Detrazione IVA in caso di transazione fiscale

Detrazione dell'IVA: la Corte di Cassazione con l'Ordinanza n. 26515/2021 fornisce alcuni importanti chiarimenti, anche in caso di transazione fiscale. La sentenza si sofferma sul principio della neutralità dell'IVA, alla luce del sistema normativo comunitario.

Detrazione IVA in caso di transazione fiscale

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 26515 del 30 settembre 2021, ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di detrazione dell’IVA, anche in caso di transazione fiscale.

Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, che ne aveva respinto l’appello avverso la sentenza di primo grado, che aveva accolto il ricorso della società contribuente per l’annullamento dell’avviso di accertamento, con cui, relativamente all’anno 2004, era stata contestata l’indebita detrazione dell’IVA di rivalsa assolta con riferimento ad un’operazione di cessione immobiliare.

Corte di Cassazione - Ordinanza n. 26515/2021
Detrazione dell’IVA in caso di transazione fiscale, scarica il testo integrale dell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 26515 del 30 settembre 2021.

Detrazione IVA in caso di transazione fiscale: il caso

Con l’atto impositivo l’Ufficio aveva in particolare contestato l’abusività della condotta della contribuente, rilevando che le parti dell’operazione appartenevano alla medesima organizzazione imprenditoriale, che la cessione era finalizzata a creare un vantaggio fiscale all’acquirente e che la cedente, avente sede in Lussemburgo, non aveva provveduto a versare l’IVA applicata.

Il giudice di appello aveva respinto la tesi dell’Amministrazione, evidenziando che la cedente, a seguito di transazione fiscale, aveva comunque provveduto all’integrale versamento dell’IVA, per cui non si era verificato danno all’erario.

E, laddove si fosse negato alla contribuente di detrarre l’IVA di rivalsa assolta, rilevava la Commissione Tributaria Regionale, si sarebbe quindi realizzata una illegittima duplicazione di imposta.

L’Agenzia delle Entrate, nel proporre ricorso per cassazione, denunciava, tra le altre, la violazione degli artt. 19 e 54, DPR 26 ottobre 1972, n. 633, della e direttiva n. 77/388/CEE e dei principi generali in tema di abuso del diritto, per aver la sentenza impugnata riconosciuto il diritto alla detrazione dell’IVA in oggetto senza rilevare che sussistevano gli elementi sintomatici della contestata natura abusiva dell’operazione e che il versamento dell’IVA da parte della cedente era avvenuto comunque solamente in epoca successiva alla notifica dell’atto impugnato e in via non spontanea.

Secondo la Suprema Corte la censura era infondata.

Detrazione IVA in caso di transazione fiscale: l’Ordinanza della Corte di Cassazione

Evidenziano i giudici di legittimità che, ai sensi degli artt. 10, par. 2, e 17, paragrafo 1, della sesta direttiva 77/388/CEE, applicabile alle operazioni in esame ratione temporis, il diritto alla detrazione è legato alla realizzazione effettiva della cessione di beni o della prestazione di servizi di cui trattasi, per cui, in difetto della cessione effettiva dei beni o della prestazione dei servizi, un tale diritto non può sorgere, non essendo sufficiente la sua indicazione della relativa fattura (cfr. Corte UE, 27 giugno 2018, SGI).

Per quanto, invece, riguarda la posizione dell’emittente, la Cassazione rileva che l’art. 21, settimo comma, Dpr. n. 633 del 1972, stabilisce che:

“Se viene emessa fattura per operazioni inesistenti ... l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura”.

Tale disposizione, affermano i giudici, non si pone in contrasto con il principio di neutralità dell’IVA, in quanto l’art. 21, n. 1, lett. c), della sesta direttiva, laddove prevede che l’IVA esposta nella fattura sia dovuta indipendentemente da qualsiasi obbligo di versarla in ragione di un’operazione soggetta all’imposta, mira ad eliminare il rischio di perdita di gettito fiscale che può derivare dall’eventuale esercizio del diritto a detrazione previsto all’art. 17 della sesta direttiva (cfr. Corte UE, 31 gennaio 2013, Stroy Trans; Corte UE, 18 giugno 2009, Stadeco).

