In caso di omessa dichiarazione l’accertamento deve tener conto anche dei costi

Emiliano Marvulli - Dichiarazione dei redditi

In caso di omessa dichiarazione l'accertamento deve tener conto anche dei costi e non solo dei ricavi accertati induttivamente sulla base di presunzioni “supersemplici”. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la recente Ordinanza numero 13119.

In caso di omessa dichiarazione l'accertamento deve tener conto anche dei costi

Con l’Ordinanza numero 13119 del 30 giugno 2020, la Corte di Cassazione ha chiarito che, in caso di omessa presentazione della dichiarazione, se l’Ufficio finanziario accerta induttivamente i ricavi sulla base di presunzioni “supersemplici” deve anche determinare, sia pure induttivamente, i costi relativi ai maggiori ricavi accertati, pena la lesione del parametro costituzionale della capacità contributiva.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 13119 del 30 giugno 2020
In caso di omessa dichiarazione l’accertamento deve tener conto anche dei costi. A stabilirlo è la Corte di Cassazione.

La decisione – La controversia attiene al ricorso proposto da un contribuente avverso un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate aveva accertato induttivamente il reddito complessivo a fronte dell’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi.

L’Ufficio aveva determinato il reddito complessivo prendendo a base i ricavi dichiarati dall’impresa nel triennio precedente al periodo d’imposta accertato, applicando il coefficiente di redditività relativo all’attività dichiarata.

Avverso la sentenza della CTP, che aveva confermato la legittimità dell’atto impositivo riducendo solo il coefficiente di redditività, l’imprenditore ha proposto ricorso, respinto dalla CTR.

A parere dei giudici d’appello la determinazione del reddito su base induttiva era giustificata dall’inattendibilità delle scritture contabili nel loro complesso.

Corretto e legittimo è risultato l’operato dell’Ufficio finanziario, che ha determinato il reddito senza riconoscere i costi atteso che, “non avendo il contribuente fornito la documentazione richiesta dall’ufficio, era stata esclusa ogni possibilità̀ di controllo del reddito conseguito nel periodo d’imposta accertato”.

Avverso la decisione il contribuente ha proposto ricorso per cassazione deducendo, per quanto di interesse, violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e 53 della Costituzione laddove la CTR ha ritenuto legittimo che, in presenza di accertamento induttivo, non si debbano riconoscere i costi e/o le eventuali riduzioni, considerato che l’accertamento del maggior reddito accertato presuppone l’esistenza necessaria di un costo deducibile, da determinarsi anche induttivamente.

La Corte di cassazione ha ritenuto fondato il motivo e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.

In tema di accertamento delle imposte sui redditi in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, la giurisprudenza di cassazione è concorde nel ritenere che l’amministrazione finanziaria possa “ricorrere a presunzioni cd. supersemplici, anche prive, cioè, dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, che comportano l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, ma deve, comunque, determinare, sia pure induttivamente, i costi relativi ai maggiori ricavi accertati, pena la lesione del parametro costituzionale della capacità contributiva”.

Tale importante principio non trova ostacolo nelle limitazioni poste dall’art. 109 del TUIR, secondo cui le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati al conto economico relativo all’esercizio di competenza, in quanto tale norma disciplina “la diversa ipotesi in cui una dichiarazione dei redditi, ancorché infedele, sia comunque sussistente”.

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