Esenzione IVA sport: più dubbi che certezze

Ecco l'esenzione IVA per le prestazioni di servizi connesse alla pratica sportiva, comprese quelle didattiche e formative fornite da soggetti che non hanno per oggetto attività lucrative. Ma l'applicazione pratica solleva diversi dubbi

Esenzione IVA sport: più dubbi che certezze

Con l’entrata in vigore della Legge n. 112 del 10 agosto 2023, in Gazzetta Ufficiale il 16 agosto 2023, il Legislatore ha fornito una interpretazione autentica delle norme in vigore per ovviare alle problematiche applicative createsi dopo la pubblicazione da parte dell’Agenzia delle Entrate della risposta all’interpello 393 del 2022.

Il documento di prassi, rispondendo al quesito posto da una ASD su uno specifico caso rientrante nelle casistiche oggetto della norma di interpretazione, aveva negato l’esenzione IVA per corsi sportivi destinati ai bambini, nel presupposto che la stessa formazione impartita dalla ASD non fosse riconducibile nell’ambito dell’esenzione IVA come prevista dalle norme comunitarie e nazionali riguardanti le prestazioni di servizi educativi dell’infanzia o della gioventù.

Esenzione IVA sport: la normativa italiana e comunitaria

Si riporta qui di seguito il testo delle norme che interessano ai fini della comprensione dell’intervento normativo di interpretazione.

Prima di tutto bisogna far riferimento alla legislazione comunitaria che all’articolo 132, paragrafo 1, lettere f ed i, della direttiva 2006/112/CE, prevede:

CAPO 2 Esenzioni a favore di alcune attività di interesse pubblico

“Articolo 132 - 1. Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:

  • f) le prestazioni di servizi effettuate da associazioni autonome di persone che esercitano un’attività esente o per la quale non hanno la qualità di soggetti passivi, al fine di rendere ai loro membri i servizi direttamente necessari all’esercizio di tale attività, quando tali associazioni si limitano ad esigere dai loro membri l’esatto rimborso della parte delle spese comuni loro spettante, a condizione che questa esenzione non possa provocare distorsioni della concorrenza; (...)
  • i) l’educazione dell’infanzia o della gioventù, l’insegnamento scolastico o universitario, la formazione o la riqualificazione professionale, nonché le prestazioni di servizi e le cessioni di beni con essi strettamente connesse, effettuate da enti di diritto pubblico aventi lo stesso scopo o da altri organismi riconosciuti dallo Stato membro interessato come aventi finalità simili”

Per analizzare la legislazione italiana, invece, bisogna far riferimento all’articolo 10 del D.P.R. n. 633 del 1972, comma 1, n. 20) che tra le prestazioni esenti prevede:

“le prestazioni educative dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da enti del Terzo settore di natura non commerciale, comprese le prestazioni relative all’alloggio, al vitto e alla fornitura di libri e materiali didattici, ancorché fornite da istituzioni, collegi o pensioni annessi, dipendenti o funzionalmente collegati, nonché le lezioni relative a materie scolastiche e universitarie impartite da insegnanti a titolo personale.”

Ricordiamo anche l’articolo 5, comma 15-quater del decreto-legge n. 146 del 2021, la cui decorrenza dell’operatività a seguito di ulteriori disposizioni è stata posticipata al 1° luglio 2024:

“All’articolo 10, dopo il terzo comma sono aggiunti i seguenti: (...)

2) le prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche alle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica ovvero nei confronti di associazioni che svolgono le medesime attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali; (...)”.

Esenzione IVA sport: i dubbi sulla soluzione del Legislatore

In tale contesto l’intervento ferragostano del Legislatore ha voluto espressamente prevedere da subito l’inclusione tra le attività esenti delle prestazioni di cui all’interpello sopra citato, prevedendone la retroattività così da ovviare alla applicazione di sanzioni che derivano dalle conclusioni dell’Agenzia delle Entrate.

Almeno queste appaiono le intenzioni dell’intervento normativo:

Art. 36 bis Regime dell’imposta sul valore aggiunto per le prestazioni di servizi connessi con la pratica sportiva e norma di interpretazione autentica

1. Le prestazioni di servizi strettamente connessi con la pratica dello sport, compresi quelli didattici e formativi, rese nei confronti delle persone che esercitano lo sport o l’educazione fisica da parte di organismi senza fine di lucro, compresi gli enti sportivi dilettantistici di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, sono esenti dall’imposta sul valore aggiunto.

2. Le prestazioni dei servizi didattici e formativi di cui al comma 1, rese prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, si intendono comprese nell’ambito di applicazione dell’articolo 10, primo comma, numero 20), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.”

Anche a un primo sguardo, risulta palese la presenza di profili di parziale sovrapponibilità con quanto previsto dal DL 146 /2021, sebbene i perimetri dei soggetti destinatari e la tipologia di prestazioni da queste regolate non siano identici.

Appare, quindi, necessario un ulteriore intervento di coordinamento tra le due norme prima del 1° luglio 2024, a patto che nel frattempo non intervenga la riforma fiscale la cui legge delega prevede un intervento anche su sport e fisco.

Una sanatoria a metà su esenzione IVA corsi sportivi

Preme sottolineare che la norma lascia in sospeso problemi di ordine pratico di non poco conto in particolare per coloro che già in anni precedenti avevano svolto l’attività oggetto dell’intervento:

  • 1 - omessa dichiarazione IVA;
  • 2 - omessa documentazione del corrispettivo;
  • 3 - omessa tenuta dei registi IVA.

Potrebbe intervenire in parziale aiuto la previsione di esonero dalla presentazione della dichiarazione IVA per i contribuenti che per l’anno d’imposta hanno registrato esclusivamente operazioni esenti (articolo 10 del Dpr n. 633/1972) e per coloro che essendosi avvalsi della dispensa dagli obblighi di fatturazione e di registrazione (articolo 36-bis del Dpr n. 633/1972) hanno effettuato soltanto operazioni esenti.

Peccato che l’articolo 36 bis del Dpr 633/72 dispone che:

“Il contribuente che ne abbia data preventiva comunicazione all’ufficio è dispensato dagli obblighi di fatturazione e di registrazione relativamente alle operazioni esenti da imposta ai sensi dell’art. 10, (…).
La comunicazione di avvalersi della dispensa dagli adempimenti relativi alle operazioni esenti deve essere fatta nella dichiarazione annuale relativa all’anno precedente o nella dichiarazione di inizio dell’attività (...)”
.

Comunicazione da effettuare ex ante, quindi, e non successivamente. Ma una ancora di salvezza può arrivare dallo Statuto del Contribuente che al suo articolo 10 comma 3 dispone:


“3. Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta”.

Basterà questo a risolvere il tutto?

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