Ecco la proposta per il regime forfettario con una tassazione più alta al 26 per cento per dipendenti e pensionati che guadagnano oltre la soglia di reddito prevista attualmente
L’Istituto Nazionale Tributaristi (INT), in occasione della audizione sull’atto 1689 riguardante la manovra 2026 alla Commissione Bilancio del Senato, ha proposto un nuovo regime forfettario per il 2026.
La suddetta ipotesi ha preso spunto dall’intervento sul DDL Bilancio 2026, depositato alle Camere per il suo esame e che al suo articolo 12 contiene delle novità proprio sul regime forfetario.
Intervento che, se diventasse ufficiale, confermerebbe anche per il prossimo anno l’aumento del limite di reddito di lavoro e di pensione, portato con la Manovra dell’anno precedente da 30.000 a 35.000 euro, al di sotto del quale i percettori possono intraprendere una seconda attività, optando per questo regime agevolato.
L’intervento in oggetto amplia quindi la platea di soggetti che potenzialmente possono aprire la partita IVA col regime forfettario, coinvolgendo quindi dipendenti e pensionati che guadagnano tra 30.000 e 35.000 euro lordi annui, esclusi fino allo scorso 31 dicembre.
Si è parlato nel recente passato dell’ipotesi di aumentare la soglia di incassi attualmente fissata ad 85.000 euro portandola a 100.000 euro; ma, come abbiamo analizzato in un precedente approfondimento, questo aumento dovrebbe passare per una preventiva modifica della direttiva UE 2006/112, che attualmente consente agli Stati UE di fissare una soglia di adesione a regimi agevolati non superiore ad 85.000 euro.
In questo senso, l’articolo 284 della direttiva prevede quanto segue:
“Gli Stati membri possono esentare le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel loro territorio da soggetti passivi che sono stabiliti in tale territorio e il cui volume d’affari annuo nello Stato membro, attribuibile a tali cessioni e prestazioni, non supera la soglia fissata dagli Stati membri ai fini dell’applicazione di tale esenzione.
Tale soglia non supera 85 000 euro o il controvalore in moneta nazionale.”
Quindi è molto difficile ipotizzare di raggiungere un obiettivo del genere in tempi brevi.
Tuttavia, dato l’obiettivo dichiarato da parte di autorevoli componenti della maggioranza parlamentare attuale, si potrebbe pensare anche ad altre possibilità per ampliare la platea dei potenziali fruitori di questo regime.
Le variabili da considerare per la valutazione del regime forfettario sono tante.
In effetti, l’effettiva convenienza del regime agevolato va fatta monitorando almeno:
- l’entità degli introiti;
- l’incidenza dei costi fissi e variabili;
- la percentuale di redditività prevista;
- la perdita di detrazioni e deduzioni fiscali non compatibili con l’imposta sostitutiva.
È chiaro che per un professionista senza spese, pur in presenza di un indice di redditività elevato, 78% può essere conveniente anche nel caso di introiti molto bassi.
Al contrario, per uno stesso professionista in presenza di importanti spese di locazione ed utenze la soglia di convenienza si potrà alzare anche di parecchio.
L’idea è quella di ampliare la platea dei soggetti potenzialmente beneficiari del regime forfettario non aumentando la soglia di ricavi, visto che è di non facile attuazione come spiegato sopra, ma consentendone l’accesso a chi ora è escluso per effetto di un vincolo reddituale (o in futuro di altro tipo).
La proposta dell’Istituto Nazionale Tributaristi è quella di consentire l’adesione anche ai soggetti con redditi di lavoro e/o di pensione con redditi sopra i 35 mila euro ma mediante l’applicazione di un’aliquota di imposta sostitutiva del 26% (quindi un’aliquota più alta, in luogo del 15% standard o del 5% dei primi 5 anni)
Per questo l’idea di proporre la riformulazione dell‘articolo 12 del disegno di Legge di Bilancio 2026 attualmente in esame.
Se avrà un seguito o meno lo vedremo monitorando l’iter parlamentare della Manovra.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Regime forfettario al 26 per cento?