In presenza di gravi indizi il finanziamento soci è sintomatico di evasione fiscale

Emiliano Marvulli - Dichiarazione dei redditi

In presenza di elementi precisi, gravi e concordanti, il finanziamento soci è sintomatico di evasione fiscale. E l'onere probatorio è della società

In presenza di gravi indizi il finanziamento soci è sintomatico di evasione fiscale

La legittimità di un finanziamento soci, opponibile al Fisco, richiede la regolarità formale delle delibere assembleari e delle scritture contabili, in tempi coerenti con l’andamento finanziario del periodo.

In presenza di elementi precisi, gravi e concordanti, in grado di far presumere all’Amministrazione finanziaria la natura simulata dei versamenti operati dai soci e, quindi, la loro reale natura di utili della società precedentemente sottratti a imposizione, l’onere probatorio è della società.

È la stessa società, infatti, a dover dimostrare la ragionevolezza del finanziamento a fronte delle necessità dell’ente societario e, quindi, la sua convenienza quale utile alternativa al ricorso al credito bancario, nonché dar prova che i soci avessero la disponibilità finanziaria sufficiente per eseguire i finanziamenti.

Finanziamento soci, gravi indizi sintomatici di evasione fiscale

La vicenda che analizziamo oggi - tratta dalla datata ma sempre attuale Ordinanza della Corte di Cassazione n. 27366/2023 - riguarda il ricorso proposto da una società contro l’avviso di accertamento notificatole per IRES, IRAP e IVA 2007 con il quale erano individuati ricavi non dichiarati per euro 825.000 in quanto contabilmente occultati da parte dei soci, che avevano simulato una serie di loro finanziamenti alla società.

Il ricorso è stato accolto sia in primo che in secondo grado. In particolare la CTR, nel respingere l’appello dell’Ufficio finanziario, ha ritenuto l’atto impugnato non fondato su elementi certi ma solo su marcati profili di sospetto rilevabili nel comportamento dei soci e nelle circostanze riferite ai loro versamenti a favore della società, rimasti però senza adeguati riscontro.

L’Agenzia delle entrate ha impugnato la decisione di secondo grado dinanzi alla Corte di Cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 39 c. 1 lett. d) del DPR n. 600 del 1973, perché la C.T. Reg., pur avendo accertato la sussistenza dei elementi precisi, gravi e concordanti in grado di far presumere la natura simulata dei versamenti operati dai soci e, quindi, la loro reale natura di utili della società precedentemente sottratti a imposizione, ha mancato di far gravare l’onere di provare il contrario in capo alla società accertata.

Ritenendo fondato il motivo di doglianza della società, la Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.

Le conclusioni della Corte di Cassazione

Il collegio di legittimità ha dedotto che la legittimità di un finanziamento soci, opponibile al Fisco, richiede la regolarità formale delle delibere assembleari e delle scritture contabili, in tempi coerenti con l’andamento finanziario del periodo. In mancanza, l’erogazione finanziaria deve ritenersi re-immissione in azienda di utili occulti.

In questo senso va letto l’art. 2467 c.c., rubricato “finanziamenti dei soci” in forza del quale

“il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito.

Ai fini del precedente comma s’intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”

La giustificazione dei finanziamenti a favore della stessa non può fondarsi unicamente sulla deduzione della loro necessità e opportunità ma anche sulla individuazione di elementi, anche indiziari, non solo dedotti ma anche provati dal contribuente, atti a dimostrare la ragionevolezza del finanziamento a fronte delle necessità dell’ente societario e quindi la sua convenienza quale utile alternativa al ricorso al credito bancario.

Nel caso di specie, il giudice del gravame non ha proceduto alla valutazione degli elementi indiziari prospettati dall’Amministrazione finanziaria e ha, quindi, erroneamente escluso la loro idoneità a costituire elementi gravi, precisi e concordanti, secondo quanto consentito dall’art. 39, comma primo, lett. d).

È onere della società provare la effettiva provenienza del denaro oggetto dei finanziamenti dei soci, in particolare dando prova che gli stessi avessero la disponibilità finanziaria sufficiente per eseguire i finanziamenti, producendo idonea documentazione al fine di contrastare la valenza presuntiva degli elementi, parimenti indiziari ma di segno opposto offerti dall’Agenzia delle Entrate.

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