In assenza del registro degli inventari la cessione si presume imponibile ai fini IVA

In assenza del registro degli inventari la cessione si presume imponibile ai fini IVA in presenza di tutti i requisiti di applicazione dell'imposta. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l'Ordinanza numero 8185 del 27 aprile 2020.

In assenza del registro degli inventari la cessione si presume imponibile ai fini IVA

La cessione di un terreno da parte dell’impresa agricola è considerata imponibile ai fini IVA in presenza di tutti i requisiti di applicazione dell’imposta. A riguardo, se l’impresa non ha mai istituito un registro degli inventari, idoneo a individuare con certezza i terreni destinati permanentemente alla attività agricola da quelli esclusi, l’operazione è considerata effettuata nell’esercizio dell’impresa e, quindi, rilevante ai fini IVA.

È onere del contribuente fornire la prova contraria idonea a dimostrare la natura non agricola del cespite, a nulla rilevando la mera dichiarazione che il terreno è interamente personale e non aziendale. Così si è espressa la Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 8185/2020.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 8185 del 27 aprile 2020
In assenza del registro degli inventari la cessione si presume imponibile ai fini IVA. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con l’Ordinanza numero 8185 del 27 aprile 2020.

La sentenza – La controversia deriva dal ricorso proposto da una contribuente avverso un avviso di accertamento relativo all’IVA accertata sulla vendita di un terreno edificabile.

A parere della contribuente la cessione del terreno non era operazione assoggettabile ad IVA trattandosi di un cespite interamente personale e non aziendale.

Il ricorso è stato accolto in CTP ma la sentenza è stata riformata in sede di appello, laddove i giudici hanno rilevato che non era stato provato da parte della contribuente che il terreno non fosse stato strumentale all’impresa agricola, considerato peraltro che la destinazione agricola risultava pienamente confermata dalla perizia redatta da un esperto.

Decisiva, peraltro, era la circostanza che l’imprenditrice agricola non avesse mai istituito un registro idoneo a individuare con certezza i terreni destinati permanentemente alla attività agricola da quelli non considerati tali.

La contribuente ha impugnato la sentenza della CTR ma i giudici di cassazione hanno rigettato il ricorso.

A parere della Corte di cassazione la cessione del terreno in oggetto rientra tra le attività poste in essere nell’esercizio dell’impresa e, come tale, è soggetta ad IVA perché - come correttamente rilevato dai giudici della CTR- sussistevano tutti i requisiti, soggettivo ed oggettivo, per far rientrare nel campo di applicazione dell’IVA l’operazione de qua.

Infatti, dalla perizia asseverata risulta che il terreno, oggetto della compravendita, avesse una destinazione agricola e fosse, come tale, coltivato dai proprietari; inoltre non è risultato che fosse stato istituito un registro degli inventari al fine di stabilire con certezza i terreni destinati ad attività agricola e quali destinati invece ad altre attività.

Di contro l’imprenditrice non è stata in grado di assolvere l’onere di fornire la prova contraria atta a dimostrare la natura non agricola del terreno e la sua destinazione a fini diversi da quelli agricoli.

Nel caso di specie, infatti, non è risultata sufficiente la produzione del registro delle fatture di acquisto, in calce al quale era stata annotata a mano la dichiarazione che i terreni non venivano inseriti tra i beni aziendali in quanto da considerarsi strettamente e totalmente personale sin dalla data di acquisto, trattandosi di un “documento avente la natura giuridica della mera dichiarazione di parte non suffragata da nessun elemento oggettivo”.

Per queste ragioni il ricorso è stato rigettato ed è stata confermata l’imponibilità Iva della cessione immobiliare.

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