Blocco licenziamenti, gli effetti nei dati INPS: ma per quanto ancora?

Eleonora Capizzi - Leggi e prassi

Blocco licenziamenti: dall'osservatorio INPS sul precariato del 21 gennaio 2021, riferito ai primi dieci mesi del 2020, emergono dati in forte contrazione sulle interruzioni dei rapporti di lavoro. Ma attenzione, le cifre vanno lette alla luce della misura prevista dai diversi provvedimenti emergenziali che, con la legge di Bilancio 2021, è stato ulteriormente prorogato fino al 31 marzo 2021.

Blocco licenziamenti, gli effetti nei dati INPS: ma per quanto ancora?

Blocco dei licenziamenti: l’INPS, con il comunicato del 21 gennaio 2021, fornisce i dati relativi alla situazione del precariato in Italia da gennaio ad ottobre 2020 e, con riguardo alle interruzioni dei rapporti di lavoro, registra una forte diminuzione rispetto all’anno passato.

Bisogna ricordare, però, che si tratta di una circostanza particolare: i dati riportati vanno necessariamente letti alla luce del blocco dei licenziamenti introdotto a marzo dal Decreto Cura Italia e successivamente riconfermato dal Decreto Rilancio e dal Decreto Agosto.

Divieto che, fra l’altro, si protrarrà ancora, come previsto dalla legge di Bilancio 2021, fino al 31 marzo 2021.

Blocco licenziamenti, gli effetti nei dati INPS: ma per quanto ancora?

L’INPS, con il comunicato del 21 gennaio 2021, annuncia la pubblicazione dei numeri, tra gli altri, riferiti alle interruzioni dei rapporti di lavoro intervenute tra gennaio e ottobre 2020 - 4.657.363 in totale - e rileva una contrazione del 20% rispetto al 2019 nel periodo corrispondente.

INPS - osservatorio precariato gennaio ottobre 2020 del 21 gennaio 2021 blocco licenziamenti
Osservatorio precariato blocco licenziamenti dell’INPS per il periodo ottobre gennaio 2020

Il calo riguarda soprattutto i contratti a tempo indeterminato e di apprendistato, nell’intervallo marzo-ottobre, i quali hanno raggiunto un picco di decrescita del 30%.

È lo stesso Istituto, tuttavia, che invita a lettore a guardare questi dati con una certa accortezza, soprattutto se si considera il divieto dei licenziamenti che ha visto il suo esordio proprio il 17 marzo e che risulta prorogato dall’ultima Manovra fino al 31 marzo 2021.

Blocco licenziamenti: quanto ha inciso il divieto sull’andamento delle interruzioni lavorative nel 2020? I dati dell’INPS

L’Osservatorio sul precariato dell’INPS offre, alla tabella 3, il resoconto delle cessazioni dei rapporti di lavoro per ciascun mese del 2020, ponendolo a confronto con quello riferito allo stesso mese del 2019.

Risulta evidente, ad una prima occhiata, che dal mese di marzo, il distacco tra 2019 e 2020 si è assestato, in media, sulle 150-200mila unità.

In particolare, nel bimestre marzo-aprile è entrato in vigore il Decreto Cura Italia (D.L. 17 marzo 2020 n. 18) che ha introdotto il divieto e si sono registrati i numeri che seguono.

20192020
marzo 534.739 532.472
aprile 499.646 257.483

Con riferimento al periodo maggio-agosto, con l’entrata in vigore del Decreto Rilancio (D.L. 19 maggio 2020 n.34) che ha riconfermato la misura, l’andamento è rimasto essenzialmente lo stesso.

20192020
maggio 519.765 281.726
giugno 647.282 438.273
luglio 563.066 414.526
agosto 587.923 495.512

Infine, i dati dell’intervallo settembre-ottobre, ossia l’ultimo periodo di riferimento che ha visto l’intervento del Decreto Agosto (D.L. 14 agosto 2020, n. 104) riportano quanto segue.

20192020
settembre 920.669 750.746
ottobre 660.587 535.929

Questi ultimi dati si inquadrano nel trend dei mesi precedenti, nonostante le eccezioni al blocco dei licenziamenti in vigore da agosto 2020, riprese poi dalla legge di Bilancio 2021, che permettono al datore di lavoro, in determinati casi, di interrompere il rapporto di lavoro.

In estrema sintesi, si tratta delle ipotesi di messa in liquidazione dell’impresa, di dichiarazione di fallimento o di accordo collettivo nazionale.

Dati alla mano, rispetto all’anno scorso e alla luce anche dei divieti previsti per l’emergenza Covid, si registra una contrazione evidente delle interruzioni.

Si tratta di un andamento che si presume continuerà in questo senso fino alla fino al 31 marzo, data in cui, secondo quanto previsto dall’ultima Manovra, il divieto sarà rimosso.

Da quel momento in poi, c’è il rischio che i dati raccolti dall’INPS abbiano tutt’altro tenore.

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