Occupazione, dati INPS: più di 5 milioni di persone assunte nei primi nove mesi del 2021

Sacha Malgeri - Leggi e prassi

Occupazione: i dati dell'Osservatorio Precariato dell'INPS rilevano una crescita delle assunzioni del 19 per cento tra gennaio e settembre 2021. Numeri in aumento per tutte le tipologie di contratto, in particolare per i contratti di somministrazione e quelli di tipo stagionale.

Occupazione, dati INPS: più di 5 milioni di persone assunte nei primi nove mesi del 2021

Occupazione: l’INPS ha pubblicato online i dati dell’Osservatorio sul precariato riguardanti le assunzioni ed i tipi di contratto utilizzati in Italia nei rapporti di lavoro stipulati nei primi 9 mesi del 2021.

Stando ai dati dell’Istituto, nel periodo di riferimento che va da gennaio a settembre, i datori di lavoro hanno assunto 5.265.000 persone. Si tratta di un aumento del 19 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Sono aumentate, però, anche le cessazioni: più 7 per cento rispetto al 2020.

La crescita ha coinvolto tutti i tipi di contratto. Ma, stando ai dati, sono i contratti meno stabili ad avere avuto l’incremento maggiore, in particolare quelli di somministrazione e di tipo stagionale. Le altre tipologie hanno registrato crescite più contenute.

INPS - Comunicato stampa del 16 dicembre 2021
Osservatorio sul precariato: pubblicati i dati di settembre 2021.

Occupazione, dati INPS: più di 5 milioni di persone assunte nei primi nove mesi del 2021

I dati INPS mostrano una tendenza positiva per quanto riguarda le assunzioni dei privati. Le assunzioni tra gennaio e settembre 2021 ammontano a 5.265.000 unità, con un incremento più marcato osservato nel mese di marzo.

Nel rapporto dell’Istituto troviamo un focus su quali tipologie di contratto sono stati stipulati nel corso dell’anno:

  • i contratti di somministrazione e stagionali sono le tipologie che hanno registrato una crescita maggiore, rispettivamente del 32 e 31 per cento;
  • subito dopo ci sono i contratti di apprendistato, cresciuti del 22 per cento rispetto ai primi nove mesi del 2020. Aumentano anche i rapporti di apprendistato confermati dopo la scadenza del periodo formativo (più 20 per cento);
  • i contratti a tempo determinato crescono del 18 per cento, mentre quelli intermittenti aumentano del 14 per cento;
  • infine, i contratti a tempo indeterminato sono la tipologia che ha visto l’incremento minore: più 8 per cento.

Le trasformazioni dei contratti determinati in indeterminati, invece, hanno visto una flessione. I dati INPS rilevano un calo dell’11 per cento. In termini assoluti, ci sono state 339.000 trasformazioni nei primi nove mesi dell’anno. L’INPS specifica che “dal secondo trimestre 2021 si registrano comunque variazioni sempre positive”.

In generale, in Italia ci sono state 1.457.000 attivazioni di contratti a tempo indeterminato tra gennaio e settembre 2021. Di queste, “quelle agevolate risultano 541.000, con un’incidenza pari al 37 per cento”. 202.000 hanno beneficiato della decontribuzione per il Sud, mentre altri 21.522 rapporti di lavoro “hanno usufruito dei benefici previsti dall’esonero triennale strutturale per le attivazioni di contratti a tempo indeterminato di giovani fino a 35 anni (legge n. 205/2017)”.

Si tratta di un numero in forte riduzione: meno 65 per cento rispetto all’anno precedente. Questa dinamica è dovuta all’introduzione dell’esonero per nuove assunzioni e trasformazioni a tempo indeterminato di giovani istituto con la legge n. 178/2020.

Passando alle classi dimensionali, sono le aziende con 100 e più dipendenti ad aver registrato il maggior numero di assunzioni nel “terzo trimestre del 2021” per quanto riguarda tutte le tipologie di contratto. Le tipologie orarie hanno quasi sempre interessato le prestazioni a tempo pieno.

Occupazione, dati INPS: a quanto ammontano le cessazioni

Nei primi nove mesi del 2021, però, sono aumentate anche le cessazioni dei rapporti di lavoro. I dati INPS parlano, complessivamente, di 4.452.000 cessazioni, un aumento del 7 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Per quanto riguarda le tipologie di contratto coinvolte nelle cessazioni, quasi tutte hanno registrato degli incrementi durante il 2021. In particolare, sono i contratti di somministrazione (più 22 per cento) e di apprendistato (più 19 per cento) a registrare gli aumenti più significativi. Le cessazioni dei contratti a tempo indeterminato salgono di 13 punti percentuali, mentre quelle dei contratti stagionali aumentano di 11 punti.

