Acconti Irpef: insufficiente versamento senza sanzioni se la causa è l’adesione all’IRI

IRI: se il contribuente ha ridotto gli acconti Irpef dello scorso anno per effetto dell'adesione al nuovo regime fiscale - poi posticipato - il carente versamento degli acconti non è soggetto a sanzioni.

Acconti Irpef: insufficiente versamento senza sanzioni se la causa è l'adesione all'IRI

Il contribuente che lo scorso anno ha ridotto gli acconti Irpef non sarà soggetto a sanzioni per insufficiente versamento, ciò purché questi possa dimostrare che tale evenienza è stata prodotta dall’adesione al regime IRI, la cui entrata in vigore è stata poi posticipata.

È questo il contenuto fondamentale della risoluzione dell’Agenzia delle Entrate numero 47/E del 22 giugno 2018 con cui l’amministrazione finanziaria interviene (con grave ritardo) in materia di adesione (invana) all’IRI e conseguente calcolo degli acconti Irpef dello scorso anno.

Ecco il contenuto e come devono comportarsi ora gli imprenditori che si trovano in questa situazione.

Insufficiente versamento acconti Irpef 2017 senza sanzioni se la causa è l’IRI

Secondo quanto previsto dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate numero 47/E del 22 giugno 2018, il contribuente che ha versato acconti Irpef insufficienti, per effetto dell’adesione al regime dell’imposta sul reddito d’impresa ad aliquota del 24%, non potrà essere soggetto a sanzioni.

Risoluzione Agenzia delle Entrate numero 47/E del 22 giugno 2018
Niente sanzioni sugli acconti Irpef versati in misura insufficiente qualora tale evenienza sia stata determinata dall’adesione al regime IRI, la cui entrata in vigore è stata posticipata al 2018.

Niente sanzioni se gli acconti Irpef insufficienti sono causati dall’adesione all’IRI

Il contribuente che - avendo scelto di avvalersi del nuovo regime impositivo - calcolava gli acconti dovuti per il periodo d’imposta 2017 su base previsionale (nel presupposto di dover percepire minori utili tassabili), versava di fatto acconti in misura insufficiente.

Qualora il versamento risulti - a posteriori - insufficiente esclusivamente per effetto dello slittamento dell’applicazione dell’IRI al periodo d’imposta 2018, e, non anche per altre previsioni rivelatesi errate, in applicazione del principio di tutela dell’affidamento e della buona fede del contribuente (articolo 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212), non è contestabile la sanzione per carente versamento ex articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 18 dicembre 1997.

Tale soluzione è, peraltro, in linea con quella già prospettata dalla scrivente con la risoluzione n. 176/E del 2003, menzionata dall’istante. In tale sede è stato chiarito che il comportamento di un contribuente non può essere sanzionato laddove egli abbia posto in essere comportamenti conformi al tenore letterale della normativa applicabile ratione temporis, e l’errore sia scaturito da modifiche normative introdotte successivamente al versamento degli acconti ma con efficacia retroattiva.

Di conseguenza, al verificarsi delle condizioni sopra richiamate, il contribuente dovrà, entro il termine previsto per il versamento del saldo dell’imposta, determinare definitivamente l’imposta dovuta, per il periodo d’imposta 2017, senza applicazione di sanzioni ed interessi, e, di conseguenza, provvedere alla compilazione dei righi RS148 Rideterminazione dell’acconto e RN38 Acconti del modello Redditi PF 2018.

IRI: cos’è e come funziona l’imposta sul reddito d’impresa

L’articolo 1, commi 547-548, della Legge 232/2016 ha introdotto, a partire dal periodo d’imposta 2017, l’imposta sul reddito d’impresa (IRI), mediante l’aggiunta dell’articolo 55-bis al Testo Unico delle Imposte sui Redditi.

Il regime prevede, in sintesi, che il reddito d’impresa prodotto dalle imprese individuali, dalle società di persone e dalle società a responsabilità limitata a ristretta base sociale, non concorra alla formazione del reddito complessivo dei soci - secondo il criterio generale di tassazione per trasparenza previsto per i soggetti IRPEF (articolo 5 TUIR) - ma venga assoggettato a tassazione separata con la medesima aliquota prevista per i soggetti IRES (24%), per la quota parte non prelevata e lasciata in azienda. La tassazione è, invece, operata ordinariamente se gli utili prodotti o precedentemente reinvestiti sono prelevati dall’imprenditore o distribuiti ai soci.

Con il successivo articolo 1, comma 1063, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, tuttavia, è stata rinviata al 1° gennaio 2018 la decorrenza delle disposizioni contenute nel citato articolo 55-bis del TUIR.

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