Sentenza nulla se la motivazione è solo apparente

La sentenza è nulla per omessa motivazione quando non sono stati indicati dal Giudice di merito gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero senza una approfondita disamina. Lo chiarisce la Corte di Cassazione numero 24199 del 2023

Sentenza nulla se la motivazione è solo apparente

La Corte di cassazione ha chiarito che la sentenza è nulla per omessa motivazione, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.

Tali precisazioni sono contenute nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 24199 dell’8 agosto 2023.

Se la motivazione è solo apparente, la sentenza è nulla

La controversia prende le mosse dal ricorso proposto una società di factoring che, in qualità di cessionaria dei crediti fiscali di terzi soggetti, ha avanzato istanze di rimborso all’Agenzia delle entrate.

Avendo questa risposto di essere in attesa della produzione di documenti e avendo la società interpretato tale riscontro come diniego al rimborso, ha proposto ricorso, dichiarato inammissibile dalla CTP.

La società ha proposto appello, insistendo sul fatto che, poiché non aveva specificato quali fossero i documenti necessari, l’Amministrazione aveva reso ineseguibile la domanda, manifestando di fatto la volontà di non accedere alla richiesta.

La Commissione Tributaria Regionale ha rigettato l’appello osservando che l’Ufficio non aveva reso alcuna manifestazione di volontà negativa rispetto all’istanza di rimborso avanzata, ma aveva semplicemente attivato una interlocuzione prodromica all’istruttoria del procedimento, presupposto necessario per le valutazioni di competenza.

La contribuente impugnava la decisione di secondo grado invocando, per quanto qui di interesse, la nullità della sentenza d’appello, perché la CTR aveva omesso di pronunciarsi in merito alla dedotta indeterminatezza dell’atto proveniente dall’Amministrazione, rimettendosi acriticamente alla tesi avversa senza far conoscere il percorso svolto.

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il motivo di ricorso proposto dalla società e ha deciso per la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla CTR in diversa composizione per il riesame e per le statuizioni sulle spese del giudizio di legittimità.

Nella vicenda in commento, la Corte ha precisato che l’inosservanza dell’obbligo di motivazione della sentenza integra violazione della legge processuale, denunciabile con ricorso per cassazione, solo quando si traduca in mancanza della motivazione stessa.

Tale situazione si verifica nei casi di radicale carenza di motivazione o nell’ipotesi in cui la stessa di manifesti in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi o che siano fra loro logicamente inconciliabili o comunque perplesse ed obiettivamente incomprensibili, “purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali”.

Lo stesso Collegio ha inoltre precisato che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture.

Nel caso di specie la CTR ha escluso che vi sia stato un rigetto esplicito della domanda di rimborso per fatti concludenti e parla di “interlocuzione con il contribuente prodromica all’istruttoria del procedimento”.

Tale affermazione tuttavia non appare sorretta da alcuna ulteriore indicazione che consenta il controllo del percorso logico – giuridico seguito per giungere a quella qualificazione.

Il Giudice d’appello avrebbe dovuto riportare gli elementi che hanno giustificato la decisione adottata ma non risulta in sentenza alcuna evidenza di una volontà dell’Ufficio finalizzata a cercare una interlocuzione con la contribuente.

Si osservi che l’Amministrazione non ha mai indicato i documenti necessari per dar seguito alla domanda mentre i crediti fatti valere dalla ricorrente risultavano dalle dichiarazioni presentate dalle contribuenti, cosicché la conclusione della società, in ordine ad un sostanziale diniego dell’istanza da parte dell’Agenzia, presentava una certa plausibilità.

La CTR non ha condiviso l’assunto ma la sua decisione resta assolutamente incontrollabile, essendosi limitata ad una affermazione meramente apodittica.

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