Le uniche tipologie di contratto a registrare delle flessioni a riguardo sono i contratti intermittenti: meno 10 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020. Sono rimaste quasi stabili, invece, le cessazioni dei contratti a tempo determinato, scese dell’1 per cento.

Su questo dato ha influito molto il blocco dei licenziamenti, e la sua successiva eliminazione. Dal 1 luglio, leggiamo nel rapporto, “per i comparti industriali con esclusione del tessile-abbigliamento-calzature (TAC) sono cadute le restrizioni ai licenziamenti”, che erano state attivate nella primavera del 2020. Ed è proprio da luglio che nell’industria, esclusi i settori TAC, “il numero di licenziamenti registrati si è significativamente avvicinato al livello del 2019 (da un rapporto continuo, per i mesi precedenti, attorno al 20-30% si è saliti all’80%)” .

Per quanto riguarda il tema della Cassa Integrazione, l’Istituto spiega come a marzo i lavoratori in Cig risultassero “ancora poco meno di 2 milioni con una media pro capite di 75 ore (nel mese osservato)”. Il processo di riassorbimento di questi lavoratori ha portato, a settembre, a raggiungere il livello di 550.000 unità, con una media di 69 ore pro-capite.

Occupazione, dati INPS: la consistenza dei rapporti di lavoro

Tra i vari dati analizzati, L’INPS ha messo a disposizione il saldo annualizzato, cioè la differenza tra assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi.

Se nella primavera del 2020, in concomitanza con la fase più acuta della pandemia, e nell’autunno inverno 2020-2021, l’Istituto ha registrato degli andamenti negativi, il saldo annualizzato ha “segnalato un continuo recupero” a partire da marzo scorso.

A giugno 2021, infatti, “si sono registrate 694.000 posizioni di lavoro in più rispetto al giugno 2020”, una crescita confermata nei mesi successivi. A settembre, infatti, ci sono state 557.000 nuove assunzioni, con un saldo positivo che riguarda tutte le tipologie di contratto. Nello specifico, “per il tempo indeterminato la variazione positiva risulta pari a 173.000 unità mentre per l’insieme delle altre tipologie contrattuali la variazione complessiva è pari a 384.000 unità”.

L’INPS, tra le altre cose, fa un confronto con i dati di settembre 2019, cioè con una situazione pre-pandemica. Anche in questo caso, l’Ente registra un saldo positivo per le varie tipologie contrattuali. Gli indeterminati sono cresciuti di 366.000 unità, mentre tutti gli altri tipi vedono un aumento di 179.000 posti.

Questi dati mostrano come si sia stato “il pieno recupero della perdita che era stata registrata tra settembre 2020 e settembre 2019 (-205.000)”, precisa l’INPS.

Per quanto riguarda i Contratti di Prestazione Occasionale (CPO), l’Ente registra a settembre 2021 una diminuzione dell’8 per cento rispetto al 2020. In termini assoluti si tratta di 15.000 lavoratori che hanno stipulato questi tipi di contratto a settembre 2021. L’importo medio mensile lordo della remunerazione si attesta sui 244 euro.

Sono aumentati, invece, i lavoratori pagati con i titoli del Libretto Famiglia. In questo caso, si tratta di 12.000 unità, un aumento del 16 per cento rispetto a settembre 2020, con una importo medio mensile lordo di 178 euro.

Passiamo ora alle differenze per settori produttivi. Secondo il rapporto dell’Istituto è il settore delle costruzioni a dare il contributo più significativo alla crescita: più 150.000 posti di lavoro rispetto a settembre 2019. Al secondo posto troviamo il terziario professionale, con un aumento di 107.000 posizioni lavorative. Infine, il commercio ha portato 91.500 nuove assunzioni rispetto al periodo precedente alla pandemia.

Altri settori, invece, hanno registrato delle tendenze negative, dovuti alla contrazione delle posizioni di lavoro con contratto a tempo indeterminato. In particolare, i settori ad avere sofferto di più sono il comparto alberghiero e della ristorazione, che ha perso 19.000 posti di lavoro rispetto ai livelli pre-pandemici.

A seguire troviamo il settore tessile, dell’abbigliamento e delle calzature, che ha registrato una diminuzione di 12.000 posti di lavoro rispetto al 2019. Anche il settore finanziario e delle assicurazioni è stato colpito da questa contrazione, perdendo 10.000 posti di lavoro. Infine, il settore culturale e dell’intrattenimento vede una diminuzione di 3.500 posti di lavoro.

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