Tale obbligo, tuttavia, afferma ancora la Corte, non deve eccedere quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo e, segnatamente, non deve arrecare un pregiudizio eccessivo al principio di neutralità (cfr., Corte UE, 8 maggio 2019, EN.SA).

Ove dunque sia erroneamente emessa fattura per operazioni non imponibili, il cedente ha diritto al rimborso dell’imposta versata qualora provveda alla rettifica della fattura ai sensi dell’art. 26, Dpr. n. 633 del 1972, ovvero qualora sia accertato il definitivo venir meno del rischio di perdita di gettito erariale, derivante dall’utilizzo o dalla possibilità di utilizzo della fattura da parte del destinatario della fattura ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta dovuta o assolta in via di rivalsa (così, Cass., ord., 30 settembre 2020, n. 20843; Cass., ord., 12 marzo 2020, n. 7080).

L’applicazione del principio di neutralità dell’IVA e di proporzionalità degli obblighi imposti ai contribuenti impone, altresì, di riconoscere la sussistenza del diritto alla detrazione dell’IVA di rivalsa a monte, sia pure per un’operazione non effettivamente posta in essere, laddove il cedente abbia provveduto, come era anche nel caso in esame, a versare integralmente l’imposta esposta nella relativa fattura in esecuzione di una transazione fiscale conclusa nell’ambito di una procedura di concordato preventivo, in quanto in tal modo risulta eliminato definitivamente il rischio di perdita di gettito fiscale.

Priva di rilevanza, a tale fine, era del resto la circostanza, evidenziata dalla ricorrente, che il versamento dell’IVA era avvenuto successivamente alla notifica dell’avviso di accertamento.

Detrazione IVA in caso di transazione fiscale: la tutela del principio di neutralità

La pronuncia in esame rientra nell’ampio filone delle sentenze a tutela del principio di neutralità dell’IVA.

La neutralità dell’imposizione sul valore aggiunto comporta infatti che il diritto spettante ai soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o assolta costituisce un principio fondamentale del sistema normativo comunitario (Cass., n. 23179 del 20/08/2021; Corte di Giustizia, causa C-895/19, sentenza del 18/3/2021).

Tale diritto costituisce infatti parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni.

L’Amministrazione finanziaria, una volta che disponga delle informazioni necessarie per dimostrare che i requisiti sostanziali sono stati soddisfatti, non può dunque imporre, riguardo al diritto del soggetto passivo di detrarre l’imposta, condizioni supplementari.

E anche in caso di operazione inesistente, nondimeno va valorizzato il pagamento estintivo (Cass., n. 7080 del 12/03/2020).

Detrazione dell’IVA per operazioni del tutto o in parte inesistenti: lo schema normativo di riferimento

Il tema del rapporto tra principio di cartolarità e principio di neutralità dell’IVA è stato del resto già più volte affrontato nella giurisprudenza della Cassazione e della Corte di Giustizia UE, laddove, tra le altre, Cass., n. 10939/2015 ha specificato che il quadro normativo complessivo, concernente il regime fiscale connesso alla emissione di fattura per operazione in tutto od in parte inesistente, può compendiarsi nel seguente “schema”:

