Affitti brevi, tassazione con flat tax o partita IVA forfettaria?

Salvatore Cuomo - Cedolare secca sugli affitti

La normativa della cedolare sugli affitti brevi a confronto con il regime forfetario

Affitti brevi, tassazione con flat tax o partita IVA forfettaria?

Prendendo spunto dalla modifica contenuta all’articolo 7 del Disegno di Legge di Bilancio 2026, in discussione al Senato, abbiamo voluto qui condividere una analisi e qualche considerazione sul tema, anche, e soprattutto, per fornire qualche spunto utile a chi di voi fosse interessato.

Premessa: la Manovra 2026, facendo leva sull’imposizione fiscale, intende favorire la destinazione degli immobili verso il mercato delle locazioni abitative invece che verso quelle turistico ricettive.

Si tratta di un tema sociale, prima ancora che fiscale ed economico.

La cedolare secca sugli affitti brevi colpisce questa tipologia di reddito, derivante dalla attività occasionale svolta da piccoli proprietari di immobili.

La normativa di riferimento è il decreto legge n. 50/2017 che al suo articolo 4 comma 1 prevede che:

Si intendono per locazioni brevi i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa

Il comma 2 dello stesso articolo 4 quantifica l’imposizione selle predette forme di locazione breve come segue:

Ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve si applicano le disposizioni dell’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, con l’aliquota del 26 per cento in caso di opzione per l’imposta sostitutiva nella forma della cedolare secca.

L’aliquota di cui al primo periodo è ridotta al 21 per cento per i redditi derivanti dai contratti di locazione breve relativi a una unità immobiliare individuata dal contribuente in sede di dichiarazione dei redditi.

La (bozza) di Legge di Bilancio 2026 al suo articolo 7 vuole condizionare la riduzione di aliquota dal 26% al 21% prima indicata, attualmente concessa senza vincoli, aggiungendo questo periodo:

sempre che, durante il periodo d’imposta, non siano stati conclusi contratti aventi ad oggetto tale unità immobiliare tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare o tramite soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare

Così facendo, se la modifica sarà approvata in via ufficiale, dal 2026 chi si rivolgerà alle piattaforme di intermediazione turistica pagherà sempre e comunque il 26% sull’importo percepito al lordo delle commissioni

Affitti brevi, occasionali od impresa?

Occasionale è un’attività lavorativa autonoma e saltuaria, priva di continuità nell’impegno di mezzi e patrimonio dedicato. Una attività che quindi deve essere sporadica e non abituale.

Detto che chi svolge questa tipologia di attività impegna comunque risorse, ovvero il patrimonio immobiliare, l’attività di promozione, la realizzazione di siti web dedicati e/campagne pubblicitarie sui social più diffusi, è sempre più difficile definire occasionali dette attività.

Qui dovremmo districarci in quell’area grigia di attività non univocamente definibili a cavallo tra occasionale ed impresa.

Molti ancora oggi identificano erroneamente la linea di demarcazione tra occasionale ed abituale nella soglia dei 5.000 euro con la quale l’INPS dispone l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata per i prestatori di lavoro autonomo ma non è così semplice.

Non esiste in assoluto una definizione puntuale ed individuabile senza ambiguità di prestazione resa occasionalmente e andrebbe verificata caso per caso. Ciò in quanto le norme non specificano limiti di importo da prendere come riferimento, o un numero specifico di azioni che devono essere svolte per configurare l’attività come abituale.

La stessa Agenzia delle Entrate con la datata ma sempre attuale risoluzione n. 273/2002 ribadì il principio, già allora consolidato in giurisprudenza, secondo il quale:

la qualifica di imprenditore può determinarsi anche da un solo affare, in considerazione della sua rilevanza economica e delle operazioni che il suo svolgimento comporta

Professionalità abituale o prestazione occasionale
Risoluzione Agenzia delle Entrate numero 273 del 7 agosto 2002

Nella risposta, l’Agenzia delle Entrate parte dalla nozione di attività di impresa, il cui requisito imprescindibile è la professionalità abituale e non esclusiva dell’imprenditore; in mancanza di questi elementi, infatti, l’attività commerciale è occasionale e il reddito derivante deve essere inquadrato nella categoria dei redditi diversi.

Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate evidenzia che anche la realizzazione di un unico affare può costituire impresa, quando ciò implica il compimento di una serie coordinata di atti economici a nulla valendo il fatto che l’esecuzione materiale dei lavori sia affidata in tutto o in parte ad altri soggetti atteso che in tal caso si rileverebbe comunque una attività di coordinamento che comunque da sola può essere sufficiente a definire impresa l’attività svolta.

La ipotesi partita IVA forfetaria

Quindi 26% per la qualsiasi locazione breve da calcolarsi sull’importo al lordo delle commissioni eventualmente riconosciute alla piattaforma intermediaria.

Un importo di 100 euro che al netto delle commissioni, mediamente 20%, diventano 80 a cui sottrarre 26 di imposte, ricordando che l’imponibile resta sempre il lordo, non tenendo conto dei costi sostenuti.

Tra imposte e commissioni, senza considerare qualsiasi altro onere, siamo scesi dai 100 euro iniziali ai 54 euro finali. Una mazzata.

Ma allora se l’attività non è palesemente marginale perché non optare la partita IVA e ancor meglio per il regime forfetario, oggi compatibile con un reddito di lavoro dipendente e di pensione fino a 35.000 euro lordi annui?

Il coefficiente di redditività corrispondente al Codice Ateco 55.20.51 - attività di case e appartamenti per vacanze e altre forme di alloggio di breve durata - è pari al 40%!

Si ipotizzi, a titolo di esempio, un importo annuo di entrate per locazioni brevi pari a 10.000 euro, cui applicare il coefficiente del 40% prima individuato, arrivando così a definire un imponibile fiscale e contributivo di 4.000.

In tal caso si dovranno versare:

  • una imposta sostitutiva del 15% pari a euro 600,00;
  • una contribuzione INPS, 24.48% di euro 979,20;
  • totale dovuto euro 1.579,20.

Se applicassimo l’aliquota agevolata definita per i primi 5 anni di attività alle nuove iniziative produttive, 5% invece del 15%, e si optasse per riduzione del 35% della contribuzione INPS avremmo invece:

  • una imposta sostitutiva del 5% pari a euro 200,00;
  • una contribuzione INPS ridotta al 15.91% e pari ad euro 636,48;
  • Totale dovuto euro 836,48.

Valori sempre e comunque molto inferiori ai 2.600 euro dovuti in regime di cedolare secca!

Importi totali che sarebbero ancora più bassi nella ipotesi di applicazione dell’importante incentivo di riduzione al 50% dei contributi previdenziali, a favore di chi si iscrive per la prima volta alle gestioni speciali degli artigiani e dei commercianti nel corso del 2025, facendo scendere in entrambe le ipotesi illustrate la contribuzione dovuta al 12.24%, pari a 489,60 euro.

Certo è che le combinazioni possibili sono diverse, anche considerando il fatto che si potrebbe optare per la scelta condivisibile di non ridurre la contribuzione previdenziale; si dovrà anche tenere conto del costo di un consulente fiscale che segua le incombenze tributarie, dei diritti camerali da versare annualmente e di qualche altro eventuale balzello residuale anche di natura locale ma è chiaro che la valutazione complessiva andrà sempre comunque eseguita caso per caso.

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