Articolo 18, licenziamento economico: sì al dovere di reintegra del lavoratore

Eleonora Capizzi - Leggi e prassi

Articolo 18: anche per il licenziamento economico illegittimo il giudice ha il dovere di reintegrare il lavoratore. Lo ha stabilito la Consulta accogliendo la questione di incostituzionalità della norma nella parte in cui prevede la sola facoltà. Lo ha annunciato la stessa Corte con il comunicato del 24 febbraio 2021, in attesa della sentenza.

Articolo 18, licenziamento economico: sì al dovere di reintegra del lavoratore

Articolo 18: la norma dello Statuto del Lavoratori è incostituzionale nella parte in cui prevede la facoltà, e non il dovere del giudice, di reintegrare un lavoratore illegittimamente licenziato in assenza di giustificato motivo oggettivo.

Lo ha deciso la Consulta con una pronuncia storica, che dovrebbe essere depositata nei prossimi giorni e che, proprio per la sua estrema rilevanza, è stata preceduta da un comunicato stampa della stessa Corte Costituzionale del 24 febbraio 2021.

È fondata la questione sollevata da un giudice del Tribunale di Ravenna sul citato articolo 18 così come modificato dalla legge Fornero che, di fatto, viola il principio di uguaglianza sancito dalla stessa Costituzione all’articolo 3.

Il giudice, infatti, attualmente ha l’obbligo di reintegrare il lavoratore dopo aver accertato la nullità del licenziamento per assenza della giusta causa, ma ha una mera facoltà in caso di licenziamento in ipotesi di mancato motivo oggettivo, una previsione che evidentemente crea un’irragionevole disparità di trattamento.

Articolo 18, licenziamento economico: sì al dovere di reintegra del lavoratore

L’articolo 18 ancora una volta dentro il mirino della Corte Costituzionale.

La sua formulazione attuale, risultato della riforma Fornero (legge 92/2012), si è incrinata a seguito della pronuncia che, a quanto riferito dalla stessa Corte, verrà pubblicata nelle prossime settimane.

La Corte, infatti, ha ritenuto irragionevole, in caso di insussistenza del fatto motivo del recesso, la disparità di trattamento tra il licenziamento economico e quello per giusta causa: in quest’ultima ipotesi è previsto l’obbligo della reintegra mentre nell’altra la scelta è lasciata alla discrezionalità del giudice.

Per ora la Consulta si espone con un comunicato stampa, diffuso lo scorso 24 febbraio 2021, in cui annuncia l’accoglimento della questione di illegittimità relativa al comma 7 dell’articolo incriminato, perché contrario al principio fondamentale di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione.

Ma facciamo un passo indietro.

Articolo 18, cosa prevedeva e com’è ora

Il precedente sistema di tutele, quello modificato dalla legge Fornero, era abbastanza lineare: prevedeva un unico regime sanzionatorio a tutela del lavoratore illegittimamente licenziato da un’azienda che occupasse più di 15 dipendenti, sia che fosse per ingiusta causa che per ingiustificato motivo.

Da una parte c’era l’obbligo di reintegrazione nel posto di lavoro e dall’altra, in concomitanza e non in alternativa, il risarcimento del danno, commisurato ai mesi intercorsi dal licenziamento alla reintegra, con un importo minimo comunque dovuto di 5 mensilità.

Oggi, dopo il 2012, esiste una disciplina molto più variegata e flessibile che, in estrema sintesi, si può suddividere in quattro tipologie di tutele che si differenziano per intensità a seconda della gravità del licenziamento illegittimo:

  • la tutela reale “forte” in caso di nullità del licenziamento, nei casi più gravi per intenderci, da cui discende l’obbligo di reintegra e il risarcimento del danno che, di fatto, è identica alla tutela previgente (articolo 18, comma 1);
  • la tutela reale cosiddetta “attenuata” in ipotesi di insussistenza del fatto nei licenziamenti disciplinari, che obbliga la reintegra del dipendente nel posto di lavoro e un risarcimento calcolato sulle mensilità tra il licenziamento e reintegra, con un massimo di 12 mensilità (articolo 18, comma 4);
  • una tutela cosiddetta “obbligatoria piena”, che corrisponde ad una tutela indennitaria per le altre ipotesi in cui non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa, che prevede il solo risarcimento del danno, commisurata tra le 12 e 24 mensilità (articolo 18, comma 4);
  • una tutela “obbligatoria attenuata” decisa a discrezione del giudice, il quale può pronunciarsi alternativamente per la reintegrazione o risarcimento indennitario in ipotesi di per ingiustificato motivo oggettivo (articolo 18, comma 7).

È quest’ultimo comma quello che sta per essere depennato, proprio perché prevede un ingiustificato squilibrio tra tutela a fronte di un recesso per ingiusta causa e un recesso per ingiustificato motivo.

L’articolo 18, comma 7: incostituzionale perché viola principio di uguaglianza

Come sempre, la pronuncia della Corte Costituzionale prende le mosse da un caso concreto che, in questa circostanza, ha visto il Tribunale di Ravenna chiamato a pronunciarsi proprio sulla legittimità di un licenziamento economico.

Il giudice di merito ha infatti sottoposto al vaglio della Corte costituzionale l’ipotesi sanzionatoria riferita al settimo comma, in quanto ritenuta in contrasto con gli articoli 3, 24, 41 e 111 della Costituzione.

Si tratta dei principi fondamentali di uguaglianza, di libertà di iniziativa economica, nonché di diritto alla difesa ed avere un giusto processo che, secondo il Tribunale vengono irrimediabilmente compromessi dalla norma nella parte in cui prevede la discrezionalità del giudice nella scelta tra reintegra e risarcimento.

Di fatti - questa è la motivazione addotta dal giudice - il licenziamento illegittimo per insussistenza della giusta causa e quello per assenza del giustificato motivo sono, essenzialmente, di pari gravità e per tale ragione devono essere tutelati allo stesso modo.

Sebbene, come abbiamo detto, la sentenza vera propria non sia stata ancora depositata, sappiamo grazie a quanto riportato nel comunicato in commento che la Corte di Cassazione ha ritenuto fondate le argomentazioni del giudice di Ravenna, almeno per quanto riguarda la violazione dell’articolo 3, ed ha accolto la questione.

Ecco, quindi, che la Consulta,, sancisce l’obbligatorietà della reintegra a in tutti i casi in cui venga accertata la manifesta insussistenza del fatto oggettivo, escludendo qualsiasi discrezionalità del giudice nel licenziamento economico.

Corte di Cassazione - comunicato stampa del 24 febbraio 2021
Scarica il comunicato stampa della Corte Costituzionale sulla obbligo di reintegra a seguito di licenziamento illegittimo per ingiustificato motivo oggettivo. Incostituzionalità articolo 18 comma 7.

Questo sito contribuisce all'audience di Logo Evolution adv Network