Cedolare secca per i negozi: presentata una proposta di legge di iniziativa di alcuni parlamentari FdI. L'obiettivo è contrastare la desertificazione commerciale
Cedolare secca estesa ai negozi come via per contrastare il degrado delle città.
Da più parti e da diversi anni si segnala come il fenomeno della desertificazione commerciale sia ormai sempre più diffuso.
Un problema che non riguarda solo il sistema economico ma anche la percezione da parte dei cittadini di diffuso degrado ed insicurezza in molte aree delle nostre città.
Serrande abbassate in diversi centri storici come pure in molte periferie si notano sempre più spesso e questo comporta quel senso di abbandono e degrado accompagnato da una percezione di insicurezza nelle strade, specialmente in inverno all’imbrunire.
Un tema ripreso anche da Confcommercio in una sua recente iniziativa pubblica, dove ha presentato i risultati di una ricerca che ha confermato con numeri impietosi il fenomeno nella sua dimensione nazionale.
Cosa ha a che fare questo con l’informazione tributaria abituale in queste pagine? Proprio prendendo spunto da questa situazione è stata depositata alla Camera, lo scorso 18 settembre, una proposta di legge a firma di diversi parlamentari di Fratelli d’Italia, che riguarda l’estensione del regime di cedolare secca alle locazioni di immobili commerciali nei centri storici.
Cedolare secca ai negozi nei centri storici: la proposta di legge
La proposta parte dalla presa d’atto del degrado di diversi centri storici derivante dalla desertificazione commerciale.
Prendendo spunto da quanto già per un breve periodo in vigore per l’anno 2019, quando per effetto dell’articolo 1, comma 59, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 la cedolare secca poteva essere applicata anche a locazioni stipulate nell’anno 2019 relative a immobili censiti nella categoria C/1, con superficie fino a 600 metri quadrati, l’idea è di riproporre la norma nella medesima formula.
Non più però in maniera transitoria, ma per i contratti stipulati dalla entrata in vigore della norma aventi oggetto immobili di categoria C/1, con superfice non superiore a 600 metri quadri, ubicati nei centri storici individuati dai strumenti urbanistici dei comuni.
L’atto della Camera contraddistinto come A.C. 2609 è stato assegnato per il suo esame alla Commissione Finanze della Camera lo scorso 7 novembre.
La cedolare secca commerciale è anche nella Riforma Fiscale
Per chi lo avesse dimenticato, è utile rammentare che anche la legge n. 111 del 2023 con cui il Parlamento ha definito i contenuti della Delega al Governo per la Riforma Fiscale, per quanto concerne i redditi dei fabbricati indica la possibilità di estendere il regime della cedolare secca agli immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo qualora, come volutamente specificato durante l’iter parlamentare in un primo passaggio alla Camera, il conduttore sia un esercente attività di impresa ovvero di un’arte o una professione.
Infatti come si legge al suo articolo 5:
“Art. 5 Principi e criteri direttivi per la revisione del sistema di imposizione sui redditi delle persone fisiche.
1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1 il Governo osserva altresì i seguenti principi e criteri direttivi specifici per la revisione del sistema di imposizione sui redditi delle persone fisiche:
c) per i redditi dei fabbricati, la possibilità di estendere il regime della cedolare secca alle locazioni di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo ove il conduttore sia un esercente un’attività d’impresa, un’arte o una professione;”.
Quindi una più ampia definizione del perimetro delle locazioni commerciali assoggettabili alla cedolare secca, esteso anche agli studi professionali, anch’essi nella difficoltà oggettiva di una generale diminuzione della redditività media delle attività autonome, motivo della ridotta attrattività delle professioni sulle giovani leve con i problemi di ricambio generazionale già all’evidenza dei vertici di ordini e associazioni di categoria.
Oggi non è così facile trovare locali da destinare a studi a canoni abbordabili, atteso che i privati proprio per i vantaggi fiscali della cedolare sono più propensi a destinarlo a locazione abitativa anche breve.
Una proposta a favore della sicurezza
Ed è difficile dar torto a chi propende per forme di locazione diverse da quella commerciale, all’esito dell’impietoso confronto delle diverse forme di tassazione.
Senza qui considerare l’ipotesi di un canone concordato a cui si applicherebbe l’imposta sostitutiva del 10%, si immagini un contribuente con reddito anche appena superiore ai 50.000 euro lordi il quale, locando un suo appartamento in regime di cedolare secca, su 20.000 euro l’anno paga imposte per 4.200 euro.
Applicando il regime fiscale ordinario, pur con una riduzione del 5% dell’imponibile, l’aliquota IRPEF è pari al 43%, oltre alle addizionali regionali e comunali e si arriva quindi a pagare anche oltre il doppio.
Un confronto impari a cui l’ipotesi della estensione del perimetro della cedolare secca porterebbe un importante beneficio, non tanto in termini di emersione del sommerso, come giustamente evidenziato anche da Bankitalia nella sua relazione depositata alla Camera durante l’esame del DDL sulla Riforma Fiscale, ma contro la desertificazione commerciale.
Si consentirebbe così la reimmissione nel circuito dell’economia di immobili oggi fuori mercato per effetto del “peso” del Fisco nella determinazione dei canoni, ravvivando di nuovo aree oggi abbandonate e così arginando la oggi diffusa percezione di degrado di molte aree centrali e periferiche delle città come dei piccoli centri.
Una occasione per utilizzare la leva fiscale, nelle forme previste anche dalla Delega per la Riforma Fiscale, a favore della sicurezza dei cittadini, magari da circoscrivere ad immobili di taglio minore ipotizzando superfici fino a 400 metri quadri per quelli destinati a negozi ed attività artigianali e 200 metri quadri per immobili adibiti ad uffici e studi professionali.
Pensiamoci.
Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Cedolare secca estesa ai negozi per contrastare la desertificazione commerciale