Concordato preventivo biennale: novità con effetto a cascata e nodi sulla privacy

Salvatore Cuomo - Dichiarazione dei redditi

Dalla lettura delle nuove cause di esclusione e di cessazione dal concordato preventivo biennale nell'ambito del lavoro autonomo emergono alcune potenziali criticità

Concordato preventivo biennale: novità con effetto a cascata e nodi sulla privacy

Con l’articolo 9 del Dlgs n. 81 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dello scorso 12 giugno, è stata formalizzata l’introduzione di nuove cause di esclusione e cessazione dal concordato preventivo biennale per coloro che svolgono attività professionali sia in forma autonoma che associata, anche nella forma giuridica di impresa nel caso di società tra professionisti e società tra avvocati.

Di seguito una sintesi:

  • se il soggetto giuridico collettivo, associazione o società, opta per l’adesione al CPB anche tutti i soci partecipanti, limitatamente a coloro che producono redditi di lavoro autonomo di cui all’articolo 54 comma 3, devono aver optato per l’adesione al medesimo istituto;
  • e anche al contrario se il singolo professionista che produce reddito di lavoro autonomo di cui al medesimo articolo 54 comma 3 vuole accedere al CPB anche il soggetto “collettivo” dovrà necessariamente aderire.

Tralasciando ora altre situazioni controverse, è bene soffermarsi su due aspetti che meritano attenzione.

Concordato preventivo biennale 2025 2026: nuove cause di esclusione ed effetto a cascata

La prima conseguenza, non voluta ad avviso di chi scrive, è l’effetto a cascata, la ulteriore concatenazione che, in linea teorica, potrebbe coinvolgere un numero non indifferente di soggetti tra loro del tutto ignari, sconosciuti e con alcun legame, ma indissolubilmente uniti dalle conseguenze dell’articolo 9 del DLgs n.81 del 2025.

Se un socio intende accettare la proposta di CPB relativamente alla sua personale attività autonoma, deve aderire la società partecipata e, di seguito, anche tutti gli altri soci dovranno aderirvi, ma in effetti non si ferma qui.

Rammento che, ad esempio, la partecipazione a più STP (Società tra professionisti) è espressamente vietata dall’articolo 10 comma 6 della Legge n.183 del 2011 qui riportato:

“6. La partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti.”

Vi sono, però, altre diverse possibilità lecite di partecipazione a più soggetti collettivi da parte di un professionista che potrebbero concretizzarsi. E in caso di partecipazioni ad altre società rientranti nella definizione dell’articolo 9 del Dlgs in commento anche queste società dovranno aderirvi e di seguito anche gli eventuali altri soci che svolgono attività autonoma professionale e così avanti.

Una concatenazione difficile da gestire, un effetto rischioso dovendosi il contribuente fidare delle dichiarazioni di una figura terza rispetto ai propri obblighi tributari, a meno che non vengano dati poteri speciali di indagine ai contribuenti coinvolti, ma sembra una strada non percorribile.

A prescindere dalle opinioni, le novità si ripercuotono in maniera paradossale e scoraggiante sul professionista intenzionato a valutare la proposta concordataria.

Concordato preventivo biennale: il nodo della privacy

Questo legame indissolubile tra soci e società nell’ambito del CPB obbliga i soggetti coinvolti a condividere a loro volta anche delle informazioni di carattere personale che per qualsiasi motivo non si volevano diffondere.

In caso di partecipazione del socio ad altra società B, sorge la necessità di far emergere una partecipazione ad una società B che non può o non vuole aderire al concordato preventivo biennale, che pur essendo lecita non si voleva condividere con la compagine della società A.

Emerge, inoltre, l’esigenza di condividere presenza di cause di esclusione dal CPB.

Si pensi ad un socio che non può accedere al CPB della sua attività personale in conseguenza di una sua condizione finanziaria gravosa verso il Fisco con debiti scaduti oltre soglia e della quale situazione è ora costretto ad informare anche gli altri soci, con gli imbarazzi del caso e sgradite potenziali conseguenze.

CPB e privacy: possibile intervento del Garante?

Quelle sopra evidenziate sono due casistiche non così impossibili dal concretizzarsi e di veramente difficile gestione qualora si innestino nella concatenazione denunciata al punto precedente, senza poi dimenticare il potenziale ruolo del Garante per la protezione dei dati personali nella tutela della riservatezza dei cittadini, in questo caso potenzialmente obbligati a condividere informazioni di carattere personale peraltro di non stretto carattere tributario.

Vero è che tale istituzione non ha il potere di abrogare o modificare una legge, ma può esprimere pareri su proposte di atti normativi e verificare, segnalandole a Governo e Parlamento, far emergere eventuali criticità o incongruenze tra le leggi esistenti e le normative sulla protezione dei dati, promuovendo modifiche o integrazioni od altri provvedimenti correttivi, come a parere di chi scrive è necessario in questo delicato caso.

Pur comprendendo l’intenzione del Governo di introdurre giuste limitazioni alle potenziali “sostituzioni” nella soggettività della prestazione tra il socio e il soggetto partecipato, è lecito chiedersi se il Legislatore abbia effettivamente valutato anche le sopra evidenziate potenziali conseguenze.

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