Abolire o riformare il regime forfettario?

Negli ultimi mesi si è parlato con insistenza della necessità di rivedere, se non addirittura abolire, il regime forfettario.
In particolare, il regime forfettario si trova al centro dell’attenzione in un contesto caratterizzato da riflessioni internazionali sulla sostenibilità dei sistemi fiscali e da dati nazionali che ne confermano la diffusione crescente.
A pochi giorni di distanza dalla pubblicazione delle statistiche del MEF, che segnano un nuovo balzo delle adesioni al forfettario, il Fondo Monetario Internazionale ha diffuso il documento conclusivo della sua missione annuale in Italia.
Tra i temi che sono stati affrontati, emerge anche una valutazione sul sistema fiscale applicato alle partite IVA, con un focus sul regime agevolato e sulla flat tax. Il Fondo Monetario Internazionale è stato chiaro: il forfettario deve essere “superato”.
Partite IVA, per il FMI il regime forfettario è una misura da abolire
Il regime forfettario per le partite IVA entra tra i temi toccati dal Fondo Monetario Internazionale nella missione annuale 2025 in Italia.
Nel documento conclusivo pubblicato a fine maggio, il FMI suggerisce addirittura di abolire la flat tax per i titolari di redditi da lavoro autonomo, come parte delle misure per razionalizzare il sistema fiscale e ampliare la base imponibile.
Nel dettaglio, si evidenzia che l’eliminazione delle agevolazioni come il regime forfettario potrebbe contribuire:
- a contenere la perdita di gettito;
- e a rafforzare l’equità del sistema.
All’interno del capitolo dedicato alla politica fiscale, il Fondo Monetario evidenzia che alcune agevolazioni andrebbero riviste, tra cui per l’appunto la flat tax per le partite IVA.
La misura viene inserita tra quelle che, secondo i tecnici, creano distorsioni e riducono l’efficacia della progressività.
In quest’ottica, l’abolizione del regime forfettario viene inserita in un pacchetto più ampio di interventi, tra cui anche la razionalizzazione delle spese fiscali e l’aggiornamento delle rendite catastali.
Dati MEF: crescono le partite IVA in regime forfettario
Sempre a fine maggio il MEF ha diffuso le statistiche relative alle dichiarazioni dei redditi delle partite IVA per l’anno d’imposta 2023.
I dati mettono in evidenza l’andamento in crescita delle adesioni al regime forfettario, anche a seguito dell’innalzamento della soglia a 85.000 euro di ricavi, previsto dalla Legge di Bilancio 2023.
Secondo le indicazioni pubblicate:
- le partite IVA forfettarie hanno raggiunto quota 1,9 milioni, pari al 51 per cento del totale;
- rispetto all’anno precedente, si registra un +6,5 per cento di adesioni al regime agevolato;
- in aumento anche i redditi medi dichiarati dai forfettari, con un +11,4 per cento rispetto all’anno precedente.
Forfettari in aumento: metà delle partite IVA in regime agevolato
Nel complesso, le partite IVA attive nel 2023 sono state circa 3,8 milioni, in aumento dell’1,6 per cento; di queste, oltre la metà ha scelto di operare in regime forfettario.
L’incremento può essere associato all’innalzamento della soglia di accesso, passato da 65.000 a 85.000 euro, e all’applicazione dell’imposta sostitutiva del 15 per cento (o 5 per cento per le nuove attività).
Alla luce delle proposte contenute nel documento dell’FMI e dei dati MEF diffusi nello stesso periodo, il regime forfettario resta al centro dell’attenzione sia sul piano internazionale che nazionale.
Da un lato, le indicazioni del Fondo Monetario si inseriscono nel dibattito su riforme fiscali strutturali; dall’altro, i numeri più recenti evidenziano un utilizzo crescente del regime agevolato da parte delle partite IVA, con un impatto rilevante anche sul fronte dei redditi dichiarati.
Resta quindi sempre attuale la discussione sull’impatto, non sempre positivo, dell’aumento delle soglie di accesso al regime forfettario.
I “contro” del regime forfettario
Al netto di quello che consigliano gli organismi internazionali qualche considerazione più basica la si può fare anche senza ricorrere a tecnicismi eccessivi.
Lo abbiamo scritto più volte qui su Informazione Fiscale: il regime agevolato, prima regime dei minimi, oggi regime forfettario, è sacrosanto, soprattutto per situazioni tipiche di partite IVA di piccole dimensioni.
Si pensi, a titolo di esempio, al caso dei giovani professionisti oppure dei pensionati. O ancora, dei piccoli artigiani.
Tuttavia, vi sono diversi aspetti discutibili.
La distorsione più evidente è nel limite di ricavi, 85.000 euro attualmente, che è oggettivamente troppo alto per un regime agevolato inserito in un sistema fiscale come quello italiano, caratterizzato da aliquote IRPEF molto alte: sopra i 50.000 euro di reddito si applica già l’aliquota massima prevista dal sistema ovvero il 43%!
Questo tetto dovrebbe essere riportato, a modesto parere di chi scrive, sotto i 50.000 euro, come era fino a pochi anni fa. Ma purtroppo la politica negli ultimi anni ha deciso di potenziare il forfettario per farne una sorta di bandiera della flat tax da sventolare a seconda dei casi e del vento che tira.
Un limite così alto al regime determina:
- iniquità complessiva del sistema, evidente soprattutto rispetto a chi deve applicare la tassazione IRPEF;
- concorrenza sleale, soprattutto nel settore delle professioni;
- stimolo al fenomeno delle false partite IVA, soprattutto nel Sud Italia.
Con queste considerazione non si vuole demonizzare il regime forfettario, anzi.
Tuttavia, occorrerebbe riformarlo in un’ottica che sia più coerente rispetto al sistema fiscale in cui è inserito, per non far torto soprattutto ai contribuenti diversi da quelli titolari di partita IVA proprio col regime agevolato.
Per esempio coloro che, superati i 50.000 euro di reddito, quindi non dei contribuenti ricchi, si sono visti tagliare le detrazioni IRPEF spettanti sui redditi di lavoro dipendente.
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Articolo originale pubblicato su Informazione Fiscale qui: Abolizione o riforma del regime forfettario nel 2026?