Coronavirus e attività aperte: scontro sindacati, Governo, Confindustria

Stefano Paterna - Lavoro

I sindacati criticano il Dpcm del 22 marzo sui lavori essenziali e sulle attività aperte nonostante l'emergenza coronavirus. Troppi comparti inseriti nel provvedimento, dai call center al commercio all'ingrosso. Sono già in atto scioperi nel settore metalmeccanico, mentre per il 25 marzo è previsto lo sciopero generale nazionale da parte dell'Usb. Per il presidente di Confindustria, al contrario, l'attuale decreto farà perdere 100 miliardi al mese alle imprese.

Coronavirus e attività aperte: scontro sindacati, Governo, Confindustria

Coronavirus, è scontro tra i sindacati da una parte, e Governo e Confindustria dall’altra sul Decreto del presidente del Consiglio del 22 marzo che stabilisce le attività che restano aperte, in quanto ritenute essenziali e quindi in grado di proseguire nonostante l’emergenza sanitaria.

Al centro del mirino di tutto il fronte sindacale, dai confederali di Cgil, Cisl e Uil al sindacato di base Usb, c’è la lettera indirizzata da Confindustria a Palazzo Chigi con la quale si chiedeva un allargamento delle maglie nei criteri per definire le attività essenziali.

La missiva del Presidente della parte imprenditoriale, Vincenzo Boccia, avrebbe avuto infatti un immediato riscontro sul provvedimento governativo, determinando l’inserimento di molte altre attività nell’Allegato 1 del DPCM del 22 marzo 2020.

Coronavirus e attività aperte: scontro sindacati, Governo, Confindustria

Tra i rami produttivi contestati dai sindacati, relativi alle attività aperte nonostante la nuova stretta introdotta con il DPCM del 22 marzo 2020, ci sono ad esempio i call center, gli addetti alle consegne in bici, il fatto che settori come l’industria militare o spaziale possano proseguire l’attività attraverso la porta aperta rappresentata da alcuni codici Ateco generici al cui interno sarebbe necessario distinguere e alcuni settori del commercio all’ingrosso.

A fronte di quello che considerano un vero e proprio tradimento degli impegni presi dal Governo in materia di sicurezza dei lavoratori, a partire dal protocollo firmato il 14 marzo scorso, Cgil, Cisl e Uil invitano le proprie strutture:

“appartenenti ai settori aggiunti nello schema del decreto che non rispondono alle caratteristiche di attività essenziali e, in ogni caso, in tutti quei luoghi di lavoro ove non ricorrano le condizioni di sicurezza definite nel Protocollo condiviso del 14 marzo 2020, a mettere in campo tutte le iniziative di lotta e di mobilitazione fino alla proclamazione dello sciopero”.

Coronavirus e attività aperte: gli scioperi già in corso e quelli programmati

Bisogna fare attenzione al termine sciopero perché in questo contesto è la parola chiave attorno alla quale si snoda tutta la vicenda: il Presidente di Confindustria Boccia, dinanzi alle minacce sindacali di ricorrervi, ha dichiarato in una recente intervista di non comprenderne le ragioni e che con l’attuale decreto le imprese perderanno 100 miliardi al mese.

Tuttavia, scioperi locali sono già partiti secondo la Fiom Cgil nel settore metalmeccanico in aziende importanti come Leonardo, Ge Avio, Fata Logistic System, Lgs, Vitrociset, MBDA, DEMA, CAM e DAR. Nel frattempo per mercoledì 25 marzo è stato fissato uno sciopero regionale dei metalmeccanici della Lombardia delle organizzazioni di categoria di Cgil, Cisl e Uil che si sovrappone allo sciopero generale nazionale convocato da Usb per la stessa data.

“Abbiamo chiesto al Presidente del Consiglio- si legge in un duro comunicato proprio dell’Usb - di essere ricevuti per rappresentargli la drammatica situazione di tantissimi lavoratori, a cominciare da quelli della Sanità, costretti a operare spesso in condizioni insopportabili e affinché si definiscano con chiarezza le sanzioni per i datori di lavoro inadempienti. Non accetteremo che Confindustria detti le regole a tutto il paese e che stabilisca di fatto qual è la cifra accettabile di morti che dovremo sopportare”.

D’altra parte, è semplice per le organizzazioni dei lavoratori replicare alle dichiarazioni del presidente di Confindustria, sottolineando come in piena emergenza sanitaria mondiale, mentre il governo proclama in ogni modo che tutti debbono restare a casa e mentre si dibatte se le passeggiate intorno a casa siano lecite o meno, è piuttosto singolare che molti lavoratori debbano essere sacrificati in nome di ragioni di mercato e oltre tutto nella perdurante assenza dei dispositivi di protezioni individuali che mancano perfino ai professionisti della sanità.

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