.
Un accertamento, anche se potenzialmente fondato nel merito, può essere interamente annullato se condotto in violazione delle garanzie del contribuente.
Per ogni imprenditore, la lezione è chiara:
la consapevolezza dei propri diritti è la prima e più importante linea di difesa
L’autore di questo articolo è l’Avvocato Vito Tiritto, titolare dell’omonimo studio legale in Lucca.
Nel blog dell’avvocato Tiritto troverete questo articolo in versione integrale, il video di sintesi del contributo e il pdf della sentenza della corte di appello di Trento.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Anche gli ispettori dell’INPS devono rispettare lo Statuto dei diritti del contribuente