  • il destinatario della fattura non è legittimato a portare in detrazione l’IVA indebitamente fatturata, laddove non sussista, o non venga ripristinata con procedura di variazione, la corrispondenza tra rappresentazione cartolare e reale operazione economica, fatta salva la sua “buona fede”, qualora risulti estraneo alla eventuale frode e dimostri di avere adempiuto a tutti gli obblighi formali e di diligenza, richiesti all’operatore del settore ex art. 1176 c.c., comma 2, in base alle concrete circostanze del rapporto intrattenuto con l’emittente, e di essere stato nella oggettiva impossibilità di avere consapevolezza della frode, non potendo farsi gravare sul contribuente che ha adempiuto correttamente agli obblighi di legge le conseguenze pregiudizievoli della condotta illecita imputabile in via esclusiva ad altri soggetti (cfr. Corte giustizia, sentenza, 11.5.2006, in causa C-384/04, Federation of Technological Industries; id. sentenza 6.7.2006, cause riunite C- 439/04 e C-440/04, Kittel e Recolta Recycling sprl, punto 51; id. sentenza 31.1.2013, causa C-642/11, Stroy trans EOOD, punti 48-50. Cfr. Corte Cass. 5^ sez. 20.12.2012 n. 23560; Id. Sez. 5^, Sentenza n. 6229 de113/03/2013);
  • l’emittente della fattura è tenuto, quale soggetto passivo, a versare l’IVA liquidata in fattura (in base al principio di cartolarità di cui all’art. 21, paragr. 1, lett. e) della 6^ direttiva CEE e dell’art. 203 della direttiva CE n. 112/2006, recepito nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7), nel caso in cui non abbia tempestivamente provveduto ad avvalersi della specifica disciplina predisposta dallo Stato membro (nella specie dettata dal Dpr. n. 633 del 1972, art. 26) per emendare gli errori concernenti la emissione o la indicazione dei dati riportati nella fattura, laddove il ripristino della corrispondenza tra realtà economica e rappresentazione cartolare della stessa, riconduce a regolarità il funzionamento del sistema IVA, consentendo l’applicazione della esatta imposta dovuta (ed il rimborso di quella eventualmente versata in eccedenza dal soggetto passivo) ed il corretto esercizio del diritto a detrazione da parte del destinatario della fattura emendata da errori;
  • la inottemperanza dell’emittente agli adempimenti richiesti dalla normativa statale per provvedere alla correzione od all’annullamento della fattura erroneamente emessa, non può tuttavia ritenersi ostativa al riconoscimento del rimborso dell’IVA indebita versata in eccedenza, né può ritenersi condizione integrativa della pretesa del pagamento della imposta erroneamente liquidata nella fattura, laddove risulti che sia stato, in tempo utile, definitivamente eliminato qualsiasi rischio di perdita del gettito fiscale; perdita che si verifica, ad esempio, allorché il destinatario della fattura - erroneamente emessa, o nella quale è stata indebitamente liquidata l’imposta - abbia esercitato, in base a tale documento, il diritto alla detrazione (o al rimborso), o comunque possa attualmente esercitare tale diritto e dovendo comunque riconoscersi la definitiva eliminazione del rischio quando risulti accertato che la fattura non sia stata “emessa”, ovvero quando la fattura erroneamente “emessa” sia stata tempestivamente ritirata dal destinatario senza che questi ne abbia fatto uso fiscale (annotandola nel registro acquisti, od in altre scritture contabili destinate ad evidenziare il diritto alla detrazione), o ancora quando l’Amministrazione finanziaria (anche a seguito di segnalazione dello stesso emittente, ovvero nell’esercizio dei poteri di verifica di ufficio) abbia contestato e definitivamente disconosciuto, con provvedimento divenuto definitivo, il diritto alla detrazione vantato dal destinatario della fattura (cfr., Cass. n. 10974/2019).

E se il contribuente ha già anche corrisposto al Fisco l’importo indebitamente detratto è di tutta evidenza come debba escludersi la configurabilità di qualsiasi rischio di perdita erariale, definitivamente scongiurata.

E, in questo, è questione del tutto irrilevante che la cessionaria sia stata indotta al pagamento dall’azione di accertamento e di repressione operata dall’Ufficio (anziché spontaneamente decidere di non utilizzare a fini fiscali la fattura), occorrendo solo che le conseguenze dell’operazione congegnata dal cedente stesso e dalla cessionaria siano state disinnescate “in tempo utile”.

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