Decreto Sostegni, contratti a termine: proroga senza causale fino al 31 dicembre 2021

Eleonora Capizzi - Leggi e prassi

Contratti a termine, proroga senza causale fino al 31 dicembre 2021: differito ancora una volta il ritorno delle regole del Decreto Dignità. Lo ha stabilito il Decreto Sostegni, approvato il 19 marzo 2021 e in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Decreto Sostegni, contratti a termine: proroga senza causale fino al 31 dicembre 2021

Contratti a termine, proroga senza causale fino al 31 dicembre 2021: il ritorno alla disciplina ordinaria del Decreto Dignità che limita fortemente i rinnovi dei rapporti a tempo determinato è stato ancora rinviato, questa volta al 2022.

Lo ha stabilito il nuovo Decreto Sostegni, approvato dal Consiglio dei Ministri il 19 marzo 2021 e in attesa di essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Ecco, quindi, che per tutto l’anno in corso si applicherà sui contratti a termine il regime speciale.

Se non fosse intervenuto questo provvedimento, infatti, dal 1° aprile - l’ultima scadenza era fissata al 31 marzo 2021 - sarebbe tornato in vigore il regime ordinario previsto dall’articolo 21, del T.U. sui contratti di lavoro. La norma, così come modificata dal Decreto Dignità, contempla l’obbligo per il datore di lavoro di indicare la causale che giustifichi la proroga o il rinnovo di un contratto di lavoro a tempo determinato.

L’efficacia della disposizione è stata sospesa inizialmente dal Decreto Rilancio (articolo 93 del DL n. 34/2020) che, alla luce dell’emergenza sanitaria, ha voluto attenuare la rigidità della disciplina per agevolare le aziende e i lavoratori.

A questo punto è evidente che la crisi economica, innescata dall’emergenza pandemica, non è ancora rientrata. Per tale ragione il Governo è corso ai ripari con ulteriori misure adottate per mezzo del recente provvedimento, una fra tutte, l’estensione del regime transitorio in materia di contratti a termine.

Contratti a termine, proroga senza causale fino al 31 dicembre 2021: novità Decreto Sostegni

Il Decreto Sostegni, all’articolo 17, si è occupato delle tanto discusse disposizioni in materia di proroga o rinnovo dei contratti a tempo determinato, le cui regole ordinarie sono state ritenute troppo poco flessibili e sfavorevoli per lavoratori ed aziende che si trovano a fronteggiare gli effetti della pandemia da Covid-19.

Il Decreto Rilancio (DL n. 34/2020) è stato il primo a sospendere le regole introdotte dal Decreto Dignità fino al 30 agosto 2020, termine prorogato al 31 dicembre 2020 dal Decreto Agosto e ancora al 31 marzo 2021 dalla Legge di Bilancio 2021.

L’ultima deadline, quella nuova individuata dal Decreto Sostegni, è prevista per 31 dicembre 2021.

Il timore che l’obbligo di causali per il rinnovo dei contratti tornasse in vigore dal 1° aprile 2021, infatti, aveva fatto insorgere le parti sociali in diverse occasioni e il Ministro del Lavoro Andrea Orlando si era visto costretto a sedare gli animi in occasione del Question Time tenutosi alla Camera lo scorso 17 marzo 2021.

Orlando già allora aveva annunciato un ulteriore slittamento del ritorno alla disciplina ordinaria che già “in tempo di pace” era stata oggetto di critiche per via, secondo alcuni, della sua eccessiva rigidità.

Proroga contratti a termine senza causale: qual è l’oggetto del rinvio

Il seme della discordia è l’attuale formulazione dell’articolo 21 del T.U. sui contatti di lavoro (D. lgs. del 15/06/2015 n. 81) che vincola l’azienda a indicare i motivi alla base di un contratto individuale di lavoro a termine.

In particolare, si riferisce alle seguenti tipologie di rapporti contrattuali:

  • Contratti a tempo determinato ab origine superiori a 12 mesi;
  • proroga di un contratto a termine che sommata all’iniziale durata supera i 12 mesi;
  • rinnovo del contratto a termine indipendentemente dalla sua durata.

Al fine di incentivare l’occupazione e ridurre il precariato in Italia, il Decreto Dignità ha stretto le maglie della disciplina del contratto a termine ed ha, nei fatti, vincolato i contratti che rispondono alle caratteristiche sopracitate a dei motivi specifici, le cosiddette “cause del termine del contratto”.

Le causali previste sono le seguenti:

  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;
  • esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
  • esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.

Per arginare gli effetti della pandemia sui rapporti flessibili, nel 2020 il Governo è intervenuto più volte sulla disciplina dei contratti a termine, con lo scopo di allentare le restrizioni del Decreto Dignità.

Ecco quindi che il citato articolo 93 del DL 34/2020 ha previsto, in risposta all’emergenza Covid, che i datori di lavoro potessero ancora rinnovare o prorogare i rapporti a termine in corso, fino a 12 mesi, senza indicare le causali (cioè le motivazioni) del termine di scadenza del contratto.

Una possibilità che, appunto, era stata concessa fino a pochi giorni fa al 31 marzo 2021 e che è stata, ad oggi, estesa a tutto il 2021.

Contratti a termine senza causale: cosa succederà nel 2022? Le criticità del Decreto Dignità

L’obiettivo dichiarato dai promotori del Decreto Dignità, e quindi della disciplina che dovrebbe tornare applicabile dal 1° gennaio 2022, è quello di contrastare la precarietà, scoraggiando il ricorso di contratti a termine e spingendo le aziende ad avviare più contratti a tempo indeterminato.

Una rigidità che, per alcuni, anche prima dell’avvento del Covid, aveva un effetto paradossalmente contrario: nuoceva all’occupazione bloccando, di fatto, le aziende e scoraggiando l’assunzione.

Se queste erano le premesse prima della pandemia, c’è chi si chiede in che misura questo contraccolpo possa acuirsi nell’attuale contesto di crisi economica ed occupazionale dovuta all’emergenza pandemica.

Sul punto si è espresso, fra gli altri, Maurizio De Carli, Responsabile Dipartimento Relazioni Sindacali CNA (Confederazione Nazionale dell’artigianato) in occasione dell’audizione informale presso la Commissione Lavoro della Camera lo scorso 3 marzo 2021.

De Carli, infatti, caldeggia un ritorno alla disciplina previgente il Decreto Dignità, la Legge 14 febbraio 2003 n. 30 (Legge “Biagi”) che non includendo il sistema della causali rendeva il contratto a termine uno strumento flessibile e per questa ragione utile per le aziende.

Secondo questa impostazione, nell’attuale contesto di crisi aggravato dalla pandemia, bisognerebbe tendere al lavoro flessibile, che non significa precario, in risposta alle esigenze delle imprese che, in situazioni di incertezza, scelgono di investire prudentemente.

Un’azienda già in perdita, per forza di cose, evita di sobbarcarsi gli oneri legati ad un contratto a tempo indeterminato.

La necessità di una disciplina più snella ed elastica che permetta di gestire facilmente il contratto a termine è stato pronosticato anche da Riccardo Giovani, direttore delle Politiche Sindacali e del Lavoro di Confartigianato, che in occasione della medesima audizione ha evidenziato un ulteriore irrigidimento del mercato del lavoro proprio a causa del Decreto Dignità.

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