Rapporto Istat 2020, i dati sul lavoro: crescono le disuguaglianze

Tommaso Gavi - Lavoro

Rapporto Istat 2020, i dati del mercato del lavoro fotografano la crescita delle disuguaglianze a livello territoriale, generazionale e per titolo di studio. Pesano gli effetti del Coronavirus: nel futuro un'impresa su tre con problemi di liquidità.

Rapporto Istat 2020, i dati sul lavoro: crescono le disuguaglianze

Rapporto Istat 2020, nella mattinata di oggi, 3 luglio, è stato presentato il nuovo rapporto a Palazzo Montecitorio.

Il “Rapporto annuale 2020. La situazione del Paese” è stato illustrato dal presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo.

Presenti il presidente della Camera Roberto Fico, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

A differenza dei precedenti documenti, alla produzione tradizionale e sono state aggiunte informazioni relative alle famiglie ed alle imprese.

Centrale il focus sul mondo del lavoro, duramente colpito dagli effetti dell’emergenza Coronavirus: crescono le disuguaglianze a livello territoriale, generazionale e per titolo di studio rispetto al 2008.

L’Istituto presenta alcuni dei possibili scenari futuri con un’impresa su tre con problemi di liquidità.

Rapporto Istat 2020, i dati sul lavoro: crescono le disuguaglianze

Il rapporto Istat 2020, che è stato presentato nella mattinata del 3 luglio, mostra una fotografia del mondo del lavoro in cui crescono le disuguaglianze a livello territoriale, generazionale e per titolo di studio, rispetto al 2008.

Istat - Rapporto annuale, presentato a Montecitorio il 3 luglio 2020.
Rapporto annuale 2020. La situazione del Paese.

La nuova pubblicazione illustrata dal presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo non si limita a fornire la produzione tradizionale di statistiche ma aggiunge informazioni dettagliate relative a famiglie ed imprese.

La mobilità sociale, le disuguaglianze di genere e generazionali e l’evoluzione del mercato del lavoro sono particolarmente importanti per comprendere il tessuto colpito dalla crisi legata all’emergenza epidemiologica.

Il documento è suddiviso in 5 capitoli:

  • capitolo 1, il quadro economico e sociale;
  • capitolo 2, sanità e salute di fronte all’emergenza Covid-19;
  • capitolo 3, mobilità sociale, diseguaglianze e lavoro;
  • capitolo 4, il sistema delle imprese elementi di crisi e resilienza;
  • capitolo 5, criticità strutturali come possibili leve della ripresa: ambiente conoscenza, permanente bassa fecondità.

IL terzo capitolo è quello che si concentra sul mondo del lavoro, evidenziandone le disuguaglianze.

In apertura si sottolinea che:

“La pandemia da COVID-19 si è innestata su una situazione sociale caratterizzata da forti disuguaglianze, più ampie di quelle esistenti al momento della crisi del 2008-2009.”

La classe sociale influisce sulle opportunità degli individui. Per la generazione più giovane tale evoluzione non ha portato effetti positivi in quanto è stata accompagnata da un downgrading della collocazione e della diminuzione delle probabilità di ascesa sociale. In altre parole sono stati fatti dei passi indietro.

Il rapporto rende noto che il mercato del lavoro mostra un aumento delle diseguaglianze territoriali, generazionali e legate al titolo di studio rispetto all’anno 2008.

La riduzione delle disuguaglianze di genere, dato apparentemente positivo, sarebbe invece collegato principalmente al peggioramento della situazione occupazionale degli uomini.

Le categorie che risentono maggiormente della bassa qualità del lavoro sono le donne, i giovani e i lavoratori del Mezzogiorno.

Per queste categorie si riscontrano:

  • retribuzioni inferiori alla media;
  • elevati rischi di perdita del lavoro;
  • alto livello di segregazione occupazionale.

Il lavoro irregolare è un altro tema su cui i dati sono tutt’altro che positivi. Il rapporto sottolinea che:

“Il numero di famiglie coinvolte è elevato: si stima che siano circa 2,1 milioni quelle che hanno almeno un occupato irregolare – oltre 6 milioni di individui, pari al 10 per cento della popolazione – e che ben la metà di esse includa esclusivamente occupati non regolari.”

Con l’emergenza Coronavirus un altro tema che è stato approfondito è quello dello smart working.

Prima interessava solo un milione e 300 mila occupati, i quali avevano usato la propria casa come luogo principale o secondario/occasionale di lavoro.

Tuttavia il numero dei lavoratori che esercitano professioni in grado di consentire il lavoro agile sono almeno 7 milioni.

Il rapporto sottolinea che:

“Anche a emergenza conclusa, il lavoro a distanza potrà rappresentare uno strumento potente per ottimizzare tempi lavorativi, ridurre costi ed effetti ambientali. In questa prospettiva le competenze digitali si accreditano come fattore cruciale per aumentare la velocità di adattamento del nostro mercato del lavoro e ridurre i rischi di disoccupazione e segmentazione.”

Rapporto Istat 2020, i dati sul lavoro: il possibile scenario futuro delle imprese

Il rapporto annuale Istat 2020 fornisce un’analisi dettagliata anche sulle imprese.

Oltre a presentare una fotografia del passato, viene prospettato un possibile scenario futuro.

L’emergenza Coronavirus si è inserita in un momento in cui l’economia italiana mostrava segnali di indebolimento ciclico, a partire dagli anni 2018 e 2019.

Il quadro fotografato a livello macroeconomico mostra profonde differenziazioni.

Il quarto capitolo del documento si apre con un approfondimento del quadro strutturale del sistema delle imprese.

Nel rapporto viene inoltre presentato un esercizio di simulazione basato sull’utilizzo delle tavole internazionali delle relazioni intersettoriali che prova a fornire la stima, per ciascun settore produttivo, della caduta del valore aggiunto durante il periodo delle restrizioni di marzo ed aprile.

Nella seconda parte del capitolo sono analizzati i mutamenti della struttura produttiva e gli effetti del ciclo economico.

Le decisioni strategiche delle imprese, infatti, incidono sulla solidità economico-finanziaria del Paese.

Partendo da tali presupposti viene fornito un nuovo esercizio di simulazione sulla stima dell’impatto diretto del crollo dell’attività sulla liquidità aziendale.

Il rapporto mette in evidenza che:

“emerge come particolare fattore di rischio che un terzo delle imprese a più elevata performance economica presenti segnali di grave carenza di liquidità, un elemento che potrebbe condizionare in misura significativa la resilienza e il potenziale di crescita di ampi segmenti del sistema produttivo italiano.”

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