Gender tax, è giusto favorire le donne? Lettrici e lettori si dividono

Rosy D’Elia - Fisco

Gender tax, è giusto e utile favorire le donne? Lettrici e lettori che hanno partecipato al sondaggio condotto dalla redazione di Informazione Fiscale si dividono. Il tema, dopo tutto, è controverso, come dimostrano anche le argomentazioni di chi sostiene la tassazione differenziata per genere, il suo ideatore Andrea Ichino, e di chi la critica, tra gli altri Carlo Cottarelli.

Gender tax, è giusto favorire le donne? Lettrici e lettori si dividono

Gender tax, è giusto e utile favorire le donne con una tassazione differenziata per genere per migliorare l’occupazione femminile e distribuire in modo più equo il carico di lavoro familiare? Lettrici e lettori si dividono.

La fetta di coloro che sono favorevoli è leggermente più ampia, ma non c’è una posizione che emerge con forza dalle risposte dei partecipanti al sondaggio condotto dalla redazione di Informazione Fiscale.

Il tema, dopo tutto, è controverso, come dimostrano anche le argomentazioni di chi la sostiene, il suo ideatore Andrea Ichino prima di tutto, e di chi la critica, tra gli altri Carlo Cottarelli.

Da un lato c’è chi sostiene che potrebbe essere una terapia d’urto utile hic et nunc, qui ed ora per dirla alla latina, una modalità per forzare il sistema e spingerlo alla parità come le quote rosa.

Dall’altro c’è chi sostiene che differenziare per genere sia poco adeguato e poco efficace, che si rischia l’incostituzionalità, che un intervenire solo sulla tassazione non basta.

Gender tax, è giusto favorire le donne? Lettrici e lettori si dividono

Sono passati quasi 15 anni da quando Andrea Ichino dell’European University Institut e Alberto Alesina della Harvard University hanno formulato la gender tax, una tassazione differenziata per genere. Non si è mai passati dalla teoria alla pratica, ma il dibattito sul tema è ancora vivo e non smette di dividere.

Obiettivo della proposta? Sovvertire i ruoli culturalmente radicati all’interno della famiglia e migliorare la distribuzione del carico familiare, facendo leva, con un intervento sul fisco, che possa rendere più conveniente il lavoro della donna.

Nell’abstract dello studio “Gender Based Taxation and the Division of Family Chores” si legge: “La tassazione basata sul genere (GBT) soddisfa il criterio ottimale di Ramsey tassando meno l’offerta di lavoro femminile più elastica”.

Per una tassazione che funzioni bisogna prevedere un’aliquota più alta per i beni meno elastici, come sono quelli di prima necessità, e più bassa per quelli più elastici, i beni di lusso. È questa la teoria a cui si fa riferimento.

Se applicata al lavoro dell’uomo e della donna, il primo diventa un bene di prima necessità da tassare in maniera più pesante perché meno esposto a variazioni e il secondo un bene di lusso da tassare in maniera più favorevole per stimolarne il consumo.

Ma sarebbe davvero così efficace un’agevolazione fiscale che prevede un’aliquota più bassa sul lavoro delle donne?

  • Il 52% delle lettrici e dei lettori che hanno partecipato al sondaggio sul tema ne è convinto;
  • Mentre il 48% non ritiene la tassazione differenziata per genere uno strumento utile.

Ma c’è anche chi si pone nel mezzo, come Nicola A.: “Dipende...dal lavoro svolto e retribuito”.

Effettivamente lo stesso Andrea Ichino, intervistato il 20 novembre 2020 da Informazione Fiscale, ha sottolineato la necessità di calibrare al meglio l’eventuale intervento in base a obiettivi specifici.

Appare difficile, infatti, anche stabilire in principio quanto dovrebbe essere più favorevole l’aliquota destinata alle donne:

“Non voglio azzardare affermazioni che riguardano cifre precise perché sono un economista che ama usare i dati e basare sui dati le proprie affermazioni.

Questo tipo di valutazioni vanno fatte nei contesti specifici di cui vogliamo parlare e in particolare dipendono dall’obiettivo che ci vogliamo proporre, cioè qual è l’obiettivo di riequilibrio che ne vogliamo ottenere”.

Gender tax, è giusto favorire le donne? Le diverse posizioni

Per il 48% dei lettori, però, l’ipotesi in ogni caso non è da prendere in considerazione. E c’è anche chi ne fa una questione esclusivamente femminile, chiedendosi: “Questa è la parità per cui hanno lottato tante donne?”, come Giuliana P.

Certamente la parità non può esprimersi con un trattamento di favore, appare quasi una contraddizione in termini. Ma potrebbe essere una “terapia d’urto”, o una delle terapie d’urto, per usare le parole dell’economista che l’ha formulata.

La questione posta dalla lettrice, però, apre uno spunto di riflessione più ampio sul tema: la gender tax non riguarda solo le donne e non nasce solo per migliorare l’occupazione femminile, l’obiettivo è anche quello di migliorare la distribuzione del carico familiare.

Ed è per questo che dal punto di vista di molti lo strumento più utile non può essere solo basato sul genere.

La pensa in questo modo anche Tania Stefanutto, dottore commercialista e autrice di uno studio sul tema. L’applicazione pratica della gender tax dovrebbe fare i conti con due ostacoli importanti:

  • considera solo la famiglia tradizionale, uomo e donna;
  • non fa distinzione tra le diverse situazioni ma riconosce un beneficio indistintamente a tutte le donne e non riuscirebbe a superare un vaglio costituzionale.

“Facciamo un esempio: abbiamo una coppia, marito e moglie con un figlio, avranno una certa tassazione, la donna inferiore e il marito superiore. Nella stessa situazione due uomini con un figlio e due donne con un figlio avranno una tassazione completamente diversa: i due uomini saranno penalizzati, le due donne saranno agevolate.

Il punto estremo si avrà con i single: la donna single sarà tassata meno di un uomo single a parità di capacità contributiva”.

Senza mezzi termini, infatti, il Direttore dell’Osservatorio conti pubblici italiani ed ex direttore del dipartimento Affari Fiscali del Fondo Monetario Internazionale Carlo Cottarelli boccia la proposta:

“Non la si può presentare come gender taxation perché sarebbe incostituzionale tassare in maniera diversa uomini e donne. Si può fare una cosa molto semplice: tassare di meno il secondo coniuge che entra nel mondo del lavoro.”.

Ma con la stessa convinzione l’economista Andrea Ichino sostiene che non la gender tax non incontra alcun ostacolo costituzionale sia perché la stessa Costituzione dice che “si deve intervenire quando ci sono disparità preesistenti, sia per il fatto che abbiamo un sacco di altri esempi in cui questo succede e nessun batte ciglio”.

Un esempio pratico? Il trattamento pensionistico. “Una donna e un uomo che abbiano avuto la stessa carriera lavorativa, la stessa produzione di reddito vanno in pensione a età diverse anche questa è una diversa modalità di trattamento in base al genere che potrebbe essere definita incostituzionale ma non lo è”.

Così come i lettori, gli addetti ai lavori dopo anni continuano a dividersi, è il segno di un tema ancora vivo e di un botta e risposta destinato a continuare, anche sulle pagine di Informazione Fiscale.

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