Riforma Irpef 2021, la flat tax resta in cima alla lista dei desideri

Rosy D’Elia - Irpef

Riforma Irpef 2021, la flat tax rimasta irrealizzata dopo il primo governo Conte resta in cima alla lista dei desideri per il 43% dei lettori di Informazione Fiscale che hanno partecipato al sondaggio sul modello da adottare. La seconda scelta è il sistema tedesco con aliquota continua, opposto al primo.

Riforma Irpef 2021, la flat tax resta in cima alla lista dei desideri

Riforma Irpef 2021, progetto irrealizzato del primo governo Conte e di altre coalizioni ormai archiviate, la flat tax resta la formula da adottare per la revisione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche per il 43% dei lettori che hanno partecipato al sondaggio condotto sul tema.

La definizione di un nuovo sistema Irpef era atteso ad aprile dello scorso anno, riprendendo la tabella di marcia indicata dal Ministro dell’Economie e delle Finanze Roberto Gualtieri esattamente un anno fa. A sconvolgere piani e lista di priorità è arrivata, poi, l’emergenza coronavirus.

Nel frattempo alla crisi sanitaria si è aggiunta quella politica, ma il dibattito sul tema si riaccende e si passano a rassegna i diversi modelli possibili guardando anche ad altri paesi Europei: la tassazione piatta è stata inserita da Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate, tra le tre proposte da cui partire durante l’audizione sul tema che si è svolta l’11 gennaio 2021 presso le Commissioni Finanze di Camera e Senato e resta per molti contribuenti la prima scelta.

Riforma Irpef 2021, la flat tax resta in cima alla lista dei desideri

La flat tax su cui dovrebbe poggiare le basi la riforma Irpef 2021, così come definita dal direttore delle Entrate, prevede una formula che dovrebbe abbracciare tutti i redditi su una base imponibile ampia il più possibile e includere in un reddito minimo esente gran parte delle deduzioni, detrazioni, crediti e bonus, senza tradire il principio della progressività previsto dalla nostra Costituzione.

La tassa piatta per definizione tende a semplificare la tassazione prevedendo un numero minore di aliquote e riducendo per forza di cose la progressività.

Coniugare i due aspetti è una sfida non da poco, anche solo sulla carta. La difficoltà, poi, raggiunge livelli massimi, se si considera la vastità e la diversità della platea dei soggetti Irpef: 41 milioni di contribuenti con un reddito di 880 miliardi di euro e 194 miliardi di imposta versata.

In ogni caso per la maggioranza dei lettori di Informazione Fiscale che hanno partecipato al sondaggio sul tema è la formula da adottare:

  • il 43% individua la flat tax come il punto di partenza migliore per la riforma Irpef 2021;
  • il 35% sceglie il modello tedesco, l’esatto opposto: un sistema ad aliquota continua, ovvero capace di calcolare, tramite un algoritmo, l’aliquota esatta da applicare sul totale della base imponibile non suddivisa per scaglioni, come accade adesso;
  • mentre solo il 17% propende per il modello spagnolo con un riconoscimento a tutte le famiglie di un reddito minimo esente, in base alla composizione della famiglia, a cui non applicare l’imposta con una progressività garantita esclusivamente da aliquote e scaglioni.

E c’è anche chi boccia i tre modelli proposti da Ernesto Maria Ruffini: il 5% dei lettori propenderebbe per una quarta alternativa.

Riforma Irpef 2021, la flat tax come strategia di semplificazione

A prescindere dalla fonte di ispirazione per avviare la riforma Irpef 2021, la necessità di una revisione è forte e non si può che migliorare: stando ai dati del Tax Competitiveness Index pubblicato a ottobre 2020, nel complesso il sistema fiscale italiano risulta il meno competitivo e neutrale dei 36 paesi OCSE analizzati, dopo Cile e Polonia.

La penisola risulta l’ultima voce della lista, retrocedendo di due posizioni rispetto al 2019.

Più nello specifico per quanto riguarda il sistema della tassazione sul reddito delle persone fisiche, l’Italia si trova alla posizione numero 33. Mentre la Germania e la Spagna che il direttore Ruffini ha individuato come potenziali modelli a cui ispirarsi risultano rispettivamente al venticinquesimo e al sedicesimo posto.

Sempre nello stesso report sulla competitività fiscale si legge che per essere in regola con l’IRPEF un cittadino impiega in media circa 169 ore, circa una settimana. Un tempo che va ben oltre il doppio della media OCSE, pari a 66 ore.

E forse è proprio in questo dato che va ricercata la ragione di una vittoria schiacciante della flat tax: l’esigenza primaria è la semplificazione del sistema.

Sul punto concordano addetti ai lavori e politici di appartenenza diversa, ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e un fisco semplice, di cui ha parlato spesso negli ultimi mesi anche il ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri, fa fatica a prendere forma.

Così come la stessa flat tax, che dal primo al secondo governo Conte è rimasta irrealizzata.

Riforma Irpef 2021, verso la flat tax mai realizzata?

Nel contratto di governo firmato nel 2018 da Lega e Movimento 5 Stelle, la tassazione piatta rappresentava uno dei pilastri dell’accordo e una delle misure promosse dai lettori di Informazione Fiscale: a maggio 2019 il 46% dei partecipanti a un sondaggio sull’utilizzo delle risorse dello Stato individuava la flat tax e la revisione del sistema Irpef come priorità, prima dei quota 100 e del reddito di cittadinanza.

La tassazione piatta disegnata nel contratto di governo veniva descritta come “una riforma fiscale caratterizzata dall’introduzione di aliquote fisse, con un sistema di deduzioni per garantire la progressività dell’imposta, in armonia con i principi costituzionali. In particolare, il nuovo regime fiscale si caratterizza come segue: due aliquote fisse al 15% e al 20% per persone fisiche, partite IVA, imprese e famiglie; per le famiglie è prevista una deduzione fissa di 3.000,00 euro sulla base del reddito familiare”.

Con la Legge di Bilancio 2019, era stato fatto un primo passo avanti: aveva preso forma un particolare modello di flat tax con l’estensione del regime forfettario fino a 100.000 euro, introducendo la possibilità di applicare un’aliquota del 20% per lo scaglione di reddito dai 65.001 ai 100.000 euro.

Ma il modello che doveva vedere la luce nel 2020 è rimasto inapplicato dal momento che nell’estate del 2019 l’esperienza di governo giallo verde si è conclusa. La tassazione piatta non è rientrata nelle priorità della nuova coalizione.

E proprio adesso che, dopo lo stallo determinato dalla pandemia, la riforma Irpef è tornata in cima alle priorità, la coalizione di governo sta vivendo una nuova crisi: la possibilità che la flat tax diventi il punto di partenza di una revisione del sistema fiscale e la revisione stessa del sistema dipenderà anche dalla squadra che sarà al timone nei prossimi mesi. Ancora una volta per la revisione del sistema di tassazione sul reddito delle persone fisiche il futuro ha i confini incerti.

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