Imposta di successione: no al coacervo “successorio”, sì a quello “donativo”

Emiliano Marvulli - Imposta sulle successioni e sulle donazioni

Determinazione dell'imposta di successione e donazione: l'Agenzia delle Entrate ha fornito indicazioni sull'istituto del coacervo. Negli ultimi anni, infatti, si è consolidato un orientamento secondo cui il coacervo “successorio” deve ritenersi implicitamente abrogato, a differenza del coacervo “donativo”

Imposta di successione: no al coacervo “successorio”, sì a quello “donativo”

Ai fini della determinazione dell’imposta di successione il coacervo “successorio”, ossia la riunione fittizia del valore delle donazioni effettuate in vita dal de cuius a favore dell’erede, deve ritenersi implicitamente abrogato.

Permane, invece, il coacervo “donativo” che tuttavia non deve essere applicato con riferimento alle donazioni poste in essere nel periodo in cui la disciplina sulle imposte di donazione e successione risultava abrogata, ossia dal 25 ottobre 2001 al 29 novembre 2006.

Determinazione dell’imposta di successione e donazione: i riferimenti normativi

Con la Circolare n. 29 del 19 ottobre 2023 l’Agenzia delle Entrate ha fornito queste importanti indicazioni sull’istituto del “coacervo”, allineandosi con una serie di decisioni della Corte di cassazione contrarie alla posizione espressa dall’Agenzia delle Entrate nei documenti di prassi pubblicati fino ad oggi.

Per comprendere appieno le questioni in esame è opportuno precisare che la disciplina dell’imposta di successione e donazione è stato oggetto di importanti vicende che ne hanno condizionato l’applicazione.

L’imposta, introdotta dal D.Lgs. 346/1990 (cd. TUSD), prevedeva originariamente un sistema di aliquote progressive a scaglioni nel senso che, per la sua liquidazione, l’aliquota aumentava all’aumentare del valore globale netto dell’asse ereditario (art. 7) o del valore globale netto di tutti i beni e diritti donati (art. 56).

Il sistema è stato modificato dalla L. 342 del 2000 che, per quanto di interesse, ha determinato il passaggio da un sistema di aliquote progressive per scaglioni ad uno ad aliquote proporzionali con franchigia fissa e ha modificato le norme riguardanti il coacervo successorio e donativo di cui, rispettivamente, agli articoli 8 e 57 del TUSD.

A seguito della modifica, pertanto:

  • per quanto attiene alle successioni, il valore globale netto dell’asse ereditario è maggiorato, “ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell’art. 7, di un importo pari al valore attuale complessivo di tutte le donazioni fatte dal defunto agli eredi e ai legatari”;
  • all’art. 57, co. 1 per quanto riguarda l’imposta sulle donazioni, “il valore globale netto dei beni e dei diritti oggetto della donazione” è maggiorato di un importo pari al valore complessivo di tutte le donazioni, anteriormente fatte dal donante al donatario.

Come si vedrà più avanti, l’elemento dirimente della questione è che dall’art. 57 è stato espunto il riferimento “ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili”, che invece è rimasto nel coacervo successorio.

In ultimo si precisa che l’imposta sulle successioni e donazioni è stata soppressa dalla L. 383/2001, per poi essere reintrodotta dalla L. 262/2006.

In particolare, l’art. 2, co. 50 del D.L. n. 262/2006 ha stabilito che, per quanto non diversamente previsto dalle norme introdotte nel 2006, si applicano, ove compatibili, le disposizioni del TUS nel testo vigente al 24 ottobre 2001, ossia al giorno precedente l’entrata in vigore della legge n. 383 del 2001 la quale, all’articolo 13, aveva soppresso l’imposta sulle successioni e donazioni.

L’istituto del coacervo in ambito successorio

Secondo l’Agenzia delle Entrate, per determinare l’imposta di successione l’erede doveva sommare ai beni facenti parte dell’asse ereditario tutte le donazioni ricevute dal de cuius, attualizzate alla data di apertura della successione.

Come visto sopra, l’art. 8 del TUSD definisce il coacervo come istituto finalizzato alla sola determinazione delle aliquote applicabili.

