Errore nello scorporo dell’IVA: il termine decadenziale per il rimborso decorre dal versamento dell’imposta

La scadenza per presentare la domanda di rimborso per il versamento delle imposte dirette in eccedenza decorre dal momento in cui si effettua il pagamento. Un principio valido anche nel caso di errore nello scorporo dell'IVA. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 13332 del 16 maggio

Errore nello scorporo dell'IVA: il termine decadenziale per il rimborso decorre dal versamento dell'imposta

In tema di imposte dirette, il termine per l’istanza di rimborso decorre dal momento in cui è effettuato il pagamento dell’imposta eccedente non dovuta, qualunque sia la ragione per cui il versamento è in tutto o in parte non dovuto, e, quindi, ad errori tanto connessi ai versamenti quanto riferibili all’an o al quantum del tributo.

Il principio si applica anche al caso di errore nello scorporo dell’IVA con conseguente versamento di maggiori imposte dirette su ricavi fittiziamente maggiorati.

In tale ipotesi il termine decadenziale decorre dal versamento e non già da quando si è verificato il presupposto per la restituzione.

Questo l’importante principio contenuto nella Sentenza n. 13332 del 16 maggio 2023 della Corte di Cassazione.

La sentenza della Corte di Cassazione

L’impugnazione davanti ai giudici di legittimità è conseguente al ricorso proposto da una società avverso la sentenza della CTR, di rigetto dell’appello della contribuente, in una causa riguardante la richiesta di un rimborso IVA.

In particolare i giudici d’appello hanno ritenuto che, nel caso de qua, si versasse nell’ipotesi di inesistenza (parziale) dell’obbligazione tributaria contemplata dall’art. 38 del DPR n. 602/73, con obbligo di osservanza del termine di 48 mesi dal versamento per la presentazione della domanda di rimborso nella specie ampiamente disatteso dalla contribuente.

La società ha quindi lamentato violazione e falsa applicazione degli artt. 38 del DPR n. 602/73, 19, primo comma, lett.g) e 21, secondo comma del DLgs. n. 546/92 per avere la C.T.R. fatto erroneamente decorrere il dies a quo della domanda di rimborso IRES e IRAP dal versamento ex art. 38 cit. anziché, in applicazione dell’art. 21, comma 2, cit. con riferimento alla domanda di restituzione di tributi di cui all’art. 19, comma 1, lett. g) dal verificarsi del presupposto per la restituzione ovvero, nella specie, dal passaggio in giudicato della sentenza che aveva riconosciuto la legittimità della pretesa tributaria di maggiore IVA sui corrispettivi annotati per la vendita al dettaglio delle merci.

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il motivo di ricorso proposto dalla società, ritenendo dirimente la questione della corretta identificazione del momento a partire del quale deve farsi decorrere il termine per la presentazione della istanza di rimborso, qualora la rilevazione dell’errore contabile del contribuente che abbia condotto al versamento delle maggiori imposte dirette non dovute sia dipesa da un successivo accertamento fiscale.

La fonte normativa di riferimento è l’art. 38 del DPR n. 602/73, che prevede che:

“il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare … istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento.”

Rimborso delle imposte dirette: il termine di decadenza per il diritto alla restituzione

In tema di rimborso delle imposte dirette, pertanto, il termine di decadenza, previsto dal citato art. 38, ha portata generale e si riferisce a qualsiasi ipotesi di indebito correlato all’adempimento dell’obbligazione tributaria, qualunque sia la ragione per cui il versamento è in tutto o in parte non dovuto, e, quindi, ad errori tanto connessi ai versamenti quanto riferibili all’an o al quantum del tributo.

Diversamente, l’art. 21, comma 2, del DLgs. n. 546/92 costituisce norma residuale e di chiusura del sistema, in virtù della quale:

“la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.”

L’orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione è rigoroso nella identificazione (di regola) nel giorno del versamento del dies a quo (come tale non computabile) del termine di decadenza per l’esercizio del diritto al rimborso dell’importo pagato.

Deroghe al detto principio sono state individuate, in applicazione del DLgs. n. 546 del 1992, art. 21 cit., comma 2, nei casi di procedimenti di riconoscimento di agevolazioni tributarie, poiché è dal momento della conclusione di tale procedimento che sorge per il contribuente il diritto alla restituzione della differenza tra l’imposta versata nella misura ordinaria e quella risultante dall’applicazione dei benefici fiscali, con la conseguenza che la domanda di rimborso deve essere presentata nel termine di due anni, decorrente dall’anzidetto momento.

Nella causa in esame la questione verteva sul non corretto computo dell’IVA sui ricavi da parte della s.r.l., comportante minore versamento IVA e versamento di maggiori imposte dirette su ricavi fittiziamente maggiorati.

Sul tema la C.T. Reg. si è attenuta ai principi di legittimità ritenendo che l’ipotesi in questione si concretasse in una “inesistenza (parziale) dell’obbligazione tributaria”, con applicazione, ai fini della istanza di rimborso, del termine di decadenza di 48 mesi dal versamento di cui all’art. 38 del DPR n. 602 del 1973, con individuazione del dies a quo per la decorrenza del termine dell’istanza di rimborso dal versamento delle maggiori imposte dirette non dovute.

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