Diritto alla detrazione dell’IVA pur in assenza di dichiarazione

Anche in mancanza di dichiarazione annuale o periodica, il credito IVA va riconosciuto fino al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto, a patto che siano rispettati i requisiti sostanziali per poter fruire della detrazione: lo ha stabilito la Corte di Cassazione nell'Ordinanza numero 2919 del 2023

Diritto alla detrazione dell'IVA pur in assenza di dichiarazione

Con l’Ordinanza n. 2919 del 31 gennaio 2023 la Corte di cassazione ha affermato che, pur in mancanza di dichiarazione annuale o periodica, il credito IVA va riconosciuto dal giudice tributario fino al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto, a condizione che il contribuente abbia rispettato i requisiti sostanziali per poter fruire della detrazione, ossia che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili.

Diritto alla detrazione dell’IVA in assenza di dichiarazione: i chiarimenti della Corte di Cassazione

Il procedimento è stato originato dal ricorso proposto da una società per l’annullamento della cartella di pagamento, emessa a conclusione del controllo formale della dichiarazione annuale, con cui veniva recuperato un rimborso IVA, oltre sanzioni e accessori, per un errore materiale nella compilazione della dichiarazione.

Nello specifico la società ha dedotto di essere stata costituita quale società beneficiaria della scissione parziale della scissa, dalla quale era pervenuto l’originario credito IVA oggetto di rimborso.

La contribuente ha, quindi, dedotto che il credito in oggetto era sussistente e ha argomentato che il recupero dell’IVA era dovuto al fatto che nella dichiarazione non era stata fatta menzione della scissione parziale né del trasferimento alla beneficiaria del credito originariamente spettante alla scissa, precludendo all’Ufficio il collegamento dell’eccedenza di imposta alla originaria titolare (scissa) e al successivo trasferimento del credito alla beneficiaria.

Il ricorso proposto dalla contribuente è stato respinto dalla CTP mentre la CTR, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’appello proposto dalla società, ritenendo il credito esistente e che vi fosse stato un errore materiale nella compilazione della dichiarazione.

Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, accolto dalla Corte di cassazione con alcune importanti precisazioni.

Nel caso di specie, l’eccedenza di imposta oggetto di accertamento proviene dal riscontro di un errore materiale commesso dal contribuente.

Per l’occasione, il Collegio di legittimità ha confermato il consolidato orientamento per cui la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, sempreché risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario, se il contribuente ha rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione.

In tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, non può essere negato il diritto alla detrazione se risulti dimostrato in concreto, o non sia controverso, che si tratta di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili.

Tale principio è conforme alla costante giurisprudenza dell’Unione europea, secondo cui – pur nel rispetto del principio di neutralità - il diritto alla detrazione può essere esercitato anche oltre il periodo di imposta, purché ciò avvenga nel rispetto delle normative di diritto interno, non potendo il diritto di detrazione essere esercitato senza limiti di tempo.

In linea di principio, quindi, è corretto affermare che il diritto alla detrazione del credito IVA debba essere riconosciuto nel caso di violazione di requisiti formali, come in caso di mancata redazione delle dichiarazioni periodiche o di quella annuale, ove il contribuente dimostri, mediante fatture o altra idonea documentazione contabile, il rispetto dei requisiti sostanziali.

Tuttavia ciò è consentito purché detto diritto venga esercitato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello nel quale è sorto ai sensi dell’art. 8, comma 3, pro tempore, d.P.R. n. 322/1998.

Se ne deduce, pertanto, che il contribuente può legittimamente portare in detrazione l’eccedenza d’imposta pur in assenza della dichiarazione annuale finale, fino al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto, a condizione che siano rispettati i requisiti sostanziali per poter fruire della detrazione.

Nel caso in esame la CTR, pur correttamente affermando che non era in discussione che la società avesse dimostrato di avere diritto alla detrazione, non ha accertato in fatto che la dichiarazione non fosse stata depositata oltre il termine decadenziale del secondo anno successivo (secondo la formulazione della norma pro tempore) al momento in cui il diritto alla detrazione è sorto. Da qui la decisione di rinviare la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado in diversa composizione.

Corte di Cassazione - Ordinanza numero 2919 del 31 gennaio 2023
Il testo dell’Ordinanza della Corte di Cassazione numero 2919 del 31 gennaio 2023

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