Licenziamenti, eliminata la possibilità di revoca con la conversione del DL Agosto

Rosy D’Elia - Leggi e prassi

Licenziamenti, eliminata la possibilità di revoca nella legge di conversione del DL Agosto: soppresso il comma 4 dell'articolo 14 che dispone la proroga del blocco. Le regole hanno vita breve: orientarsi diventa sempre più complicato e aumenta il rischio di una disparità di trattamento.

Licenziamenti, eliminata la possibilità di revoca con la conversione del DL Agosto

Licenziamenti, eliminata la possibilità di revoca dal testo del Decreto Agosto: novità nella legge di conversione per l’articolo 14 che proroga le disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo.

la possibilità di fare un passo indietro sul recesso del contratto scegliendo la via della cassa integrazione con causale covid 19 per i datori di lavoro era stata introdotta in prima battuta dal Decreto Rilancio solo per il periodo dal 23 febbraio al 17 marzo 2020.

Il Decreto numero 104 del 14 agosto 2020 l’aveva estesa a tutto il 2020: a distanza di due mesi la legge di conversione elimina totalmente la possibilità di revocare il licenziamento utilizzando la CIG.

La marcia indietro totale su alcuni aspetti che regolano i rapporti tra datore di lavoro e lavoratore in questo periodo di emergenza coronavirus non è un caso isolato e genera disparità di trattamenti e difficoltà nell’orientarsi nel panorama di norme e diritti, già complicato di per sé.

Licenziamenti, eliminata al revoca per coronavirus con la conversione del DL Agosto

Dal Decreto numero 104 del 14 agosto 2020 alla legge di conversione approvata il 12 ottobre 2020, l’articolo 14, Proroga delle disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo, ha perso l’ultima parte.

Nella versione definitiva del provvedimento risulta soppresso il comma 4, che prevedeva la possibilità per il datore di lavoro di procedere con la revoca dei licenziamenti optando per la cassa integrazione per coronavirus.

Nel testo si leggeva:

“Il datore di lavoro che, indipendentemente dal numero dei dipendenti, nell’anno 2020, abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, può, in deroga alle previsioni di cui all’articolo 18, comma 10, della legge 20 maggio 1970, n. 300, revocare in ogni tempo il recesso purché contestualmente faccia richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale, di cui agli articoli da 19 a 22-quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento. In tal caso, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza di continuità, senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro”.

La possibilità di procedere con la revoca del licenziamento utilizzando la cassa integrazione è stata introdotta a maggio in maniera parziale dal Decreto Rilancio, ad agosto era arrivata l’estensione a tutto il 2020 che ora sfuma.

Il Decreto Agosto, infatti, aveva allargato a tutto l’anno 2020 questa via percorribile inizialmente, secondo le regole previste dal comma 1 bis dell’articolo 46 del DL Cura Italia aggiunto dal DL Rilancio, solo per i licenziamenti avvenuti dal 23 febbraio 2020 al 17 marzo 2020.

Dopo che nei mesi estivi è stata ampliata la portata della misura, con l’entrata in vigore della legge di conversione si fa un passo indietro.

Licenziamenti, eliminata al revoca per coronavirus con la conversione del DL Agosto

In questi mesi di emergenza coronavirus spesso le regole a cui datori di lavoro e lavoratori devono attenersi nascono e muoiono poco dopo, definendo un panorama intricato e in piena evoluzione in cui è difficile orientarsi.

Il dietrofront sulla revoca dei licenziamenti, giusto o sbagliato che sia, non è un caso isolato. E ne riporta alla memoria un altro con tempi di vita ancora più brevi: la proroga automatica dei contratti a tempo determinato.

Il Decreto Rilancio viene approvato il 19 maggio 2020, nella legge di conversione del 17 luglio 2020 all’articolo 93 Disposizione in materia di proroga o rinnovo di contratti a termine si aggiunge il comma 1 bis:

“Il termine dei contratti di lavoro degli apprendisti di cui agli articoli 43 e 45 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, e dei contratti di lavoro a tempo determinato, anche in regime di somministrazione, è prorogato di una durata pari al periodo di sospensione dell’attività lavorativa, prestata in forza dei medesimi contratti, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”.

Il passaggio normativo viene, poi, subito abrogato dal Decreto Legge numero 104 del 14 agosto 2020: la proroga automatica dura meno di un mese.

Ogni comma, anche il più accessorio all’apparenza, ha un impatto tangibile sui rapporti tra datore di lavoro e lavoratore ancor di più in questo periodo delicato di emergenza coronavirus, e la continua riscrittura oltre a determinare una difficoltà di orientamento tra le regole genera, per forza di cosa, una continua disparità di trattamento, anche a parità di condizioni.

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