Smart working dipendenti pubblici, quando si torna in ufficio?

Stefano Paterna - Pubblica Amministrazione

Smart working dipendenti pubblici, quando si torna in ufficio? Anche dopo il 31 luglio 2020 il Ministro Danone intende perseguire il lavoro da remoto. Ecco le novità.

Smart working dipendenti pubblici, quando si torna in ufficio?

Anche lo Smart Working nella pubblica amministrazione entra nella Fase 3 e tra i dipendenti pubblici c’è chi si chiede quando si tornerà in ufficio e quale sarà la data di ritorno al lavoro “ordinario”.

Fino al 31 luglio si proseguirà con il lavoro da remoto come modalità ordinaria di attività negli uffici pubblici, ma dopo questa data il governo intende confermare in lavoro agile almeno il 30% dei dipendenti della PA.

A rivelarlo è stata in più occasioni negli ultimi giorni il ministro per la Pubblica amministrazione Fabiana Dadone che ha anche rivendicato l’efficacia di questa modalità operativa, difendendola da una serie di polemiche che ne hanno messo in dubbio la reale produttività.

“Le carenze, i problemi, le difficoltà: ci sono e non possiamo non vederli” - ha commentato sul suo profilo Facebook la Dadone - “ma non bisogna avere paura del cambiamento. La Pa sta affrontando una rivoluzione repentina, a cominciare dallo smart working, che dobbiamo accompagnare e consolidare”.

D’altra parte, non si può riconoscere che l’apparato pubblico che impiega 3.321.605 dipendenti (dati Istat al 31 dicembre 2017) è stato sottoposto in pochissimo tempo a una radicale trasformazione operativa, passando nei mesi della quarantena a causa dell’epidemia di COVID-19 dal 10% di lavoratori in smart working a punte del 90% nelle amministrazioni centrali dello Stato.

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Smart working dipendenti pubblici, è realmente efficiente?

A confermare l’impressione di svolta positiva nel modello organizzativo della pubblica amministrazione italiana non ci sono solo le dichiarazioni del ministro Dadone, ma anche le opinioni degli stessi lavoratori pubblici.

Così in una recente indagine condotta da FPA emergeva che il 73,8% di chi è stato in smart working era riuscito a svolgere tutte le attività in remoto, mentre per il 41,3% dei dipendenti pubblici l’efficacia lavorativa era migliorata, nonostante per l’87,7% si trattasse di un’esperienza del tutto nuova e la gran parte abbia dovuto far ricorso a strumenti informatici propri e senza formazione specifica.

Una percezione che invece è stata messa in dubbio dall’opinionista Pietro Ichino che sul Corriere della Sera ha chiesto dati più precisi sulla percentuale di lavoratori la cui funzione è realmente adattabile al lavoro da remoto e quanti di questi addetti abbiano effettivamente lavorato nel periodo in questione.

Peraltro, Ichino ha anche chiesto come mai non sia stata prevista l’estensione di una sorta di cassa integrazione per i lavoratori pubblici risultati in soprannumero, destinando così la parte del loro stipendio risparmiato a premiare gli operatori risultati davvero in prima linea.

Ovviamente, questo intervento ha suscitato una reazione da parte delle organizzazioni sindacali dei dipendenti pubblici:

“Sfugge ciò che realmente è avvenuto durante il lockdown nel sistema pubblico” - hanno risposto in una dichiarazione congiunta la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti e i segretari generali di Fp e Flc Serena Sorrentino e Francesco Sinopoli - “in termini di riorganizzazione del lavoro, di gestione dei servizi, di innovazione dei processi. Una riorganizzazione che è stata realizzata rapidamente nonostante le risorse scarsissime, strumenti privati e senza la necessaria formazione”.

Smart working dipendenti pubblici, le preoccupazioni dei lavoratori

In realtà, le preoccupazioni dei lavoratori (sia pubblici, sia privati) sono di altra natura rispetto a quelle di Ichino: ovvero riguardano come evidenziano anche alcuni studi di cui ci siamo già occupati la conciliazione dei tempi di lavoro con quelli della vita in spazi casalinghi che spesso sono ridotti, la mancanza di confronto con i colleghi, il venir meno di una parte della retribuzione come i buoni pasto e il diritto alla disconnessione, senza il quale lo smart working rischia di diventare una sorta di moderno cottimo.

All’indomani della chiusura degli Stati Generali dell’economia il tema del lavoro agile e soprattutto della riforma della pubblica amministrazione come volano dello sviluppo del paese diventa centrale, come del resto si è visto nel pur molto discutibile Piano Colao.

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