La flat tax frena le aggregazioni professionali

Salvatore Cuomo - Imposte

Alcuni spunti di riflessione sugli istituti messi a disposizione dal Legislatore, la flat tax e il regime forfettario, così come ridisegnati dalla Legge di Bilancio 2023. Entrambi hanno una caratteristica comune, quella di non facilitare il percorso verso le aggregazioni di imprenditori e professionisti

La flat tax frena le aggregazioni professionali

La Legge di Bilancio 2023, approvata al Senato il 29 dicembre scorso e pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo stesso giorno, ha ritoccato l’attuale normativa fiscale introducendo alcune modifiche e novità sul regime forfettario.

La legge numero 197 del 2022 ha inoltre introdotto la flat tax incrementale, un’agevolazione fiscale per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni che non applicano il regime forfettario.

Tali agevolazioni non sono applicabili ai redditi di partecipazione e quindi disincentivano le aggregazioni.

Le novità del regime forfettario nella Legge di Bilancio 2023

Il comma 54 dell’articolo 1 della legge numero 197 del 2022 introduce due modifiche al regime forfettario:

  • Lettera A) innalzamento della soglia da 65.000 a 85.000 euro;
  • Lettera B) introduzione di un tetto agli introiti assoggettabili comunque al regime agevolato e regolamentazione dell’“uscita” in corso di anno.

Quest’ultima novità riporta alla memoria quanto avveniva per i soggetti in applicazione del “regime dei minimi” e in particolare, per effetto del comma 111 dell’art. 1 della Legge 244/2007, quando al superamento dei 45.000 euro di introiti perdevano per l’intero anno in corso la possibilità di applicare il predetto regime.

Tra le conseguenze, tutti i problemi connessi alla rettifica della fatturazione già emessa e l’aggravio di oneri tributari per effetto dell’applicazione delle aliquote ordinarie Irpef e relative addizionali, oltre all’Irap, se dovuta, e ai versamenti dell’IVA non indicata precedentemente in fattura, con la difficoltà di rivalsa verso la committenza.

Ora con quanto alla lettera b) è stato appunto reintrodotto un tetto di introiti, 100.000 euro, superato il quale si perde in corso di anno il diritto di usufruire del regime agevolato.

A differenza di quanto avveniva in passato per coloro che in regime dei minimi superavano la soglia dei 45.000, viene stabilito che l’IVA è dovuta dall’operazione che ha comportato il superamento di detto limite.

L’innalzamento della soglia di esclusione ad 85.000 euro ha comunque un effetto immediato sul 2023 anche per coloro che avrebbero perso il requisito a fine 2022, avendo superato i 65.000 euro ragguagliati ad anno, purché entro il nuovo tetto massimo dei 100.000.

Ci si potrebbero porre alcune domande in merito al comportamento da seguire per l’IVA in detrazione.

La liquidazione IVA con la compensazione degli importi a debito e a credito decorrerà dalle fatture ricevute dal momento del superamento o dal periodo di liquidazione nel quale è avvenuto? Se così non fosse, da quale altro momento? E come comportarsi in relazione all’IVA sulle operazioni passive già effettuate in precedenza, comunque inerenti alle spese sostenute per le operazioni poi assoggettate a IVA?

A parere di chi scrive la detrazione per le spese inerenti è necessariamente la via da seguire, anche se comporterà dei problemi pratici di applicazione. Si attende con curiosità di leggere le prime indicazioni operative che l’Agenzia delle Entrate fornirà, si spera quanto prima.

Flat tax incrementale: cosa prevede la Legge di Bilancio 2023

Considerazioni simili valgono per la flat tax incrementale, la misura prevista dai commi 55 a 57 dell’articolo 1 della Legge di Bilancio 2023.

Sono, infatti, interessate le persone fisiche esercenti attività di impresa e lavoro autonomo non in regimi agevolati.

Viene prevista una tassazione favorevole sull’incremento di reddito, da queste prodotto in forma individuale, rispetto alla medesima tipologia di reddito di impresa o lavoro autonomo del valore più alto conseguito nel corso del triennio 2020-2022 e ridotto del 5 per cento.

Queste, per il solo anno 2023, su un importo imponibile massimo di 40.000 euro potranno applicare una imposta sostitutiva dell’Irpef al 15 per cento, inoltre:

  • dovranno tener conto di tale reddito ai fini della spettanza di benefici che facciano riferimento a redditi Irpef;
  • dovranno altresì tenere conto di tale reddito anche ai fini del calcolo degli acconti Irpef per l’anno 2024.

Anche in questo caso rimane il dubbio su quale aliquota Irpef applicare sul residuo importo, qualora la differenza sia maggiore dei 40.000 euro assoggettabili ad imposta sostitutiva.

Si dovrà comunque tener conto dell’imponibile sottratto all’Irpef ordinaria per stabilire a quale scaglione Irpef ricade tale residuo importo?

Flat tax e regime forfettario: un freno alle aggregazioni

In conclusione, i regimi agevolati in commento, utili ed interessanti per le semplificazioni connesse e per la riduzione della pressione fiscale, risultano però essere un freno alle aggregazioni, che sappiamo essere un modo per creare sinergie ed economie di scala, utili per competere nei mercati di riferimento.

Si pensi alle associazioni professionali e alle società di persone, che producono redditi di partecipazione: nessuno dei predetti istituti è applicabile a tali redditi.

Su questo tema, come peraltro da più parti invocato, sarebbe utile un intervento del Legislatore che elimini i paletti oggi riscontrabili nelle norme.

Non solo i vincoli commentati, ma anche quelli relativi alla prassi amministrativa.

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