Mansioni superiori: quando il datore di lavoro ha l’obbligo di promozione?

Eleonora Capizzi - Lavoro

Mansioni superiori: il datore di lavoro ha l'obbligo di promozione del dipendente che svolge un'attività lavorativa riferita ad un grado e una qualifica più alti. Questo è il principio generale confermato dall'ordinanza della Cassazione numero 2972 dell'8 febbraio 2021 che ha riepilogato le regole per l'inquadramento del lavoratore subordinato.

Mansioni superiori: quando il datore di lavoro ha l'obbligo di promozione?

Mansioni superiori: il lavoratore subordinato che svolge un’attività relativa ad un inquadramento più alto deve ottenere una promozione.

Questo è il principio generale, confermato anche dalla recente pronuncia della Corte di Cassazione numero 2972 dell’8 febbraio 2021.

La pronuncia ha di fatto riepilogato il procedimento logico-giuridico che il giudice deve compiere quando, nelle cause di lavoro, deve giudicare sull’inquadramento di un dipendente.

Si tratta di un percorso composto da tre fasi successive attraverso il quale il magistrato può decidere o meno se le mansioni svolte appartengano ad un inquadramento superiore.

In caso di esito positivo, infatti, il datore di lavoro avrà l’obbligo di promuovere il proprio dipendente e di corrispondergli la retribuzione eventualmente eccedente.

Mansioni superiori: quando il datore di lavoro ha l’obbligo di promozione?

La Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 2972 dell’8 febbraio 2021 ha riproposto il principio secondo cui lavoratore subordinato, a cui sono stati assegnati compiti riferiti ad un inquadramento superiore, deve essere promosso.

Quando, però, si può dire che tali compiti attengano ad un lavoratore di gradi e qualifiche più elevati?

La risposta non è così semplice, tant’è vero che la giurisprudenza della Suprema Corte, per aiutare i giudici a decidere su queste questioni, ha dovuto elaborare il citato procedimento logico-giuridico in tre fasi che, in estrema sintesi, si articola nel modo seguente:

  • il giudice deve prima di tutto accertare quali sono le attività lavorative che il dipendente ha concretamente svolto (a tal fine sono necessarie prove e testimonianze);
  • in seconda battuta deve individuare le qualifiche e i gradi previsti dal contratto collettivo di categoria applicabile nel caso concreto;
  • in ultimo deve confrontare quanto ha accertato nella prima fase con quanto previsto dalla contrattazione collettiva.

Se dall’ultimo raffronto si evidenzia uno squilibrio tra mansioni svolte e inquadramento stabilito dalla contrattazione collettiva, il giudice dovrà necessariamente obbligare il datore di lavoro a promuovere il dipendente e a corrispondergli lo stipendio corrispondente.

Mansioni superiori: il caso specifico dell’ordinanza numero 2972 dell’8 febbraio 2021

Come di consueto, l’ordinanza dell’8 febbraio prende le mosse da un caso concreto che costituisce un valido esempio per capire come opera il giudice nel pronunciarsi in favore o meno di una promozione.

Nella vicenda in esame, infatti, il magistrato nel provvedimento impugnato aveva richiamato il livello di inquadramento della lavoratrice parte del giudizio e aveva individuato le mansioni a questo riservate.

Subito dopo, come emerso dalle acquisizioni probatorie, aveva identificato le mansioni realmente svolte dalla donna, scoprendo che non erano quelle previste dal CCNL di settore ma che, anzi, erano riferite ad una qualifica superiore.

Il giudice territoriale, dunque, ha condannato il datore di lavoro all’assegnazione della lavoratrice all’inquadramento effettivo e al pagamento, oltre che delle spese processuali, di 5.000 euro a titolo di compensi professionali.

La Cassazione, pertanto, confermando la sentenza di merito impugnata, si è espressa nei termini seguenti:

“(...) è consolidato l’insegnamento di questa Corte secondo cui l’accertamento della natura delle mansioni concretamente svolte dal dipendente, ai fini dell’inquadramento del Medesimo in una determinata categoria di lavoratori, una volta rispettato - così come nella specie - costituisce giudizio di fatto riservato al giudice del merito ed è insindacabile, in sede di legittimità, se sorretto da congrua motivazione”.

Per ogni ulteriore dettaglio e per i riferimenti giurisprudenziali si rimanda al testo integrale dell’ordinanza.

Corte di Cassazione - ordinanza numero 2972 dell’8 febbraio 2021
Scarica l’ordinanza della cassazione su inquadramento lavoratore e procedimenti trifasico

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