La riforma delle pensioni in Italia e nell’UE: facciamo il punto

Vanda Soranna - Pensioni

Tutte le novità in arrivo in materia di riforma delle pensioni

La riforma delle pensioni in Italia e nell'UE: facciamo il punto

È notizia di pochi giorni fa l’approvazione in Francia di una riforma delle pensioni, molto contestata da cittadini e sindacati.

La premier Elisabeth Borne ha portato a casa, nonostante le proteste ed evitando, per pochi voti, la mozione di sfiducia presentata in Parlamento dalle opposizioni, l’aumento dell’età pensionistica da 62 a 64 anni.

Nella riforma, anche l’abolizione dei regimi previdenziali speciali dei dipendenti della Banca di Francia e dell’Azienda di trasporto pubblico di Parigi.

L’aumento dell’età per la pensione sarà in Francia comunque graduale: aumenterà di tre mesi ogni anno, fino al 2030.

È previsto l’aumento delle pensioni minime a 1.200 euro lordi al mese e l’inserimento di condizioni penalizzanti per chi decide di lasciare il lavoro prima: soltanto con 65 anni di età e 40 anni di contributi si potrà andare in pensione senza tagli all’assegno mensile.

Il sistema francese, in parte simile a quello italiano, è a ripartizione: mentre in Inghilterra le pensioni sono finanziate con i contributi versati per sé da ciascun lavoratore, in Francia e in Italia la copertura del sistema previdenziale avviene con i contributi della generalità dei datori di lavoro e dei lavoratori attivi, cioè occupati.

La sostenibilità del sistema previdenziale è messa perciò in serio rischio a causa della disoccupazione e di carriere oggi sempre più discontinue.

Con una spesa per pensioni pari in Francia al 14,8 per cento rispetto al PIL, comunque più bassa rispetto a quella italiana che nel 2021 aveva raggiunto il 17,6 per cento del PIL e che a gennaio 2023 ammonta a 231 miliardi di euro (fonte INPS, osservatorio pensioni – 22 marzo 2023), la Francia come l’Italia, rischia il default del sistema, anche a causa dell’invecchiamento della popolazione.

L’età per la pensione nei Paesi UE nel 2023

Guardando all’Europa, l’età media per la pensione è 64 anni e 4 mesi per gli uomini e 63 e 4 mesi per le donne, ma la soglia di legge è più alta in Italia, Grecia e Danimarca (67 anni).

Molti Paesi, come Belgio, Bulgaria, Germania, Irlanda, Paesi Bassi e Danimarca, si accingono ad aumentarla a 67 anni entro il 2031 mentre altri, come Polonia e Romania tentano di resistere e mantenere l’età più vantaggiosa esistente in Europa per le donne (60 e 61 anni), più bassa rispetto a quella della Slovacchia e fino a ieri della Francia (62 anni).

Per il resto degli Stati, gli aumenti dell’età sembrano ormai inevitabili: il rapporto OCSE sulle pensioni (Pensione at a glance 2021) ci dice che tra 10 anni, in Danimarca si andrà in pensione a 74 anni e in Italia ed Estonia a 71.

La riforma delle pensioni in Spagna

L’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle aspettative di vita sono una tendenza comune a tutti gli Stati. Le condizioni lavorative sono spesso precarie e le carriere dei giovani e dei meno giovani sempre più discontinue.

I tassi di disoccupazione stentano ad abbassarsi e, in tutte le Nazioni, si assiste ad una crescita continua della spesa e a problemi di finanziamento della previdenza pubblica sempre maggiori.

L’Unione Europea chiede a tutti gli Stati riforme strutturali e di lunga durata ma sono finora pochi i casi in cui i problemi sono stati affrontati o risolti.

L’Italia ha approvato nel 2011 la riforma Fornero, la Francia modifica oggi l’età di accesso alla pensione e la Spagna ha approvato alcune settimane fa la seconda parte di una riforma avviata nel 2021: è stato imposto un contributo di solidarietà ai contributi sociali più alti per garantire un meccanismo di equità intergenerazionale con un incremento dello 0,5 punti a carico delle aziende e di 0,1 a carico dei lavoratori.

Una proposta di riforma delle pensioni anche in Germania

La Germania discute oggi di nuovi tipi di finanziamento della previdenza pubblica e propone la costituzione di un fondo di investimento in azioni, obbligazioni e materie prime.

Allentare il patto intergenerazionale del sistema a ripartizione e scommettere sulla potenzialità dei mercati azionari sono gli obiettivi nel medio lungo periodo della riforma proposta.

Il fondo dovrebbe integrare il finanziamento delle pensioni, oggi garantite solo attraverso i contributi pagati dai lavoratori e dallo Stato.

La riforma delle pensioni in Italia

L’Italia ha forse il primato di aver attuato le raccomandazioni dell’UE in anticipo rispetto ad altri Stati.

Con un debito pubblico in costante aumento, il Governo italiano è corso ai ripari già nel 2011, approvando la legge Fornero che alza l’età per la pensione di vecchiaia in proporzione all’incremento dell’aspettativa di vita.

Quasi subito sono stati però introdotti correttivi alla riforma e lasciate in vigore norme transitorie e deroghe per specifiche categorie di lavoratori.

I dati INPS riportano perciò un’età media degli attuali pensionati italiani pari a 74,1 anni, con una differenza tra i generi di 4,7 anni (71,5 anni per gli uomini e 76,2 anni per le donne).

Oggi, dopo le promesse dei partiti in campagna elettorale, si studia una nuova riforma, sostenibile per le finanze pubbliche, in grado di superare la Fornero e consentire a tutti di anticipare la pensione. Dopo gli incontri con i sindacati del 19 gennaio e 9 febbraio, il Governo è ancora alla ricerca di una soluzione condivisa che consenta di rispettare le promesse fatte.

Tra le ipotesi sul tavolo:

  • quota 41, ossia la pensione con 41 anni di contributi versati, a prescindere dall’età. Da sempre cavallo di battaglia della Lega, questa misura sembra però difficile da approvare per il prossimo anno perché ritenuta da Bruxelles troppo costosa e rischiosa per i precari equilibri del bilancio italiano;
  • la proroga ulteriore di Opzione Donna e delle regole in vigore nel 2022: si chiede di estendere a tutte le donne i requisiti di accesso (58/59 o 60 anni e 35 di contributi versati) a prescindere dal numero dei figli e dalle condizioni di fragilità legate all’invalidità o allo stato di disoccupazione;
  • la proroga di quota 103 al 2024 e dunque la pensione anticipata con 62 anni di età e 41 di contributi;
  • la proroga di Ape Sociale ai prossimi anni o la sua trasformazione in misura strutturale;
  • il rilancio della previdenza integrativa, con nuovi vantaggi fiscali che potrebbero essere inseriti già nel prossimo Documento di Economia e Finanza;
  • l’allargamento della categoria dei lavori usuranti.

Negli ultimi giorni sembra però farsi strada l’ipotesi di quota 41, come obiettivo da centrare entro il termine della legislatura. Si parla di inserire nei prossimi provvedimenti legislativi una miniriforma centrata sul rilancio delle pensioni integrative, sull’allargamento della categoria dei lavori usuranti e forse su un ritorno al passato per Opzione Donna, come chiedono a gran voce i sindacati.

Ma il sogno per i sindacati resta la pensione a 61 o 62 anni per tutti e quella di garanzia per i giovani, un sogno però difficile da realizzare alla luce delle vicende francesi e del rigore imposto dall’Unione Europea.

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