Con la Circ. 3/E/2008 l’Agenzia delle Entrate sosteneva che, sebbene la norma prevedesse il cumulo del donatum con il relictum “al solo fine di determinare l’aliquota progressiva da applicare”, il coacervo dovesse applicarsi anche al sistema delle franchigie, con ciò ritenendo rilevanti tutte le donazioni effettuate in vita dal de cuius allo stesso beneficiario.

Negli ultimi anni si è consolidato un orientamento della giurisprudenza di legittimità, contrario alla posizione dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui il coacervo “successorio” deve ritenersi “implicitamente abrogato” per incompatibilità applicativa con il nuovo sistema delle “aliquote proporzionali”, introdotto dall’art. 69 della legge n. 342/2000, che ha superato il sistema delle “aliquote progressive per scaglioni”.

In altre parole, la stratificazione normativa sull’imposta di successione ha provocato l’abrogazione di fatto dell’obbligo di coacervo successorio, non più compatibile con l’attuale sistema dell’imposta di successione, che non è determinata in base ad aliquote progressive a scaglioni ma su base proporzionale, con franchigie variabili a seconda del gradi parentela de cuius-erede.

L’Agenzia delle Entrate ha preso quindi atto di tale unanime orientamento e ha dichiarato che, in ambito successorio, tale istituto non può più essere applicato né per determinare le aliquote, né ai fini del calcolo delle franchigie.

Il coacervo nell’imposta di donazione

In ambito donativo, l’istituto del coacervo è previsto dall’art. 57, co. 1 del D.Lgs. 346/1990 che, a differenza del citato art. 8, è applicato per determinare il “valore globale netto dei beni e dei diritti oggetto della donazione” (e non per la determinazione delle soppresse aliquote d’imposta).

In proposito, la richiamata circolare n. 3/E del 2008, al paragrafo 4.2, ha chiarito che:

“ai soli fini della fruizione delle franchigie, rileva la disposizione dell’articolo 57, comma 1, del TUS”

Precisando ulteriormente che gli atti pregressi rilevano a prescindere dal periodo nel quale siano stati stipulati, in quanto l’articolo 57, comma 1, del TUS, non opera distinzioni.

L’Agenzia delle Entrate sosteneva di considerare, ai fini della determinazione delle franchigie fruibili, sia gli atti stipulati nel periodo compreso tra il 25 ottobre 2001 (data di entrata in vigore della normativa che ha abrogato l’imposta sulle successioni e donazioni) e il 29 novembre 2006 (data di entrata in vigore del regime attuale), sia quelli precedenti al 25 ottobre 2001.

Con riferimento al coacervo “donativo”, si è consolidato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, conforme su questo con la posizione dell’Amministrazione finanziaria, secondo cui tale istituto continua ad operare in considerazione della vigente formulazione dell’articolo 57, comma 1, del TUSD.

In effetti, la norma è scritta in maniera diversa rispetto al citato art. 8 con l’effetto che il coacervo deve considerarsi applicabile anche dopo la riforma della legge n. 342 del 2000, limitatamente alla verifica dell’erosione delle franchigie.

Tuttavia la giurisprudenza di legittimità ha precisato che il coacervo “donativo” non deve comprendere le donazioni anteriori poste in essere in esenzione da imposta ovvero nel periodo (ottobre 2001 - novembre 2006) nel quale l’imposta di donazione non esisteva. Tale orientamento, iniziato con la Sent. 11677/2017, è stato successivamente ribadito dalla Suprema Corte con le pronunce n. 9617/2021, n. 40865/2021 e n. 5690/2023.

Anche su questo punto l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto di superare la precedente posizione espressa nella Circ. 3 del 2008 affermando, conformemente alla giurisprudenza della Corte di cassazione, che dall’istituto del coacervo “donativo” continua vanno escluse:

“le donazioni poste in essere tra il 25 ottobre 2001 e il 28 novembre 2006, periodo in cui la disciplina relativa all’imposta sulle successioni e donazioni risultava abrogata.”

In ragione del cambio di passo, l’Agenzia delle Entrate ha invitato le strutture territoriali a riesaminare le controversie pendenti concernenti la materia in esame e, qualora l’attività di liquidazione dell’ufficio sia stata effettuata secondo criteri non conformi, ad abbandonare la pretesa tributaria, con le modalità di rito e tenendo conto dello stato e del grado di giudizio.

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